Quelli che non esistono

womanA seguito dell’articolo di padre Angelo Zelio Belloni del 15 ottobre. Mario Ingrosso, mio figlio Edoardo Simone ed io in un campo rom abusivo alla periferia di Milano. Immagini di Mario Ingrosso

La signora ci riceve nel salotto. Alì e Micael ci corrono incontro. L’altro figlio siede su un pezzo di tavola di masonite, l’ultimo dorme sotto la tenda. Il marito spunta dietro una parete di cartone. Gli avvolgibili strappati sbattono contro un pezzo di muro. Garze, cerotti, qualche bottiglia di bibita, caramelle e vecchi album di animali, sono i nostri doni. Siamo zingari dice la signora, veniamo dalla Romania e non c’è lavoro. La signora ci dice di sedere, ma noi troviamo solo il tempo di scattare qualche foto e già rientriamo. Sulla via del ritorno incontriamo altri rom, scesi da una macchina per far visita a conoscenti del campo abusivo; ci chiedono se lavoriamo per i giornali. Vivono fra le macerie delle nostre città, sotto i ponti delle tangenziali, negli anfratti delle fabbriche abbandonate. Protagonisti d’innumerevoli episodi di cronaca, fatti di sgomberi, allontanamenti, furti e accattonaggio molesto. Sono i paria, così da secoli. Rigettati dalle culture ufficiali dei paesi in cui risiedono.  Coloro che non esistono, perché privi di documenti. Mal tollerati, incivili secondo i nostri canoni. Fra essi anche individui fuorilegge che soggiogano, imponendo la legge del più forte, le famiglie aggregate della loro comunità.

I rom rappresentano la spina nel fianco di ogni amministrazione occidentale: Ingombranti, non inseribili, non affidabili. Esistono senza esistere. I personaggi che Mario Ingrosso ha fotografato sono i protagonisti di un reportage effettuato nelle aree abbandonate di una città del nord.  Fra muri crepati, tetti sfondati, macerie. Vivono lì, a titolo provvisorio, ben sapendo che potrebbero essere cacciati dall’oggi al domani. Sono rom, musulmani sciti e cristiani; arrivano dalla Romania. Ecco ciò che Mario Ingrosso è riuscito a intendere dal loro approssimativo racconto: Le donne rom concepiscono i figli in Italia, dopodiché tornano in Romania per farli nascere. Affermano che, a causa del loro stato di clandestini in Italia, i nascituri non potrebbero avere alcun documento. Quindi dopo il parto tornano in Italia coi piccoli per svezzarli e infine li riportano in Romania presso i parenti per farli crescere. Una delle conseguenze è che da adulti non sapranno riconoscere chi li ha messi al mondo. Tutto questo procede dal loro status di clandestini.sigaro
Gli attori di questo servizio devono condividere il campo con un gruppo al cui vertice c’è un capo clan non esattamente raccomandabile. Per due volte costui ha inveito contro di noi, intimando di andarcene. Quello che abbiamo letto nei loro sguardi lo lasciamo alla vostra sensibilità. Il nostro lavoro finisce mostrando immagini eloquenti e volutamente senza commento. Consentitecene uno solo: la bellezza antica e la dolcezza di alcuni volti  femminili, quella sì ci ha colpito e per questo vogliamo segnalarla. Anche per questo auspichiamo un atteggiamento che non faccia di ogni erba un fascio e che sappia distinguere fra gli individui di un gruppo anche se non è sempre facile o possibile. La loro cultura è antica, parallela e alternativa alla nostra e arriva dall’India. Per il nostro modo di vedere i diversi e i non omologabili molti di loro non esistono. I loro sguardi però raccontano storie che forse non conosciamo affatto o non vogliamo conoscere

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