Non ce l’ho fatta prima. Perdona

Cara Matilde,
Non ce l’ho fatta prima. Perdona. Ho dovuto invecchiare, viaggiare, avere un figlio, Edoardo Simone, che spesso mi chiede: -Ma com’era la tua amica?- Unica, gli rispondo. Gran personaggio, artista incomparabile e incompresa.
Ho mantenuto la promessa che ti feci mille anni fa, quando, davanti a una cotoletta e a mezza mela discutevamo con passione sull’esistenza, sull’insipida società d’allora che avrebbe distrutto ogni autorità e intelligenza, e su cosa avresti trovato nelle tenebre dell’al di là. -Ti aiuto io, Matilde,- ti dicevo, convinto. -Te la faccio fare io una bella mostra. Non ti preoccupare.- Hai dovuto aspettare molto, troppo. Hai dovuto scivolare nella voragine del Nulla. Ora vaghi nel regno delle ombre che tanto ti assillava. Non puoi vederci all’opera, maneggiare, misurare, scegliere le tue opere con cura e ammirazione, lodando la tua arte, unica, potente, incantatrice. Mi pare ancora di sentirti: -Ciao, sono io, che fai stasera? Sei libero o hai le tue donzelle?- E la mia immancabile risposta: -Al solito posto, alla solita ora. Aspettami.-
matildemario2Ho dovuto conoscere Lorens, l’amico Lorenzo Fornaca, l’editore astigiano che ha pubblicato i libri di Aldo, tuo marito. E poi incontrare Gianfranco Cuttica di Revigliasco e suo figlio Cesare, nobili di nome e di fatto. Con loro abbiamo allestito la mostra al complesso monumentale di Bosco Marengo. E poi ancora l’amico Antonio Barbato, ammiratore sia di te che di Aldo. Anche se temeva l’irruenza del tuo Gin Gin credendolo un cane mordace. Li conoscevi tutti e tutti ti apprezzavano, lodando ospitalità e cordialità che sapevi offrire loro con spontaneità, da autentica gentildonna monferrina. Alla lunga lista di amici ora si aggiungono: Maria Rita Mottola, presidente di A.L.E.R.A.M.O. onlus e suo marito Giancarlo Boglietti. Senza il loro intervento la mostra di Moncalvo non ci sarebbe stata. Matisse italiana ti ha definito Roberto Coaloa, giornalista e storico, giovanissimo frequentatore del Romito, in un suo recente articolo apparso sul giornale LIBERO. Altri ancora ammiravano te ed Aldo come Pierangelo Torielli e Luigi Bavagnoli, speleologi, custodi di segreti tesori dei Saraceni, racchiusi nella valle del Guaraldi. Artefice riservata e assidua di un’arte raffinata e potente, ancora oggi tutta da scoprire, sei stata una grande artista misconosciuta, anche se oggi qualcuno comincia ad accorgersi e ad appezzare la tua pittura. Meglio tardi che mai. Che ne è stato delle nostre elucubrazioni sul mondo, l’arte, l’amore, la filosofia e sulla dignità perduta degli esseri? Mah!? nei più rinomati bar di Torino ti facevi tentare dai bignè alla crema e da certi babà al cioccolato. Davanti a quelle squisitezze non resistevi più di un minuto, golosa, e mentre mi chiedevi: -Secondo te mi faranno ingrassare?- Pensavi al regno delle ombre, agli spiriti, a certi fenomeni medianici di cui eri protagonista o spettatrice. E al mistero che crea la vita e la distrugge. Non finivi di chiederti: Perché? Ma è mai possibile tutto questo?!

