Paola Rondano era un’amica. Una che sapeva il fatto suo. Dirigeva il negozio di commestibili che dà su via XX settembre alla Fracia di Moncalvo. Agnolotti e verdure lesse e prelibatezze monferrine dal 1889. Prima di entrare mi fermavo davanti alla sua vetrina a contemplare quel bendidio come se i piatti fossero opere d’arte. E c’era dell’artista in Paola. Mi veniva anche a trovare al Romito, discutevamo, e che discussioni, non era una che si poteva condire via facilmente. Aveva le sue idee. Stavamo delle sere intere a parlare di arte e letteratura. Scriveva poesie anche e me le portava da leggere. Qualcuna mica male. Te hai sbagliato mestiere, dovevi scrivere. Le dicevo. Aveva l’animo sensibile, ma il negozio guai a toccarglielo. Non mi lasciava mai andare via a mani vuote. Ogni tanto mi rifilava un regalino, cose sfiziose, sapeva che ero golosa dei suoi piatti. Così per simpatia, per amicizia. Non hai mica un negozio di alimentari te, ma una boutique, le dicevo. E lei rideva.
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Indugiava sulla porta poi camminava come sulle uova
-Ma entra,- gli impongo, -se no Gin Gin mi schizza via a palla.- Facevo finta di niente, lo osservavo mentre lui scrutava il nostro grande alloggio che dà sul Po. Fra un po’ dovremo lasciarlo, è troppo costoso. Vieni, gli dico. -Cosa sta facendo?- Chiede lui. -Oh, insomma ti ho detto di darmi del tu…Preparo la colla per i quadri.-
-….Nella vasca?..- dice il ragazzo, dubbioso, -Eh, sì, poi pulisco tutto,- gli dico. -Non fa neanche puzza.- Mario è un mio ex allievo, è montato sulle biglie quadre, ha una sensibilità tutta sua, vorrebbe scrivere libri, ma non sa cosa scrivere. Ma prima leggine di libri, gli dico, ne hai di tempo! Vedevo che si soffermava ad osservare certe tele. -Più avanti te ne regalerò una, gli dico.- Ha fatto un’espressione che sembrava esplodere di meraviglia e gioia. Non stava più nella pelle. -Anche quella lì? E poi dove la appendi a casa tua? Tua madre non brontola perché la modella è nuda?-
Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016
DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE
Una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo www.aleramonlus.it www.facebook.com/museocivicomoncalvo www.facebook.com/aleramonlus
Santa Croce di Bosco Marengo. Ho esposto proprio lì. Accanto al Vasari
Santa Croce di Bosco Marengo. Devo ricordarmelo, non farò alcuna fatica. Sono trascorsi due anni e dieci giorni da quel pomeriggio. Era il 13 aprile 2014. Nel complesso monumentale di Santa Croce di Bosco Marengo hanno esposto un bel po’ di miei lavori. Come avrei dovuto sentirmi se fossi stata presente? Felice, indubbiamente. Il Monferrato è casa mia. Ogni filo d’erba, ogni zolla, ogni tetto e chiesa mi appartengono. E se essi mi riconoscono vorrà dire qualcosa, no? Sono una pittrice che fa tesoro di ogni particolare e Santa Croce non è un particolare, è un mito. Doveva essere una mostra
permanente, invece è durata un anno. Le solite cose all’italiana, il nuovo sindaco ha dato il benservito alle mie opere. Poco cambia. Mi spiace solo per Gianfranco Cuttica di Revigliasco, per suo figlio Cesare, la sua equipe di lavoro e per tutta l’attività che sta dietro a una mostra di queste dimensioni! Tutto sprecato? Non direi, come vedremo poi. Come ospiti regolari al Romito c’erano i genitori di Gianfranco, che già da giovanissimo si appassionava alle vicende della storia.
Ricordo anche che Aldo si accalorava col papà di Gianfranco perché voleva che approfondisse gli studi di araldica sull’origine della sua famiglia, che è nobile. In ogni caso l’onore di esporre le mie tele e la Venere del Monferrato, come la chiamava Guido Capra, il mio maestro, allievo prediletto di Leonardo Bistolfi, vicino a opere del Vasari e della sua scuola non è da dimenticare. Ho esposto a Santa Croce. Bon. Basta! Va bene così. Devo
ritenermi più che soddisfatta. E alla presentazione la gente stava in piedi da tanta che ce n’era! Vedremo cosa riusciranno a fare i miei amici Lorenzo e Gianfranco in seguito. Grandi cose immagino. Ma non precorriamo i tempi!
