“Resta Moncalvo alla sinistra mano In spiaggia aprica, fertile e secura e di sì chiara prole egli è ripieno che mai la gloria sua non verrà meno…mentre Aldo su MONFERRATO FRA PO E TANARO, ha
dedicato alla città un intero capitolo:
…I Moncalvesi gli andarono incontro… arrivava dalla Francia e si era fermato ad Asti per riposare, dopo tanto percorrere. Correva l’anno 1129 e a San Francesco venne chiesto di fondare un convento del suo Ordine…così narra la tradizione. Col contributo delle nobili famiglie locali fu costruita una chiesuola dedicata a San Genesio con attiguo romitorio per i frati…
Dagli antichi romani, ad Aleramo, da San Francesco a Guglielmo Caccia e a Francesco Ottavio Magnocavallo, dai Marchesi del Monferrato a quelli di Saluzzo, e poi i Paleologo, i Francesi, gli Spagnoli, i Gonzaga sino ai Savoia. In tanti qui hanno scritto la loro vicenda politica, spirituale, o artistica rendendo unica la memoria del luogo.
Moncalvo è nobile come la sua storia, ricca com’erano ricchi d’ingegno i suoi abitanti. Quante volte ci sono andata a spasso, e mi sono incantata davanti alla chiesa settecentesca della Madonna, del Magnocavallo, o ai resti del castello. Andavo su e giù per la Fracia fermandomi davanti ai palazzotti, incantata dalla loro architettura, facendo schizzi di vie e piazza per le mie tele.


-Eh, così!. …- -Gira un po’ la testa…non così tanto! Di meno.-
La chiesetta sembra più la dimora di un casellante e ha pure il suo minuscolo campanile che sembra un camino. -Faccia lei, che è brava.- mi ha detto il parroco. -Vorrei far entrare la natura in chiesa.- Gli dico, – I fiori, l’erba la frutta, tutto un prato.-
-Così va bene.- 
sono una frescante anch’io.
Non credo di avere nemmeno una foto, io e lui, insieme. Non era nostra abitudine. Andavamo in giro in lambretta. Aldo ed io, ci bastava l’amore, il cielo e la mia arte. E l’immenso scenario che si apriva ad ogni passo.
la linea d’ombra la fila dei pioppi in salita. E poi i castelli in miniatura, mai severi, ma ridenti come antiche dimore di un regno incantato. Quante poesie mi recitava Aldo e le tenerezze e le promesse di fedeltà a iosa. Nessuno ci avrebbe mai separato. Era la nostra promessa che avremmo mantenuto sino alla fine.
Ormai fa parte del paesaggio, è inclusa nella memoria geografica e storica del luogo e anche in quella di molta gente. Mi piace pensare che sarà sempre così. Anche quando non ci saremo più. Un riferimento per tutti coloro che ci passano davanti e che la vedono apparire e poi sparire dietro un dosso per poi riapparire ancora, come fosse una barca sull’onda. Lì c’è la casa di Matilde Izzia e di suo marito. La grande pittrice e il famoso storico. Dirà qualcuno un giorno. Oh! Ma quand’è che finisco di sognare? Le cave di tufo che si mangiano la collina sono alle spalle di chi guarda, come le 
Cosa abbiamo in comune Orsola Maddalena Caccia e me? Poco o nulla. Salvo che con la suora, badessa del convento di Moncalvo, figlia di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo un paio di cose in comune ci sono per davvero. Siamo entrambe pittrici ed entrambe monferrine e amanti della natura. L’ammiro come una delle più grandi pittrici del Seicento. Sono convinta che molti talenti femminili siano andati sprecati nel corso dei secoli perché i tempi non erano maturi, perché la donna doveva occuparsi d’altro, perché fare la “pintora” non si addiceva a chi era nata femmina. E allora Artemisia Gentileschi e Rosalba Carriera e Orsola Maddalena Caccia? Vorranno pur dir qualcosa?! Tre esempi lampanti, eclatanti, tre grandissime protagoniste della pittura italiana. Stanno a dimostrare che il talento è appannaggio di entrambe i sessi, che non conosce confini, che le condizioni storico sociali hanno ostacolato l’affermarsi di potenziali talenti femminili nel corso del tempo. Davvero un peccato imperdonabile. Del ricordo della vita di Orsola Maddalena Caccia e dei suoi capolavori è ricca Moncalvo, il suo museo e le sue chiese. I volti di sante e Madonne sono
quelli che più mi colpivano, non saprei come definirli, sembra davvero che uno spirit0 ultraterreno avesse ispirato la pittrice e che qualcosa di eccelso e divino aleggi nelle loro espressioni. Per ore me ne stavo incantata ad ammirare la dolcezza e la morbidezza di quei visi. Cercando invano di carpire il segreto di tanta purezza e grazia. Nulla hanno da invidiare alle madonne toscane di secoli prima. A dir la verità ci sono altri punti in comune fra noi: le nature morte. Entrambe, seppur con inclinazioni e stili diversi, ne abbiamo dipinte. Ovviamente non oso neppure accostarmi al suo tocco pittorico, davvero eccelso e inimitabile.
Ah! Anche a Milano, certo, quasi mi dimenticavo. Nella bella libreria BOOKS IMPORT con un sacco di vetrine affacciate su due vie e con i miei dipinti esposti. Tanta gente all’inaugurazione, e i bambini di una scuola, perché il tema riguardava anche l’esposizione dei loro lavori scolastici. Simpatico abbinamento, davvero. I loro lavori migliori accanto a diverse mie tele. Quella sera venne da Asti l’editore Fornaca e i due svedesi naturalizzati parigini, Agneta e Bengt, arrivati apposta per portarsi nella loro casa di Parigi un secondo dipinto: La donna con gli occhiali. Una festosa inaugurazione
, a detta di molti. Fornaca, l’editore di Aldo, aveva presentato il suo magnifico libro 
Mi stavo per spaventare, si vede che col primo freddo cercavano riparo. Ma tante erano. Sono entrate dalla finestra aperta della camera da letto, si sono posate sul soffitto, poi come sono entrate se ne sono uscite. Faceva quasi caldo l’altro giorno. Portano bene le api. Significano abbondanza, sono un simbolo positivo. Vuoi vedere che stavolta rimango incinta? Quello che vogliamo, io e Aldo, ci manca solo quello. Poi abbiamo tutto, anche se il suo lavoro scricchiola. L’altra volta non mi è andata bene, ho abortito. Il medico ha scosso la testa, non era convinto. Di cosa convinto, poi? Aldo c’è rimasto male, io pure, beh dico, ritentiamo, no? Dov’è il problema? Se viene il pupo lo metto in una gran cesta e me lo porto in studio, lo cullo un po’, gli do’ da mangiare, mica smetto di dipingere se strilla! Ah no. Neanche a pensarci. Non scherziamo. Una volta scodellato il pupo mi organizzo, non voglio sacrificare la pittura. La pittura è la mia vita, anche il pupo è importante, d’accordo, ma se non viene mica posso dannarmi l’anima, come fa Aldo. A chi lasciamo la casa, i libri, le mie tele? Non voglio pensarci. Speriamo in bene. Tante cose si aggiustano, altre per niente. Bon, al bando la tristezza, servisse a qualcosa! La nostra casa sul bricco. Quante storia racchiude, sembra la casina incantata….magari lo fosse. Finito di ritoccare il quadro vado a preparare la cotoletta ad Aldo. Ieri non ha digerito.