A me questa statua mi mette una roba strana addosso, come un brivido che corre per la schiena e che…. Ti ricordi quando l’hai vista? Non è che sono sconcio o perverso, o tutte e due le cose insieme? Sarei curioso di sapere come la pensi. Mica è roba pornografica. Per carità. È un capolavoro dello sultore Corradini del ‘700. Ma il fatto di sapere che è il ritratto di marmo di una defunta, o di una che sta trapassando, con quelle forme mozzafiato…non so voi, ma io… beh, lasciamo perdere.Ha 300 anni. Ma cosa c’entra Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona con Virginia Clemm, moglie tredicenne di Edgar Allan Poe, deceduta prematuramente come la prima? Museo San Severo

Vediamo di capirci qualcosa. Cecilia, neomamma, a ventitré anni muore, lasciando il figlioletto Raimondo di Sangro di un anno, orfano. Ci penserà lo scultore Antonio Corradini nel ‘700 a immortalarla. Quando l’abbiamo vista siamo rimasti a bocca aperta. Opera certa di Antonio Corradini risale al 1751 e fu voluta in memoria di Cecilia Gaetani d’Aragona, madre di Raimondo di Sangro. Rappresenta una donna, con il capo e il corpo completamente ricoperti da un velo che aderisce alle forme, che poggia la mano su una lapide spezzata, proprio a simboleggiare la giovane età della defunta. La scelta della “pudicizia” come virtù della madre sconosciuta, è forse da inquadrarsi, per contrasto, nel comportamento libertino del padre Antonio. Dovrebbe essere un monumento funebre, infatti lo è, collocato nella cappella San Severo dei principi di Sangro in quella Napoli ammorbata sino a qualche tempo fa (…?) dall’immondizia, dal malgoverno e dall’incuria. Evviva Napoli comunque per la grandezza del suo passato e per il cuore dei suoi abitanti. È la figura di una donna morta che ammalia da secoli; sono la grazia, la bellezza di una femmina di marmo seminuda che fissa il vuoto, senza tuttavia vederlo. Una creatura cieca, ma ancora viva, già agguantata dalla morte. Il busto è quanto di più conturbante e sensuale si possa concepire. I seni irti, sodi, vivi, il cuscino del ventre è palpitante, giovane e fresco; il corpo perfetto, che vive nella morte, secondo una dicotomia insanabile, dolorosa. Non può essere che tanta densità di vita si consumi e perisca nel nulla. Cecilia non riesce a morire per davvero. Sono i nostri sguardi a tenerla viva, complice una ripresa fotografica degna di un ottimo reportage di moda. Vive di una vita sospesa, equivoca, voluttuosa. Toccarla non si può, toccheresti la morte, che risiede in quel pacato, angoscioso connubio. La vita la trattiene, la morte incalza. La ripresa fotografica la scolpisce ancora di più, la fa sembrare assolutamente impudica, conturbante. Un serto di rose mollemente le cinge il bacino. Un’opera d’arte di altissimo tenore nella Napoli del Settecento. Solo un velo le sfiora la pelle. Un inutile sudario trasparente che la rende ancora più desiderabile. Tenue diaframma aderente alle sue grazie. Stiamo ammirando una donna vera da poco cadavere, in una cappella funeraria. Non è così?
Ci viene in aiuto Edgar Allan Poe, il quale si chiede: C’è qualcosa di più straziante dell’arrivo della morte? Qualcosa di più doloroso, poetico e malinconico? Ecco la sua risposta: la morte di una Donna molto bella.

Ma lui che c’entra con Cecilia Gaetani? Vediamo cosa scrive il genio della tenebra e del macabro: “Fra tutti gli argomenti melanconici, qual è, secondo il concetto universale dell’umanità, il più melanconico? ” La Morte – fu l’ovvia risposta. “E quando è più poetico questo argomento, fra tutti il più melanconico?” Dopo quanto ho già scritto, la risposta fu ovvia: “Quando è più strettamente congiunto alla Bellezza, dunque la morte d’una bella donna è il tema più poetico del mondo e le labbra più adatte a tale argomento sono quelle di un amante orbato dell’amata». Dalla “Filosofia della composizione” di E. A. Poe.
La scultura non parla solo di rimpianto, sconforto e malinconia; la donna del Corradini aggiunge un nuovo ingrediente a tanto strazio. Aggiunge il desiderio. Fa crescere il sentimento della concupiscenza negata, in virtù della sensualità di quelle forme, della voluttuosità prorompente e intoccabile di donna Cecilia Gaetani. Non sappiamo se Poe conoscesse il capolavoro del Corradini. Avrebbe aggiunto incubo agli incubi. La morte che ghermisce, la voluttà erotica che si protrae anche dopo il decesso e il rimpianto per quella vita infranta e per quel corpo mozzafiato. La scomparsa di una bellissima e giovane creatura, ancora desiderabile e contesa dalla morte. Nuovo pane per i denti di Edgar Allan Poe, non ti pare? Che aveva visto morire Virginia, la sua moglie bambina fra le braccia, coprendola con un lenzuolo del suo letto perché di soldi per un sudario non se ne parlava nemmeno.