Al complesso monumentale di Santa Croce quel giorno di due anni fa.
Il lavandino che parla
Non è che lo uso spesso, ma mi piace vederlo lì, e saperlo funzionante, il lavandino. L’acqua arriva nel mio studio dabbasso, siamo sempre al Romito di Ottiglio, s’intende, col suo lavandino ovale, tanto per cambiare, e il rubinetto. Mi piace questa tela, la regalerò a Mario, so che gli piace, ah, son così strani questi ragazzi. Lui, poi, c’ha tutto un suo modo di ragionare. E soffre anche. Ma cos’hai? Eh? Si può sapere? Fino alle lacrime si riduce a volte, e non sa nemmeno lui perché. Dice che gli prende un gran magone e si commuove. Ormai siamo amici, anche ad Aldo piace, meno male. Siamo anche andati a mangiare al ristorante La forchetta d’oro a Torino! Robe da non credere, conoscendo il carattere di Aldo. Così non gli dà fastidio se il ragazzo viene al Romito. Torniamo al dipinto, con: rubinetto, contro rubinetto e gomma arrotolata appesa al gancio; mi piace questo motivo nel dipinto, ha un suo ritmo, un movimento continuo, sinuoso con le ombre, che sembrano disegnare un altro oggetto, a seguire fedelmente tubo e gomma. Anche gli oggetti hanno la loro poesia. Mario dice che addirittura parlano, hanno un’anima, e a volte ti osservano. Mi sembra che esageri. E poi c’è la piantina, coi rami che penzolano, non so neanche come si chiama. Sembra che galleggi per aria. Senza pretese, me l’ha regalata Giovanna, la donna che viene a stirare. Penso che uno si riposi guardando la tela. Non mi piace nemmeno quando sento: Nature morte. Macché morte, a volte parlano di più di uno sguardo, fermano il tempo, fanno parte del tutto. Oggetti modesti, degni di ogni attenzione, anche loro. Mica come certe bestie di uomini. Come quelli che ce l’hanno con Aldo, invidiosi e per quello che sa fare negli studi storici, ma lasciamo perdere, se no mi viene il mal di fegato dal nervoso se ci penso.
Tra una foto e l’altra passano mille anni
Disillusioni, sconfitte, amarezze, l’amore con Aldo e la quiete del Romito sempre uguale a sé stessa; una casa che era un rifugio, un’accogliente méta per amici e per tanta gente e che poco per volta si è trasformata, ma non è la casa ad essere mutata, siamo noi. Io e Aldo a mille anni di distanza, con i sogni irrealizzati, con la mancanza di figli, con gli slanci della giovinezza alle spalle e le delusioni correnti, puntuali, insopportabili, perché nutrono oscuri pensieri e progetti irrealizzabili. Perché sono il preludio alla sconfitta, al niente. Con tanti sogni ancora nel cassetto che sono andati in fumo. Eppure io provo a sorridere ancora, mi chiedo quando potrò bissare il successo della mostra di Ginevra. Ma
occorre allestire una mostra. E dove? E quando? E chi paga? Spero che l’amarezza e il disinganno non mi costringano a non dipingere più, temo questo momento più di ogni altro. Aldo ha trovato un editore di Asti, una brava persona, onesta e disponibile. La prima persona che può aiutarlo a pubblicare molti suoi scritti. Per lui è un traguardo. E per me? Quando ci sarà il traguardo per me e per la mia pittura? O è stato tutto inutile e abbiamo dato troppo credito ai sogni? Forse.
L’avevo imbottita di giornali. Con quel vento!
Coi ragazzi delle mie classi ho un rapporto particolare, fatto di fiducia e di attenzione. Me lo dicono loro stessi: Sono la loro signora professoressa, a volte mi viene da ridere quando mi sento chiamare così. Insegnare non mi stanca, l’ho fatto a Torino, a Casale, a volte li scopro incantarsi per le storie che racconto loro. Non gli insegno soltanto educazione artistica, cerco di interessarmi ai loro problemi, di farmi dire cosa più gli piace, certo che ci sono anche delle teste quadre, le ragazzine già sviluppate e i maschi ancora nel mondo dei sogni. Alcuni di loro si sono affezionati a me e al mio mondo. Sono ghiotti di notizie, mi chiedono come facciamo a vivere Aldo ed io su un bricco, senza televisione e senza telefono. Mi guardano sorpresi e non osano dire quello che pensano. Ma sono curiosi. Ce n’è una che mi viene a trovare anche al Romito in bicicletta. E si deve fare un sacco di chilometri, per il gusto di stare con me, a chiacchierare. Un giorno è venuta che tirava un vento forte. Masna! Le ho dato un tè e dei biscotti. So che ha timore di Aldo. Quando è arrivato il momento del congedo l’ho imbottita di giornali e lo ho fatto mille raccomandazioni. Che andasse piano! con tutto quel vento! Poteva andare fuori strada. Alcuni mi vogliono bene, come lei! Mi viene il magone se ci penso. Io non ho ancora figli.
