c’erano le memorie di pietra?

L’epitaffio lo recita con fare sornione quel grandissimo e geniale personaggio, attore, sceneggiatore, produttore e regista americano, che va sotto il nome di Orson Welles. Solo l’America riesce “produrre” personaggi di questo calibro, al di fuori dell’ordinario, capaci comunque, come in questo caso, di interpretare e di vedere cose che noi europei sappiamo già, perché sono nel nostro DNA, ma cerchiamo di allontanare, cose inevitabilmente probabili e dolorose. L’epitaffio riguarda noi, la nostra storia, e chi ama la memoria europea fatta di testimonianze di pietra, mattone: sculture, mura di antiche città, ponti, edifici, statue, e più in generale, ogni manufatto che rechi impronta umana, destinato inevitabilmente a deperire e sparire per il logorio decretato dall’inquinamento, dall’oblio e dal tempo. La profezia dell’attore, tanto scontata quanto stupefacente, colpisce per l’immediatezza del recitativo, la scelta delle parole, l’atmosfera, dicendo molto sulla sensibilità di Orson Welles e la capacità di interpretazione dell’uomo medievale. Santi, prelati, imperatori, gente del popolo che guardano come stupefatti, diavoli tentatori, figure antropomorfe (gargoil) a monito e angeli soccorritori, protagonisti di atmosfere estinte e di tempi che non sono più da secoli. Personaggi assorti nella magica atmosfera che avvolge la cattedrale di Chartres questo il soggetto del video, nella foschia del tramonto. Le statue celebrano il trionfo di Dio, nella dignità dell’uomo, uno scultore che non ha firmato la sua opera, la gloria anonima di tutte le cose, questa ricca foresta di pietra, questo epico canto, questo grido interrogativo…e tutto questo un giorno sarà ridotto in polvere…questo e altro sentiamo dalla voce fascinosa di Orson Welles.

Leggi cosa dicono i commenti a questo breve ma coinvolgente video recitato dal grande attore regista:
HumanitarianEclectic 10 years ago Sublime! A poignant memento mori from Citzen Welles of the future extinct species known as humanity. Will the others ever understand what we and our spirit represented? Thanks for the clip… Suggest changing the title so that it attracts more viewers.
feraro23 12 years ago Great, definitely. One of the most “european” american ever.
Don Belindo
10 years ago On this monologue summarizes itself Welles´ artistic work, as one of the greatest artist in the 20th Century. One of the greatest moments on cinematography.

Sarah McFarlane 7 years agoThis monologue is equal parts poignant and frightening, all while capturing the unparalleled eloquent artistry of Mr. Welles. A great artist and thinker.

A proposito della cattedrale di Chartres nostra sorella Wikipedia riporta:

La cattedrale Notre-Dame di Chartres è il principale luogo di culto cattolico di Chartres, nel dipartimento dell’Eure-et-Loir, nel nordovest della Franciabasilica minore (dal 1908) e sede vescovile dell’omonima diocesi.[1] La figura più importante nella storia di questa diocesi fu il vescovo Fulbertoteologo scolastico  riconosciuto in tutta Europa, che cominciò nell’XI secolo la costruzione della cattedrale sull’area precedentemente occupata da un antico santuario pagano.

non esisteva l’Osceno Cosmico? (2)

Fioriscono come i funghi, un po’ qua, un po’ là, dove meno te l’aspetti. Sono diretta espressione di potenza creatrice posticcia ovvero fasulla. Aspiranti Michelangelo, devoti al Bernini, seguaci di Rodin fabbricano sculture, erigono statue. E allora? Che c’è di male? Dirai tu. Nulla, il fatto è che poi le espongono, con la connivenza di amministrazioni comunali acefale, queste ultime per il desiderio di commemorare, celebrare, ricordare, inaugurare commissionano aborti a profusione, senza averne sentore. Gli illustri beneficiari sono Manuela Arcuri, Gabriele D’annunzio, Domenico Modugno, una scarpa, un grappolo d’uva, il Parmigiano, una oliva, eccetera. Sì, hai capito bene. Coraggio! Siamo alla seconda puntata dell’Osceno Cosmico. Vai a leggere quello che scrive FINESTRE SULL’ARTE. rivista d’arte antica e contemporanea. E se le prendessimo a sassate? Se le abbattessimo, come la rivista propone? Sono manufatti fastidiosi che impediscono la vista, offendono il buon gusto, e non hanno nemmeno la carica provocatoria di Duchamp, Piero Manzoni, Cattelan. Vengo al dunque: chiunque può sentirsi Canova o Bistolfi, alla fine sono affari suoi, ma il fatto è che poi queste degnissime persone espongono il loro parto invece di tenerlo accuratamente celato alla vista. Perché? Perché offende. E perché offende? Perché trattasi di tentativi che non raggiungono il livello di mediocrità, esposte in pubblico, e che nulla hanno a che fare con la vera ispirazione artistica.