Mia cara, unica, ineffabile amica, che ne sarà di noi? Forse qualche anima ben disposta  proverà a salvare la tua e la mia arte dall’oblio. Quale il mistero che ci lega ancora dopo anni dalla tua scomparsa? Non saprei dire. Rimane nella memoria una grata immagine, tu splendente di bellezza e vigore con in braccio l’amato Gin Gin, io, esile, impacciato, timido scudiero alla corte del Romito. Ma ora basta, che l’emozione sbarra il passo a sentimenti e volontà più costruttive. Lorenzo, Gianfranco, Cesare, Antonio, Edoardo Simone, Luigi, Maria Rita e Giancarlo hanno raccolto il testimone, promettendo di promuovere la tua arte, facendoti rivivere ancora, serena, attiva, entusiasta dell’esistenza e dei mille misteri nascosti in grembo al caotico intervallo che si chiama …vita.

L’amico Mario al quale riesce impossibile dimenticare te, Aldo e il vostro magico mondo.

Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016

DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE

una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo www.aleramonlus.it www.facebook.com/museocivicomoncalvo http://www.facebook.com/aleramonlus

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Le chiamano nature morte, ma a me sembra che siano più vive di certa gente

9.jpgMario dice che ti guardano. Ma chi ti guarda? Gli ho chiesto un giorno. -Gli oggetti, l’armadio, la tazza, la tovaglia ti guardano.- Lui dice così, ma mi sembra esagerato. Che ti parlino quello sì, se no perché grandi pittori li avrebbero riprodotti? Ceste, gerle, pesci e uccelli morti, noci, meloni, ciotole e compagnia bella. Ti parlano, quello sì, Mario li chiama gli oggetti sensibili e arriva al punto di dire che ti osservano, che hanno un’anima e puoi arrivare anche a interloquire con loro. Aldo dice che il ragazzo ha le traveggole. Mario dice che una volta è uscito di casa fissando un baule e poi, al suo ritorno il baule pareva fosse contento di rivederlo. Lo guardo incredula. -Ma te se mica tutto a posto!- Che attribuisca loro un eccesso della sua ipersensibilità?! Può darsi o magari sono stramberie adolescenziali. A me piace pensare che gli oggetti assorbano e riflettano la nostra sensibilità, il nostro modo di vederli, e li definirei piuttosto poesie, poesie tradotte in immagine tanto è il loro potere di suggestionarci, facendoci soffermare su una mela, un grappolo d’uva, una tovaglia o una bottiglia dal lungo collo. Vorrei che il Monferrato entrasse nelle mie tele. Con la sua poesia, con le sue chiese, con la sua musica.

 

Tanti nuovi progetti. Ma non oggi

Immagine 26 settembre 104.jpgA volte mi prende un magone così grande quando lo vedo, chinato sui suoi documenti, e sui tomi di storia, che studia, corregge e ristudia senza pace. È conosciuto più all’estero che in Italia, apprezzano di più le sue opere in Francia e in Spagna. Qui l’hanno messo all’indice, per questo Aldo ha perso il lavoro, per le sue idee, per la testa che ha, perché fa venire invidia e gli altri studiosi di storia non hanno il suo estro. Quello che lui scrive sembra un romanzo e invece è la storia del suo Monferrato che tanto ama. E intanto noi stentiamo ad arrivare a fine mese e le bollette le devi pagare, se no con cosa mangi e ti scaldi? Muori in mezzo alla campagna del Monferrato. Meno male ho ancora i cani a tenermi compagnia. Dietro di noi il grande affresco che ho dipinto: il matrimonio fra Teodoro Paleologo e Argentina Spinola. Ma via, meglio scacciare i pensieri neri, ho la mia arte, i quadri da finire, certi nuovi progetti di nudo in mezzo alla campagna. E poi ho in mente certe nature morte, le chiamano così anche se sono più vive che mai. Eppure oggi no, non me la sento, mi darebbe la nausea anche solo tenere il pennello in mano.

Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016

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Gallina nera fece ovo bianco

DSCN0490Mario non stava più nella pelle. Prima parlava, chiedeva, era tutto una domanda, e questo e quest’altro, poi rimaneva muto a rimuginare. Quanti saranno stai? Era poi vero che erano così feroci? E chi li aiutava? Dei mali homines della zona, forse? E se Aldo aveva scavato anche lui là sotto? E perché indicavano in lui quello che sapeva come entrarci nelle grotte? Gallina nera fece ovo bianco….c’era scritto su un documento. Dove teneva registrato il significato delle due epigrafi che rinvenute da Aldo nelle due chiese? Quando ha saputo che saremmo andati l’indomani stesso in una certa cascina a verificare certe teorie di Aldo ha smesso di fare domande per paura che Aldo cambiasse idea.
L’indomani. Aldo ha fatto delimitare l’area, un fazzoletto di terra ampio come una stanza, proprio vicino all’orto di Giovanni. Giovanni è paziente, non fa troppe domande. Anche lui e sua moglie sanno delle caverne. Chi non lo sa? C’è un caldo insopportabile, e noi vorremmo aiutare Giovanni. La moglie è sulla porta, ci ha già portato due limonate fresche. Il caldo ha sbiadito il verde, sembra tutto impolverato. E i rivoli di sudore scendono anche se si sta fermi. Giovanni scava con metodo, pazienza e calma. Secondo i calcoli di Aldo dovrebbe scaturire qualcosa da quello scavo. …Mario non dice più nulla. Forse comincia a dubitare dell’esistenza del tesoro.  Ha gli occhi fissi dove Giovanni pianta la zappa…..Ancora nulla e se non vogliamo prendere un colpo di sole dobbiamo smetterla. Forse a due metri da noi, forse a venti centimetri di profondità. Forse! Ma cosa? Facciamo smettere il Giovanni anche se lui si offre di continuare. Grazie Giovanni, mah! E ce ne torniamo, stanchi e perplessi, con le pive nel sacco al Romito. E la promessa che saremmo ritornati a bere un bicchiere di Malaga da Giovanni, prima che Mario ripartisse.

Guarda che è successo un guaio

7.png-Pronto, disturbo? Ascolta, guarda, è successo un guaio-.
-Cioè?… Calmati, dimmi, che succede?-
-Ascolta, sono appena venuti a dirmelo…Ma, ti disturbo? Stavi cenando?-
-Che noia che sei! Ma mi vuoi dire cosa? Cosa….è capitato? Stai calma, e dimmi.-
-Ah! Guarda, sempre casini! Se puoi andare allo studiolo di via Cigliano…Mi hanno appena avvisato, quelli che stanno nella cascina di sotto al Romito, sai la signora, no?  Loro hanno il telefono, che la vicina di via Cigliano gli ha telefonato…ha sentito dei rumori.-
-Ladri?-
-Eh! Ma solo se puoi, se non hai altri impegni, se vai là a dare un occhio. Non credo che han portato via niente. Sono riusciti ad aprire la porta, ci va un niente. Sono stati disturbarti. Dice la vicina…-
-Vado, mi vesto e vado…non preoccuparti, okei vado.-
-E sono scappati via appena hanno aperto la mia porta, quindi la serratura è rotta…..La vicina ha detto che ha sentito dei rumori…sai che è un po’ sorda. E mentre lei apriva la sua porta per vedere cosa succedeva loro stavano già scappando giù per le scale. Non li ha visti in faccia….
-Vado, okei, poi ci sentiamo, mi chiami domani e ti dico, non preoccuparti, corro adesso.-
-Mario…-
-Eh?-
– Stanotte… dormi là in via Cigliano?…-
-Neanche chiedermelo, certo, mica vuoi rischiare con la serratura rotta e la porta aperta. Guarda che ore sono.-
-Grazie, sai….poi…-
-Ma sì, ma sì…ciao, poi ti dico.-

