Quando tiravamo la corda dovevamo immobilizzarci. Noi bambini. Io, mio fratello e i cugini. Mamma Rina e zia Angiolina facevano dei nodi stretti alla corda che teneva insieme un branco vociante di mocciosi. Lo facevano per paura che qualcuno di noi annegasse. Sulle rive del Po, d’estate. Quante volte! Non faccio fatica a ricordare. Quei quadretti di vita balzano alla memoria, con una nitidezza tutta particolare. Schiamazzi, corse, e poi i panini divorati da me e mio fratello per la gran fame. Una baraonda di spruzzi, grida, richiami. Tilde! Peppino! Attenti che l’acqua vi porta via! E poi Tildin diventa ragazza mentre già l’arte bussava alla mia porta. Ma non solo quella.