Esse vanno ad alimentare l’Osceno Cosmico italico e, ahimé! immagino che si sia pure pagato artista e allestimento. Parlo anche con te, che sei dell’amministrazione pubblica di città e paesi. Hai mai consultato, così, anche solo per svago, un opuscolo, un depliant sull’arte? O anche solo una cartolina. Lì qualcosa lo impari. Ho conosciuto sindaci e assessori che privilegiavano la Fiera del bue grasso e l’esposizione di lavori di dilettanti pittori della domenica, anteponendola alla promozione di vere opere d’arte, ricordo anche che c’entrava l’appartenenza politica (con tutto rispetto dovuto al bue grasso!) Ma questo è un altro discorso che magari riprenderò.
Al prossimo post sull’Osceno Cosmico, e mi raccomando di tenerti forte, lì sì che l’orrido trionfa perché c’entra lo spirito, anche se si tratta di spirito americano, cioè precario e fortemente adulterato.

Se vuoi leggere qualcosa che ho scritto io

Madonna Ciccone se lo infilava addosso?

La puoi mettere sul faceto, o magari sul serio, sul voyeurismo, anche, sullo psicanalitico, o su quello che preferisci te. Riconoscere a colpo d’occhio che c’è qualcosa di diverso, forse di volutamente ambiguo, sicuramente conturbante, almeno per i maschi. E cioè statue, ritratti, modelle, creazioni che confluiscono verso l’erotico e il fetish conclamato, da far resuscitare i morti. Io lo chiamo erotico splendente, un filo tenace che si dipana nei secoli interpretando l’occhio goloso curioso del maschio occidentale e che ha bisogno di un protagonista di eccezione: la donna. Lo chiamo Erotico splendente che è anche il capitolo di un mio romanzo. Te chiederai come fa a esserci l’erotico nel ritratto di due sante, una di marmo, di quel furbone di Gianlorenzo Bernini. che ritrae in modo teatrale Santa Teresa d’Avila, in preda a estasi mistica.

Detto per la cronaca: il cardinale Federico Cornaro affidò alle sue eccelse capacità di architetto e di scultore la realizzazione della cappella della propria famiglia, nel transetto sinistro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma. A proposito dell’erotismo mistico della statua, proprio lei, la protagonista scrive: «Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.» (Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, XXIX, 13)

So perfettamente che non è una novità, ma aspetta a giudicare, c’è dell’altro in pentola. La santa trafitta o, per meglio dire: penetrata da una lancia divina, maneggiata da un angelo sornione e sorridente. Mentre lei è in estasi e tutta scomposta dall’amore e avvolta nei suoi panni anch’essi scomposti. Io te ne parlo non per gratuita e grossolana pruderie ma perché l’estasi della santa sembra esplicitamente sconfinare verso altri tipi di estasi, ovvero: penetrata da una lunga lancia con una punta di fuoco, eccetera, stiamo parlando di una statua, in fondo, anche se il suo “godimento” è rappresentato in modo spettacolare, e ha pure degli spettatori di marmo a tre metri di distanza, che sarebbero i committenti stessi della statua e che sarebbe scorretto chiamarli semplicemente “guardoni”, mentre l’angelo se la ride.

E poi c’è il matrimonio mistico di Santa Caterina, che, se vai alla stanza numero otto della National Gallery, te la trovi, in un angolo, sempre che non l’abbiano spostata, perché lì si divertono a spostare i dipinti, tanto per fargli cambiare aria. Viene colta da estasi anche lei? No, lei ha un’acconciatura da gran dama (o da cortigiana?) e un’espressione meravigliata e soprattutto delle tette budino aguzze che ti fanno resuscitare dal tuo letargo. Non ammicca la santa pudica, ma quel vestito trasparente fatto di niente che le accarezza il petto ovvero i seni da pin up, è un vero schianto.

