No, non questa Italia, ma l’altra, quella dei secoli andati, invidiata e amata da schiere di odierni ammiratori, alias turisti con macchina fotografica annessa, coronavirus permettendo, che la percorrono da nord a sud senza tuttavia immaginare lontanamente il come sia stata fatta e il perché, limitandosi ad ammirare le tante bellezze che stanno fotografando. Né gli si potrebbe fare loro una colpa. Ammiratori che, per una ragione o per l’altra, ci invidiano, al di là di ogni retorica e patriottismo. Allora ti ripeto la domanda, te la ricordi l’Italia? Anticipandoti io la risposta. No, non te la ricordi, e sai perché?

Perché l’Italia non esiste e non è mai esistita se non nei sogni e nella volontà di formidabili attori ormai estinti e protagonisti che l’hanno voluta, amata, concepita fino a morirne, che hanno combattuto e perso la vita per “lei”; riunita nel suolo, nella politica, nella storia, nell’arte, nell’unicità delle sue genti. Ma che hanno, ahimé per loro, fallito, perché l’Italia non ha coscienza di essere sé stessa. Non starebbe languendo sul panorama internazionale, e… fermiamoci qui. Un’Italia unita e artefice del suo presente futuro non c’è mai stata, ma solo, se mai, nelle intenzioni di pochi, non certo per volontà di popolo. Il 2 agosto 1847 Metternich scrisse, in una nota inviata al conte Dietrichstein, l’ormai arcinota e controversa frase «L’Italia è un’espressione geografica» (La frase esatta recita invece: «La parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il valore storico politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari cercano di imprimerle.» Se lo dice Metternich, c’è da crederci….Tanta acqua è passata sotto i ponti dalla riunificazione ad oggi ma la cosa rimane immutata. Ci sono volute due guerre mondiali agli Italiani per farli sentire “nazione italiana” e poi? Tutto come prima. Tutti per proprio conto. E qual’è il prima? Il regionalismo, il campanilismo, la tradizione delle tante Italie, il dialetto che divide come in nessun altro luogo al mondo. Quando affermo che non c’è mai stata l’Italia pensata e voluta molti secoli prima, prima del conte Camillo Benso conte di Cavour e di Garibaldi che di rivoluzioni se ne intendeva e di Mazzini che di repubbliche se ne intendeva mi viene in testa quello che diceva l’esimio Indro Montanelli, che, anche se aveva sposato una dodicenne africana durante l’occupazione italiana in nord Africa, molto di buono e interessante ha comunque scritto e detto sull’Italia e gli italiani. Diceva che gli Italiani non hanno memoria, non sanno, non ricordano, si eclissano all’estero, facendo perdere le tracce della loro radici (non lo dico soltanto io) ….Come fai a fare l’Italia unita, chiedo io, prendendo a cannonate la regina Maria Sofia Wittelbach, che aveva avuto la brillante idea di sposare Franceschiello chiamato da suo padre Ciccillo o’ Lasagna. La donna non fugge, è verace,

bella e coraggiosa nel contrastare i Savoia che la vogliono morta e ancora prima l’hanno diffamata. Le cannonate le sparava dalle navi Cialdini contro la fortezza di Gaeta, e contro la regina, per ordine dei Savoia che volevano “cancellare” l’altra dinastia regia italica, che avrebbe dato fastidio e cioè quella dei Borbone. Al sud non sono pochi quelli che considerano ancora i nordisti Savoia degli usurpatori. Io ne conosco un paio. Anche così abbiamo fatto l’Italia, non certo coi referendum democrtaici di adesso e ancora: anche coi soldi della massoneria inglese che aveva foraggiato Garibaldi e le sue camice rosse per i suoi molteplici interessi. Ma che c’entra l’Inghilterra? C’entra, quella c’entra dappertutto, se c’è da trarre profitto da situazioni internazionali fluide, come era a quei tempi quella dell’Italia in formazione. Visto che spingeva per un’Italia unita per dar fastidio a Francia e Austria. Ma non voglio far troppa storia, non sono uno storico, ma un italiano in esilio. Sì , in esilio, perché dall’Italia ci si allontana principalmente per un motivo: per tentare di fare soldi o perché si va a fare gli esuli (come Ugo Foscolo) della cui grandezza di poeta non posso certo partecipare. E dunque te la ricordi l’Italia? Non puoi ricordarla mentre sta franando e cancellando la sua memoria e le sue tradizioni. Sai perche non c’è l’Italia? Per la sua storia degli ultimi tre secoli. Perché uno di Codigoro non riesce a pensarla come uno di Catanzaro. Perché trovami due italiani che la pensano allo stesso modo, due dico, non tre. Individualisti, eccetera, ma non solo. Tornando a Montanelli avrebbe detto, intervistato da Elkann, che gli Italiani non hano memoria, all’estero perdono la loro identità, si amalgamano, confondendosi con l’ambiente, si annacquano e poi spariscono, assorbiti dalla cultura locale, strano, a me non succede. Io, che italiano sono fino al midollo, dico che italiani ci si sente e questo significa che io mi sento calabrese e siciliano e ligure, anche se ho radici in Emilia e Veneto, e dei torinesi ho il rigore sul lavoro. Vai a rileggere quello che fa dire Giuseppe Tomasi di Lampedusa al principe di Salina nel Gattopardo, ovvero in quel capolavoro dove si respira la “grande elegia della morte”. Avevo un compagno alle scuole medie, un bel ragazzo, nero di capelli come un corvo, il cui padre faceva il falegname, tenendo bottega sul Po, a Torino, onestissimo, laboriosissimo e calabrese fino alle midolla, ovvero estraneo ai polentoni Torinesi di allora che non sopportavano i terroni, venuti a piantare il basilico nella vasca dei bagni e a puzzare di fritto. Noi, eravamo più tollerati perché non puzzavamo di fritto essendo appunto veneti ed emiliani (ovvero terroni del nord) cioè non classificabili, ma sempre terroni del nord eravamo e quindi da guardare con sospetto e tenere sotto osservazione. Ti ricordi dell’Italia? Poi ti dirò di quale Italia sto parlando. Sempre se ti interessa saperlo.