Brano tratto da I TESORI DELLA VALLE DI TUFO
Giuro che l’ho sognato. Era vivo!
Non mi son tolta nemmeno il cappotto, sono arrivata in classe anche in ritardo..
I ragazzi mi stavano aspettando. -Che cos’ha signora professoressa?-
-…Ah!…terribile, ragazzi, terribile.- Ho dovuto raccontare loro cosa mi è successo. Un sogno, un incubo, una cosa che non so nemmeno io…mah! Spero di ritrovarlo!- -Ma chi?- -Il cane! Lo abbiamo perso. Sparito!! Gin Gin: sparito!- Eravamo andati nella valle. La nostra solita passeggiata con Aldo e Gin Gin. Non fa in tempo a toglierli il guinzaglio e lui: Vam! Schizza via a palla. -Terrier!- Grida Aldo. -Terrier!- Macché. Tutta la zona è una groviera. Nel terreno si aprono cunicoli e buchi, che non si contano. Ci entrano tassi, volpi, e… cani. Anche lui c’è entrato, ne sono sicura. Non l’abbiamo più visto, lo sentivamo abbaiare, come faceva il cane del Giovanni, povero Gin Gin! Deve essersi infilato in una tana, e poi si è perso.-
-Non si preoccupi signora professoressa! Vedrà che lo trova il suo Gin Gin!- Mi dicono in coro i ragazzi. -Sì, lo so che lo trovo, ….l’ho sognato.-
Passa un giorno e una notte e sento raspare alla porta del garage del Romito. Era Gin Gin, che mi guardava con un’espressione come per dire: beh!? Ma dove siete stati tutto questo tempo? Si era infilato in una galleria della valle del Guaraldi ed era stato capace di uscirne.….Non come altri cani. Tratto da EXTRA LIMEN, di prossima pubblicazione.
Il mio maestro è venuto salutarmi
Mi sveglio di soprassalto, ci metto un po’ a capire dove sono.
In quale porzione di spazio e di tempo mi trovi. Son seduta a letto, a Casale, nella casa dei miei genitori. Non sono rari questi incubi. Ne ho fatti altri, mi lasciano un senso di angoscia incredibile, non tutti, ma questo sì. Che poi non sono incubi ma premonizioni! Son tutta sudata. Ho il cuore che mi batte nelle tempie e nello stomaco. Atroce! Sono ancora sconvolta! Questo è successo nell’incubo: Sono in una piazza di Casale Monferrato, in centro, vedo una sagoma, scompare, mi pare di averla riconosciuta, ma non sono sicura. Vedo che la gente mi guarda, ma che vuole? Si voltano mentre cammino! Strano! Cos’ho addosso? La peste?! Sono a disagio, mi metto a camminare veloce, poi corro, mi sento inseguita! ho idea che quella sagoma stia cercando me, è un uomo, il mio maestro di scultura a cui ho voluto bene e con cui discorrevamo come matti, ma da tempo che non vedo. Non c’è nessuno dietro di me. Poi me lo trovo davanti ad un crocicchio.
All’improvviso. -Mi hai quasi spaventato.- Dico.
-Son venuto a salutarti.- Dice.
-Perché, dove vai? Parti?-
-Non ho più niente da fare qui. Ho finito, non c’è più niente che mi trattiene. Volevo solo salutarti!- E dicendo così alza un braccio come a proteggersi dalla luce; in quell’istante lo vedo, e mi sento mancare, la faccia scarna, pallida, sofferente. Ma la cosa che più mi colpisce è che sollevando il soprabito scostato io vedo attraverso il suo corpo! Non c’è nulla! Nulla! Il mio maestro di scultura, Guido Capra, allievo prediletto del maestro Leonardo Bistolfi non ha più un corpo, ha cominciato a dissolversi!
Dopo una settimana apprendo della sua scomparsa. Era venuto a salutarmi, così aveva detto. Nel suo studio, sotto il suo insegnamento, ho realizzato una scultura, un busto di donna, La Venere del Monferrato, come l’aveva definita lui.