Il sacro va a braccetto con l’erotismo di altissimo tenore. E poi? E poi c’è lei, giovane mamma, deceduta prematuramente, la trovi a Napoli al museo di San Severo, ossia la statua di Antonio Corradini, la Pudicizia velata. Sta per esalare l’ultimo respiro o già vaga nell’oltre tomba?

Il velo non cela nulla, proprio nulla, le sue forme evocano desideri, bramosie, morbide (NON torbide), voluttà che avrebbero fatto meditare Edgar Alla Poe. La Pudicizia velata. Capolavoro del ‘700. A dimostrazione che l’erotico si intrufola anche nei meandri funebri dove regna la nera signora. Macabra lussuria? Mah! E poi c’è la modella col corsetto nero in lattice, che piu elettrizzante di così non si potrebbe. E ancora un’atletica snodata modella dalla faccia di pin up che ti sorride, estatica con le tette che guardano in alto.

Qui la faccenda è più evidente perché le tette vengono mercificate per fare reclame a biancheria intima. Eravamo negli anni Quaranta Cinquanta quando scoppiarono bombe sexy da mettere i brividi, per via del reggiseno proiettile, riesumato da Madonna Ciccone-Gaultier.


Ci metto anche le gemelle Kessler, te le ricordi? Due pezzi di tonno che hanno sdoganato l’erotismo patinato in TV negli anni Sessanta.

Guardare e non toccare, beh, se non era voyeurismo quello: due angeli biondi, castigati eppure sexy da svenirci. L’intenzione era: come ti educo una nazione a suon di sgambettamenti. Ovvero chic, charme, chock e champagne. Della serie guardateci da lontano quanto siamo bone.

Poi c’è un dipinto al Louvre, del 1594, di anonimo, che ritrae al bagno Gabrielle d’Estrées e sua sorella…pare. Una strizza il capezzolo dell’altra che non fa una piega. Erotismo concettuale? Ambiguità oltre ogni limite? (Balthus è tutt’altra cosa, si capisce, ma bisogna andarci molto cauti con la sua pittura, si rischia la denuncia.) E poi c’è Freud che scivola sotto un tavolino e fa l’attaccapanni con Allen Jones, roba che sconfina nel regno del fetish.

Ora mi chiedo: ma le donne ci si riconoscono in queste rappresentazioni? Ci si trovano bene? O si tratta di spazzatura a beneficio dei maschi? Se non ci fosse l’uomo e il suo desiderio esplicito, sotterraneo, torbido, che poi alla fine sempre desiderio è, la donna si concerebbe a quel modo? oppure si metterebbe vestaglia e ciabatte e via. Arte sacra, arte funeraria, ed erotismo a mille, erotismo e feticismo nella pubblicità, nella moda e nella provocazione, ad uso esclusivo dell’uomo. Pensaci bene. Ma fammi capire, cara Eva, se noi non ci fossimo a desiderarti da sempre, anche in modo bislacco, tu ti acconceresti in quelle maniere? E poi l’eros è sempre e solo a senso unico, ovvero la donna lo incarna, paziente, per l’uomo che la sta a guardare, stuzzicandolo? Il “gioco” della seduzione (in Occidente) ha solo e sempre una attrice sul palcoscenico? La constatazione fa rima con ovvietà o con qualcos’altro? Insomma qualcuno mi dica qualcosa.

I miei insopprimibili indizi di scrittura

e dove l’hai vista?

A me questa statua mi mette una roba strana addosso, come un brivido che corre per la schiena e che…. Ti ricordi quando l’hai vista? Non è che sono sconcio o perverso, o tutte e due le cose insieme? Sarei curioso di sapere come la pensi. Mica è roba pornografica. Per carità. È un capolavoro dello sultore Corradini del ‘700. Ma il fatto di sapere che è il ritratto di marmo di una defunta, o di una che sta trapassando, con quelle forme mozzafiato…non so voi, ma io… beh, lasciamo perdere.Ha 300 anni. Ma cosa c’entra Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona con Virginia Clemm, moglie tredicenne di Edgar Allan Poe, deceduta prematuramente come la prima?  Museo San Severo

