Alla voce Pathos, il Nuovo Zingarelli riporta: particolare intensità del sentimento, alta liricità di un’opera d’arte, per mezzo della quale si realizza una forte potenza drammatica. Mi parte che Tolkien nulla abbia da spartire con queste cose. E gli amanti di Tolkien non si offendano subito.
Alzi la mano chi ama le sue opere. Ah! vedo che siete in molti e fra questi c’è anche mio figlio che stravede per IL SIGNORE DEGLI ANELLI e che mi ha appena regalato una superba edizione edita da Bompiani Giunti, de IL SILMARILLION, volume super cartonato e con una carta più vellutata della seta. Degli scritti e degli autori che non mi catturano di solito non scrivo, tuttavia per non deludere il figlio eccoti un post su IL SILMARILLION, padre degli scritti successivi di Tolkien, il quale, come sai già, deve la sua fama cinematografica planetaria al SIGNORE DEGLI ANELLI.
Dopo averlo letto questa opera la mia impressione è: Tolkien dice eludendo la narrazione ed “evitando” di caratterizzare il suo stile (qualsiasi stile, non so se lo fa di proposito) e, per narrazione intendo: costruzione di una trama organica e non di accumulo, affastellando nomi inventati, stordendo il lettore facile a confondersi come me. Indurre emozione o anche repulsione, un qualsiasi sentimento insomma, niente di tutto questo.
Se c’è qualcuno che si è commosso, o spaventato, leggendo le sue pagine si faccia avanti. Accoglierei volentieri le sue impressioni. Il “dire” di Tolkien sta alla narrazione come i mattoni stanno all’edificio letterario.
Ci si aspetta che tutti quei nomi si caratterizzino, che rivelino il loro intimo, la loro essenza, ma ciò non accade. Lo scavo psicologico è appena percepibile, spesso assente, e i caratteri sono appena abbozzati. Come se Tolkien avesse fretta di dire. Ci si attende che l’opera diventi costruzione letteraria ma questo non accade. Perchè? La pila di mattoni, ovvero di nomi e luoghi, suggerisce storie in potenza da attuarsi, al loro posto invece ci trovi brani spezzettati di storie, e tu ti chiedi: ma quand’è che comincia a raccontare? Il materiale accumulato è una massa intricata, invidiabile e impressionante.
Tolkien informa, ma non narra, dice ma non racconta, le sue “compilazioni” di nomi evocano mondi fantastici ma non commuovono, e tutto questo non si costituisce in narrazione. Così IL SILMARILLION rimane in sospeso, in attesa di farsi trama e vera narrazione. Davanti a quella impressionante massa di nomi di persone e di luoghi un lettore normale come me perde il filo alla terza pagina. Il “taccuino” di Tolkien trabocca di accattivanti narrazioni che rimangono tuttavia potenziali. Ma quello che ho appena scritto non è poi così vero, a ben guardare le storie nella Storia ci sono, e molte sono degne di rilievo, come questa: del capitolo XVI detto di Maeglin. La bella Aredhel Ar Feiniel ovvero la Bianca Signora dei Noldor si annoia della vita che conduce nella città di Gondolin, ospite del fratello Turgon, Così si accomiata dal fratello che a malincuore la lascia andare. In una foresta incntata verrà concupita da un tizio, che poi sposerà, un certo Eol dal quale avrà un figlio. Anni dopo madre e figlio, obbedendo al richiamo della loro stirpe fuggono, oppressi come sono da Eol tornando dal fratello che lei aveva abbandonato. Inseguiti dal marito alquanto inviperito, la bella moglie verrà trafitta dal giavellotto avvelenato scagliato da Eol per vendetta e morità, e così il marito Eol seduta stante, verrà giustiziato dal fratello di lei, scagliato giù da una rupe, eccetera. La trama potrebbe essere quella di un racconto neogotico, un plot da cui ricavare un film di successo. Ma perché Tolkien non ce l’ha narrata sul serio? Perché non si è soffermato sui personaggi e sulle situazioni? L’invenzione di una saga nordica tutta apocrifa poteva essere una meravigliosa occasione per suggestionare il lettore, anzi, meglio, lo spettatore, ma a mio veramente modesto avviso il pathos di cui si è detto prima non alberga nello scritto di Tolkien, e alla grande saga che mette insieme razze umane, orchi, stregoni, belle dame, elfi e orride creature manca qualcosa. Se tu sai cosa mandami un commento.
Nostra sorella Wikipedia scrive di lui:
Le opere di Tolkien hanno prodotto la nascita di un corpo di ricerca accademica che studia aspetti come:Tolkien come scrittore di letteratura high fantasy
I linguaggi inventati di Tolkien
I primi percorsi verso la rispettabilità letteraria delle opere di Tolkien furono battuti da Master of Middle-Earth (1972) di Paul Harold Kocher e The Road to Middle-earth (1982) di Tom Shippey. Il ritmo delle pubblicazioni accademiche su Tolkien è comunque aumentato drasticamente nei primi anni 2000; la rivista accademica Tolkien Studies viene pubblicata dal 2004.
Il critico Edmund Wilson divenne noto per le sue dure critiche all’opera di Tolkien, alla quale si è riferito parlando di «juvenile trash» e affermando che «il dottor Tolkien ha poca abilità narrativa e non ha l’istinto per la forma letteraria»[17][18].
I critici marxisti hanno denigrato Tolkien a causa del suo conservatorismo sociale e della cosiddetta “geopolitica velata” implicita nelle letture che interpretano la terra di Mordor di Sauron e la dittatura di Saruman sulla Contea come parodie del comunismo sovietico[19]. Edward Palmer Thompson, nel 1981[20], incolpa la mentalità del freddo guerriero per la «troppo rapida lettura del Signore degli Anelli». Inglis (1983) modifica le precedenti accuse di fascismo contro Tolkien, ma continua a sostenere che il romanzo è una «fantasia politica» per i lettori della classe media nella moderna società capitalista che cercano di evadere dalla realtà.
Griffin (1985) esamina Tolkien in relazione al neofascismo italiano, suggerendo ancora una volta una vicinanza degli ideali di Tolkien a quelli della destra radicale. In ogni caso, altri critici di orientamento marxista hanno giudicato Tolkien più positivamente. Pur criticando la presenza di una visione politica tolkieniana all’interno del Signore degli Anelli[21], China Miéville ammira l’uso creativo di Tolkien della mitologia norrena, della tragedia, dei mostri e del worldbuilding, così come la sua critica dell’allegoria[22].