Il nudo di Parigi
-Come stai? E il papà? Le cure gli fan qualcosa? Vuoi qualcosa da mangiare? Da bere? Vuoi il tè? Anche stavolta Aldo ha guidato forte? E la nonna come sta?…-
-Sì zia, no zia, dopo mangiato zia, magari, un tè,… lo prendo zia.- Mia nipote Marinella sa già cosa voglio da lei. Ma tentenna sempre prima di spogliarsi.- Anche la maglietta devo togliermi?- Chiede.
-Eh, sì, non aver paura, Aldo non viene, sta su. -Vero che Aldo stai su? Non vieni quaggiù?! Eh?!…Sentito? Non viene lo zio, non preoccuparti. Così non ti vede nuda.-
-Non si dice nuda, zia.- -E come si dice, allora?- -Si dice: senza vestiti.- -Se hai freddo metti sulle spalle lo scialle, ma non hai freddo! No?! Ecco così, così va proprio bene. Marinella ha fatto un fagottino dei suoi abiti e adesso sta ritta, in posa, col suo panno verde, è una grande tela, volevo ritrarre la femminilità in boccio, prima della sua rivelazione, quell’età incerta densa di mutamenti per ogni creatura, che anticipa la pubertà. Mia nipote si prestava a
meraviglia. La sproporzione fra membra e tronco è evidente. Quasi che la natura privilegi certe parti del corpo nelle fasi dello sviluppo. Ho sempre amato questo dipinto per la forza che sprigiona che oggi è a Parigi, nella casa di Bengt e Agneta Karlsson, due svedesi amanti della mia pittura. Ne hanno anche un altro. Han detto che la donna con gli occhiali in mano tiene compagnia a Marinella. E non potrebbe essere più vero. Sembra la sua istitutrice.
Brano tratto dal romanzo EXTRA LIMEN, di imminente pubblicazione.
Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016
DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE
https://www.youtube.com/watch?v=hyvztbR03M8
una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo www.aleramonlus.it www.facebook.com/museocivicomoncalvo
www.facebook.com/aleramonlus
Ma quanto pesa ‘sta gatta!
-Oh! Sì! Proprio! Ce la fai? Non è che ti stanca?! Così sei perfetta!! Va bene.-
-Così?-
-Sì, così, alza solo un po’ più il braccio. Come se ti abbracciassi. Ecco, perfetto…come se ti tenessi l’altro braccio. Non preoccuparti per il gatto. Lo mettiamo dopo, basta un attimo, faccio solo lo schizzo adesso del gatto, la sagoma, poi te lo metto sulle gambe… E a casa come va?-
-Non ha voglia di studiare Luigi. Va in giro, le busca anche da suo padre, io non so cosa fare. E la maestra ha detto …-
-Ecco, tienilo così il braccio, scusa, cosa ha detto la maestra? Scusa, eh. Dimmi bene…-
-Che è distratto, tira giù dal banco i compagni, fa i dispetti. E se lo interroga guarda il soffitto.-
-Il Luigino?! Tuo figlio guarda il soffitto? E perché? –
-Lo sai te!, e si mette a fischiare, anche, mi fa disperare.-
-A fischiare? Adesso poi gli parlo io al Luigino, ma guarda che sagoma, …ecco, ancora un po’ di pazienza. Mica ti pesa stare in posa con le braccia, no? …Così perfetto. Come se avessi male alla spalla. Brava, facciamo un bello schizzo. Poi vado a prendere la gatta. Ho chiuso Gin Gin nello studio di Aldo se no, sai che baruffa con la gatta che fanno. Ma lei è brava, vero che sei brava, micia? Ma si vede che sente l’odore del Gin Gin. Mamma mia come pesa. –
-Avrà mangiato sassi. Ma di chi è?-
-La gatta? è del Gino, gli ho detto che le volevo fare il ritratto.-
-Non l’ho mai vista in giro. Il ritratto alla gatta?-
-Sì. Eh! Sta sempre in casa, non esce mai la pigrona. Ehhh! adesso cosa miagoli?-
-Mamma mia se pesa!-
-Tienile un po’ più vicine le ginocchia, ecco, così, non tanto, però. Va bene. Ferma micia che se no mi caschi per terra!-
-Ohi ohi, che tira fuori le unghie, mica graffia eh?-
-Ma no, è contenta, adesso senti che fa le fusa. Eh micia! Manco so come si chiama…Glielo dico io al Luigi, provo a parlargli a sentire perché fa così, e sì che gli piaceva andare a scuola.-