Vediamo di capirci qualcosa. Cecilia, neomamma, a ventitré anni muore, lasciando il figlioletto Raimondo di Sangro di un anno, orfano. Ci penserà lo scultore Antonio Corradini nel ‘700 a immortalarla.  Quando l’abbiamo vista siamo rimasti a bocca aperta. Opera certa di Antonio Corradini risale al 1751 e fu voluta in memoria di Cecilia Gaetani d’Aragona, madre di Raimondo di Sangro. Rappresenta una donna, con il capo e il corpo completamente ricoperti da un velo che aderisce alle forme, che poggia la mano su una lapide spezzata, proprio a simboleggiare la giovane età della defunta. La scelta della “pudicizia” come virtù della madre sconosciuta, è forse da inquadrarsi, per contrasto, nel comportamento libertino del padre Antonio. Dovrebbe essere un monumento funebre, infatti lo è, collocato nella cappella San Severo dei principi di Sangro in quella Napoli ammorbata sino a qualche tempo fa (…?) dall’immondizia, dal malgoverno e dall’incuria. Evviva Napoli comunque per la grandezza del suo passato e per il cuore dei suoi abitanti. È la figura di una donna morta che ammalia da secoli; sono la grazia, la bellezza di una femmina di marmo seminuda che fissa il vuoto, senza tuttavia vederlo. Una creatura cieca, ma ancora viva, già agguantata dalla morte. Il busto è quanto di più conturbante e sensuale si possa concepire. I seni irti, sodi, vivi, il cuscino del ventre è palpitante, giovane e fresco; il corpo perfetto, che vive nella morte, secondo una dicotomia insanabile, dolorosa. Non può essere che tanta densità di vita si consumi e perisca nel nulla. Cecilia non riesce a morire per davvero. Sono i nostri sguardi a tenerla viva, complice una ripresa fotografica degna di un ottimo reportage di moda. Vive di una vita sospesa, equivoca, voluttuosa. Toccarla non si può, toccheresti la morte, che risiede in quel pacato, angoscioso connubio. La vita la trattiene, la morte incalza. La ripresa fotografica la scolpisce ancora di più, la fa sembrare assolutamente impudica, conturbante. Un serto di rose mollemente le cinge il bacino. Un’opera d’arte di altissimo tenore nella Napoli del Settecento. Solo un velo le sfiora la pelle. Un inutile sudario trasparente che la rende ancora più desiderabile. Tenue diaframma aderente alle sue grazie. Stiamo ammirando una donna vera da poco cadavere, in una cappella funeraria. Non è così? 

Ci viene in aiuto Edgar Allan Poe, il quale si chiede: C’è qualcosa di più straziante dell’arrivo della morte? Qualcosa di più doloroso, poetico e malinconico? Ecco la sua risposta: la morte di una Donna molto bella.

virginia

Ma lui che c’entra con Cecilia Gaetani? Vediamo cosa scrive il genio della tenebra e del macabro:  “Fra tutti gli argomenti melanconici, qual è, secondo il concetto universale dell’umanità, il più melanconico? ” La Morte – fu l’ovvia risposta. “E quando è più poetico questo argomento, fra tutti il più melanconico?” Dopo quanto ho già scritto, la risposta fu ovvia: “Quando è più strettamente congiunto alla Bellezza, dunque la morte d’una bella donna è il tema più poetico del mondo e le labbra più adatte a tale argomento sono quelle di un amante orbato dell’amata». Dalla “Filosofia della composizione”  di E. A. Poe.

La scultura non parla solo di rimpianto, sconforto e malinconia; la donna del Corradini aggiunge un nuovo ingrediente a tanto strazio. Aggiunge il desiderio. Fa crescere il sentimento della concupiscenza negata, in virtù della sensualità di quelle forme, della voluttuosità prorompente e intoccabile di donna Cecilia Gaetani.  Non sappiamo se Poe conoscesse il capolavoro del Corradini. Avrebbe aggiunto incubo agli incubi.  La morte che ghermisce, la voluttà erotica che si protrae anche dopo il decesso e il rimpianto per quella vita infranta e per quel corpo mozzafiato. La scomparsa di una bellissima e giovane creatura, ancora desiderabile e contesa dalla morte. Nuovo pane per i denti di Edgar Allan Poe, non ti pare? Che aveva visto morire Virginia, la sua moglie bambina fra le braccia, coprendola con un lenzuolo del suo letto perché di soldi per un sudario non se ne parlava nemmeno.