E se ci fosse del vero in queste ricerche?
C’è un buco nero nella storia d’Europa. Una voragine che si apre alle soglie dell’alba della nostra civiltà. È un abisso di qualche migliaio di anni. La storia che prelude alle vicende dell’Occidente. Numerose e sparse per mezza Europa testimonianze, tracce, reperti che risiedono nel grembo dell’Archeostoria, così viene chiamato quel periodo. Paleolitico, Neolitico, età del bronzo, culto della dea madre, ecco alcuni ambiti e pertinenze citate da Marija Gimbutas e da Riane Esler.

Un periodo di gestazione, preparazione, di sconvolgimenti in cui più volte i nostri destini sembrano prendere una direzione per poi precipitare verso distruzioni e nuove rinascite. A ogni rinascita un volto nuovo, inaspettato e non sempre auspicabile. Ma dov’è situato il vero punto di inizio? Dove risiede l’origine della nostra storia? Come vivevano e in cosa credevano quegli antichissimi popoli? Prima di Celti, Galli ed Etruschi, prima di Cretesi e Micenei, prima dei grandi miti, 10.000 anni fa chi calcava le nostre contrade? Gran parte degli studi di Marija Gimbutas hanno riportato alla luce la civiltà delle società (società gilaniche) dell’Antica Europa. Scrive anarchopedia.org/Marija_Gimbutas: Società sviluppatesi tra l’8000 a.c. e il 2500 a.c. intorno alla figura della Dea Madre secondo principi antiautoritarii e sostanzialmente pacifisti.

Nel 1956, la Gimbutas propone la cosiddetta “Ipotesi Kurgan”, che mette in relazione l’indoeuropeo, e la relativa scomparsa delle società gilaniche, con le invasioni di una “civiltà” nomade-pastorale, caratterizzata da forti matrici guerriere, diffusa nelle steppe ponto-baltiche c. 4500-2500 a.C. e nota a partire da particolari sepolture a tumulo (dette, appunto, kurgan). La mostra tenuta a Roma nel settembre/ottobre 2008 sulla cultura di Cucuteni-Trypillia conferma l’ipotesi di Marija Gimbutas sul carattere pacifico, sulla struttura sociale egalitaria e sull’importanza del ruolo femminile di questa cultura dell’Europa Antica. La documentazione della mostra, curata dal Ministero della cultura e degli affari religiosi di Romania nonché dal Ministero della cultura e del turismo di Ucraina, dice a pag.40: Non vi erano differenze tra le varie tipologie abitative. Dunque, non è possibile stabilire quali case appartenessero a persone ricche e quali a persone povere. Le variazioni nelle dimensioni delle abitazioni potrebbero essere attribuite al numero dei membri della famiglia che vi risiedeva, o dipendere dalle tecniche di costruzione delle case. Pertanto, non è possibile parlare di eguaglianza sociale (come nelle società in cui vigeva la schiavitù), ma solo l’esistenza di una naturale gerarchia all’interno di ciascuna comunità. Come non si può sostenere che esistesse una categoria di guerrieri, in quanto la maggior parte degli abitanti era dedito all’agricoltura. Gradualmente iniziarono a emergere gli artigiani (ceramisti, addetti alla lavorazione dei metalli, intagliatori del legno e della pietra, costruttori), così come dei personaggi con un ruolo specifico nel campo della religione. L’abbondanza di statuine antropomorfe femminili e la parallela scarsità di sculture a soggetto maschile sembra suggerire l’importanza del ruolo delle donne all’interno di queste comunità.

Scrive Riane Eisler ne IL CALICE E LA SPADA: Mentre le culture europee trascorrevano un’esistenza pacifica e raggiungevano una fioritura artistica e architettonica altamente sofisticate nel V millennio a.C. una cultura Neolitica assai diversa, in cui si addomesticava il cavallo e si producevano armi, emergeva nel bacino del Volga, nella Russia e nel Mar Nero. Questa nuova forza cambiò il corso della preistoria europea. Questa cultura detta Kurgan (dal russo tumulo, tomba in cui venivano seppelliti i re-guerrieri) ha queste caratteristiche fondamentali: VII e VI millennio a.c., patriarcato, patrilinearità, agricoltura su scala ridotta, allevamento, addomesticamento del cavallo, posizione preminente del cavallo nel culto, fabbricazione di armi quali arco, freccia, daga, lancia. Elementi distintivi che si accordano tutti con quanto è stato ricostruito come fenomeno protoindoeuropeo dagli studi linguistici, filologici e di mitologia comparata, e che si oppongono alla cultura gilanica caratterizzata da un’agricoltura altamente sviluppata e dalle grandi tradizioni architettoniche, scultoree e ceramiche. Così i ripetuti tumulti e le incursioni dei Kurgan (cioè protoindoeuropei) misero fine all’antica cultura europea all’incirca tra il 4300 e il 2800 a.C., trasformandola da gilanica in androcratica e da matrilineare a patrilineare. Le regioni dell’Egeo e del Mediterraneo e come Thera, Creta, Malta e Sardegna, l’antica cultura europea fiorì dando luogo a una civiltà creativa e invidiabilmente pacifica fino al 1500 a.C. Nondimeno, la religione della Dea e i suoi simboli sopravvissero, come una corrente sotterranea, in molte aree geografiche. In realtà, molti di questi simboli sono ancora presenti come immagini nella nostra arte e letteratura, motivi di grande suggestione nei nostri miti e negli archetipi dei nostri sogni.