hai ricevuto la prima telefonata?

Cosa stavi facendo quando, per la prima volta nella tua vita, si è messo a squillare come un ossesso facendoti sobbalzare!?? Indecisa, avevi scelto i posti meno adatti dove installarlo. E poi li cambiavi, subito scontenta, perché  non c’era luce sufficiente per prendere appunti e per vedere mentre componevi il numero. Infine, hai optato per una nicchia nell’ingresso, poco prima della cucina. Così mentre parlavi al telefono avresti potuto controllare se l’acqua della pasta stesse bollendo, o i ragazzi facessero i loro compiti. Ma non andava bene nemmeno quella posizione perché  il tecnico dei telefoni, già stizzito per conto suo, aveva detto: Ma signora non è che possiamo allungarli i cavi del telefono. I cavi non possiamo deviarli, questa è la colonna…passano di qua e non dove vuole lei. E tu avevi risposto che lo mettessero dove si poteva. Già  scontenta per la nicchia senza luce in cui lo avrebbero piazzato. Sicuramente avresti dovuto reggere la cornetta fra orecchio e spalla dicendo: Come dici? Scusa non ho capito, puoi ripetere?  Chi parla? Come? Poi magari cadeva la linea o l’altra riattacava di proposito. L’avevi forse offesa? Era la tua amica e tu eri invidiosa di lei perché  il marito guadagnava molto piu del tuo ed era piu simpatico del tuo. Avevi detto qualcosa di sconveniente?

Dovevi richiamare…tu a quel punto? Non sapevi come comportarti. Non c’era un galateo telefonico. Il telefono veniva a complicarti la vita. Ti ricordi cos’hai provato la prima volta? Preferivi non rispondere tu, ma far rispondere i tuoi parenti, per attutire l’emozione, per allontanare il momento in cui avresti detto Pronto chi parla?! Ah sei tu! Come bisognava comportarsi? E se dall’altra parte qualcuno ti ordinava di fare qualcosa? Qualcosa di sconveniente, di sgradito! Ma che pensieri! Era la prima volta dopo tutto, non c’era alcun libretto di istruzioni per una corretta telefonata. Ti ricordi che le gambe ti si erano fatte molli e la saliva era sparita? Ma che esagerazione! Eri fatta a quel modo, sin da bambina, ipersensibile, allo spasimo, ogni cosa ti turbava. C’e sempre la prima volta, mentre incerta alzavi la cornetta pensando chi sara a quest’ora? e timidamente azzardavi: Pronto chi è? Ma ti rendi conto che parlavi per la prima volta a una voce senza faccia? Dopo milioni di anni, il prodigio della tecnica e dell’ingegno, messo al tuo servizio, e poi hai cominciato a trovarla “normale” quella diavoleria! Al paese non c’erano quelle cose. C’era il telefono al bar; chi aveva bisogno andava al bar, o venivi chiamato dal bar, perche c’era qualcuno che voleva parlarti, sempre al telefono pubblico del bar. E allora dovevi attraversare mezzo paese col cuore in subbuglio, o, felice di andarci perche stavi aspettando la bella notizia di una nascita, una promozione, una vacanza. Altri tempi. Per una telefonata ci volevano un paio d’ore, fra andare, aspettare e tornare a casa. Il telefono! Quando hanno installato il tuo l’hai guardato perplessa, aspettando subito la prima telefonata, ma come potevano telefonare se a nessuno ancora avevi dato il tuo numero? Così hai cominciato a distribuirlo, centellinando le persone alle quali lo elargivi. In caso di emergenza, in caso di bisogno, in caso di….poi ci hai fatto l’abitudine e, a ore fisse, quello squillava, come previsto; erano lui, lei, i bambini che ti salutavano dicendo che il viaggio era andato bene e che al mare avevano fatto il primo bagno. Poi telefonavi tu per chiedere come stava Maria, Filippo, la mamma malata, quanti erano andati a vendemmiare a casa di tuo suocero, eccetera. Poi hai avuto timore, ricordi? Perché c’era stato un periodo in cui squillava a vuoto, alla stessa ora, e tu, le prime volte, intimorita, timidamente chiedevi chi fosse e una volta, spaventata per l’ennesima telefonata a vuoto avevi inveito e l’altro aveva riattaccato per telefonare ancora, dopo due minuuti e spaventarti sillabando il tuo nome e mettendosi a ridere. Ce l’avevano con te, adesso eri sicura che si prendevano gioco di te. Poteva esserci un estraneo pericoloso, all’altro capo del filo, un ladro che controllava se eri in casa, per tenderti agguati, un bruto, un meschino, il tuo ex fidanzato che non voleva mollarti, una spia, o un amico, oppure l’amore che avevi snobbato e che implorava dall’altra parte del filo di vederti ancora una volta.

