MACHIAVELLI IL PRINCIPE . Entra questi pidocchi traggo il cervello di muffa, scrive il nostro uomo. Te lo ricordi quanto volte ci dicevano: studiatelo ragazzi, è uno degli autori italiani ed europei più importanti. E io e immagino anche te, non capivamo come Niccolò Machiavelli potesse essere così importante. A cosa si dovesse la sua grandezza non ci era per niente chiaro. Eppure è conosciuto più all’estero che in Italia. Si vede che fuori dal nostro Paese ne sanno fare buon uso. Gioca in taverna partite a cricca, a trichetrac, in compagnia di un oste e un beccaio, tra contese e bestemmie per la posta di un quattrino. Aiuta litigiosi boscaioli a tagliare alberi per arrotondare il gruzzolo e chiacchiera per strada con alcuni passanti. Qualche ora di lettura e il ricordo di passati amori e poi subito a nanna presto.
E intanto l’Italia se ne va in malora, cadendo letteralmente a pezzi, contesa tra Francia e Spagna, mentre la Chiesa temporale ne approfitta, appoggiandosi ora qua, ora là, dimenticando i suoi impegni evangelici. Un disastro insomma i cui effetti devastanti e la sua cattiva e nefasta eredità si possono riscontrare ancora oggi. Lo avevano cacciato via con ignominia il gran Niccolò, e destituito da ogni carica politica, sospettandolo di congiura, poi incarcerato e quindi persino torturato. Era il 1532, una manciata di secoli fa. Cioè ieri. Ma chi era che litigava all’osteria, covando acredine e vendetta? Chi era che, costretto a un forzato esilio nel suo podere di Sant’Andrea in Percussina, dopo la restaurazione del regime dei Medici, conduceva quell’esistenza umile, degradata e tuttavia partecipe, coltivando un fervore culturale e umanistico davvero inestinguibile? Era il grande, intrepido, intramontabile Niccolò Machiavelli, alle prese con la nuova scienza della politica, fondata sulla scoperta delle leggi e delle dinamiche che la regolano da tempo immemore ma che sono da sempre mascherate o confuse per i più. Una scienza vera e propria che continua a far scalpore ancora oggi. Nella stesura di quel capolavoro che è IL PRINCIPE, da lui stesso definito: opuscolo, c’entrano papi, principi, eserciti invasori e truppe mercenarie e potenze straniere e logiche di potere tutte perfettamente riscontrabili. In quell’Italia più schiava degli Ebrei di allora, senza capo, senza ordine, battuta, spogliata, lacera, oltraggiata e vilipesa, egli delinea le sue spericolate teorie. In quelle vicende, riferendosi a fatti precisi e noti del passato remoto e recente della storia, attraverso analisi puntuali e oggettive si esalta e si delinea il vero soggetto dei suoi studi, il naturale protagonista di tutte le sue analisi e confronti, ovvero: LA POLITICA. Lo Stato che propone è disegnato per l’emergenza politica del suo tempo e fa riferimento a Borgia che nutriva un disegno complesso e ardito riguardante la riunificazione degli stati italiani. Di Borgia, si sa che è stato scritto di tutto e il suo contrario fino a farne un film con Orson Welles (Borgia) e Tyrone Power dove si capisce che il regista della pellicola, spettacolarizzando il film, aveva capito sì e no delle intenzioni del Borgia. Ma non divaghiamo! Nell’accurata introduzione di Nino Borsellino, l’edizione integrale de IL PRINCIPE nell’edizione della newtoncompton si legge inoltre: Si è detto che Machiavelli mette allo scoperto le leggi della politica, ma l’arte del politico va appresa valutando le circostanze, misurandosi con le difficoltà della conquista, del dominio e del governo. E ancora: IL PRINCIPE non è un opuscolo per politici di parte. È un libro per lettori liberi, disposti a confrontarsi da soli con le sue verità talvolta assai scomode, aggiungiamo noi. E il grande Niccolò che cos’ha da dire? A pagina 26 leggiamo: Gli uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere: perché si vendicano delle leggiere offese, delle gravi non possono; sì che l’offesa che si fa l’uomo debba essere in modo che non tema la vendetta. Parole valide ancora oggi, che fan riflettere tanto son crude e, probabilmente, valide ancora per molto tempo a venire. Machiavelli muore nel 1527 in povertà, ancora in tempo, ahimé, per constatare le condanne che si stavano addensando come nubi minacciose su di lui.
Mezzo euro per cento pagine! in quella straordinaria collana del 1995 della NEWTON COMPTON quando di editori veri e che si occupavano di diffondere cultura in Italia ce n’erano ancora.