Oh! come correvi con la fantasia, accompagnando l’attesa coi battiti affrettati del cuore. Chi sarà? Perche non telefona? Gli sarà  capitato qualcosa? Con tutta questa nebbia, magari si  è  fermato per strada, ha avuto un incidente, come fa a telefonare se ha avuto un incidente?! Tutto poteva essere. La prima volta: ovvero un salto nel buio, la devastante forza della tecnologia telefonica che ti diceva: Devi fare così , fidati. -Pronto chi e?  ma non ti veniva l’orticaria, non si sbiancavano i capelli mentre dicevi:- Sono Ines, Marco, Tonino, Carmela, come stai?-  Oh sei tu!  Ho ancora le mani bagnate di lisciva, aspetta che mi asciugo, no, no….dimmi pure…, pensavi di guastare la cornetta, e l’altra si metteva a raccontarti che la suocera sarebbe arrivata da lì  a qualche giorno, scompigliando la sua vita. Sessant’anni fa, duemila anni fa. La guardavi timoroso, e interrogativo la silenziosa scatola nera, sembrava che ricambiasse il tuo sguardo, dopo che erano venuti in forze i tecnici della Stipel a fissarla al muro, non sapevi che fartene. Austera e misteriosa.

E sotto ci avevano piazzato una mensola sempre in bilico che doveva reggere la guida telefonica e pezzi di carta per gli appunti. La penna rotolava sempre per terra. E facevi fatica a cercare un nome col suo telefono. Che cosa pazzesca era la guida telefonica, una bibbia di nomi e telefoni e indirizzi, la città senza segreti, raccolta in due volumi. Te lo ricordi quando dicevi: -Aspetta che prendo un pezzo di carta.- Mentre ti tremava la mano per l’emozione di non riuscire a scrivere. Ma la carta non c’era mai, sulla mensola in bilico e la penna non scriveva. Devi alzare la luttuosa cornetta e dire la frase famigerata frase Pronto chi e?!- Altrimenti l’altro non risponde. Sei te Giovanna? – -No, sono Vittoria.- -Oh che voce che hai, non stai bene?- Ti eri rassegnato a rispondere la prima volta. Ti sei sentito quasi sollevato, avevano sbagliato numero. Confessa. Erano le prime volte. E le telefonate da lontano potevano arrivare? Eccome se arrivavano! La signorina del centralino chiedeva se volevi accettare la chiamata. Che bizzarria! Oddio! cosa e successo? Sta male qualcuno? Questo ti chiedevi.  La signorina diceva di riattaccare, che avrebbero chiamato, ma un paio di volte il telefono era rimasto silenzioso! Ti ricordi quando ha squillato nel cuore della notte? Ti sei preso uno spavento! Avevano sbagliato! Chi sbagliava si scusava e non richiamava. E poi avevano ricominciato a perseguitarti. Ma la gente non aveva altro da fare?! Volevano controllarti, farti uno scherzo o peggio. Sei stata sul punto di togliere l’apparecchio, perché  diventava una ossessione e cominciavi ad avere paura. Poi avevano smesso.  Senza motivo.
Chi era che ti chiamava alle nove del mattino? Coi letti ancora da fare. Io sì, me la ricordo. Indimenticabile, arrivava dalla stessa città e recitava così: –Chi ti ha dato il mio numero di telefono? Ma non ti vergogni a telefonarmi? Hai proprio una faccia tosta. Ho bisogno delle quattro sedie che ti ho prestato. Erano un regalo di nostro padre. Se le hai buttate via ti faccio scrivere da un avvocato! Le rivoglio indietro.- Sono sicuro che la tua prima telefonata è andata meglio della mia. Che non era tua sorella, con cui avevi litigato e alla quale, per sbaglio, avevi distrattamente telefonato.

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