Mio cugino, per la paura, fuggì a gambe levate

IMG-20160514-WA0009.jpgSarà perché tutti quelli della mia famiglia non ci credevano molto a santi, Madonne, preti e via dicendo che qualcosa dovevamo pur cercare e trovare. La fede non era poi così profonda. Ma mica potevamo stare senza risposte.  Il pallino dell’esoterismo non me lo sono inventato io, era una necessità condivisa della famiglia. Cercare di dare una risposta a interrogativi che opprimevano un po’ tutti: E dopo cosa c’è?  Tutto finito e buona notte ai suonati e suonatori? Quando sta manfrina di vita finisce ci aspetta solo più il buio? Per dare una risposta negli scantinati di palazzo Mellana a Casale organizzavamo sedute spiritiche, pare che lì ci fossero delle concentrazioni di spiriti e di presenze ultraterrene. Mah! Roba seria, perdinci, così seria che una sera mio cugino si prese uno di quegli spaventi che mollò la seduta spiritica a metà e fuggì a gambe levate. Il motivo è che la seduta spiritica stava riuscendo proprio bene.

Tilde! Peppino! Attenti! L’acqua vi porta via!

matilde e fratelloQuando tiravamo la corda dovevamo immobilizzarci. Noi bambini. Io, mio fratello e i cugini. Mamma Rina e zia Angiolina facevano dei nodi stretti alla corda che teneva insieme un branco vociante di mocciosi. Lo facevano per paura che qualcuno di noi annegasse. Sulle rive del Po, d’estate. Quante volte! Non faccio fatica a ricordare. Quei quadretti di vita balzano alla memoria, con una nitidezza tutta particolare. Schiamazzi, corse, e poi i panini divorati da me e mio fratello per la gran fame.  Una baraonda di spruzzi, grida, richiami. Tilde! Peppino! Attenti che l’acqua vi porta via! E poi Tildin diventa ragazza mentre già l’arte bussava alla mia porta. Ma non solo quella.

Domande, solo domande. C’è qualcuno? Qualcosa che ci attende dopo la morte?

Ah! Che ne so? Aldo non sa spiegarmelo. Ho letto libri, articoli, io stessa sono la protagonista di fatti inspiegabili a cui ormai ho fatto l’abitudine. Fatti insoliti, straordinari, episodi paranormali che ho raccolto in un libro. Ma le risposte che voglio sono altre. Quando crepi, dopo morta succede ancora qualcosa o te ne vai nel gran buco nero o vieni parcheggiata momentaneamente in un gran parco spiriti come dice Mario. Per ritornare a nuova vita in seguito. Boh! L’idea del dopo vita mi ha sempre affascinato e tormentato, ho conosciuto anche una persona che ne sapeva parecchio sull’argomento, il giornalista e scrittore Renzo Allegri che ho ricevuto al Romito e sono andata anche a trovare. L’unico che non mi ha delusa, l’unico che mi ha dato alcune risposte ma non ha chiarito tutte le mie incertezze. Gli ho voluto fare un regalo. Insieme alla tela gli ho portato i disegni preparatori. Il soggetto è Padre Pio da Pietrelcina. So che il dipinto gli è piaciuto molto e ha anche scritto qualcosa sull’argomento.

allegriRenzo Allegri racconta come incontrò Matilde Izzia e cosa avvenne in seguito: –Al primo “contatto fisico” con le sue opera  ebbi l’impressione di trovarmi di fronte a una vera, straordinaria artista. In seguito, conoscendola meglio, capii che le mie intuizioni erano ben fondate. Matilde Izzia, come pittrice, ebbe una formazione rigorosa e ad alto livello. Nel mio studio tengo un quadro che raffigura San Pio da Pietrelcina. È appeso al centro di una vasta libreria, sulla parete di fronte al mio tavolo da lavoro. È un olio di un metro per ottanta centimetri, dipinto appositamente per me, nel 1994, da Matilde Izzia di Ricaldone. Ogni volta che stacco il mio sguardo dalla tastiera del computer o dalle pagine di un libro, alzando la testa, inevitabilmente poso lo sguardo su quel quadro, e provo una strana sensazione, che non saprei come definire, ma che è simile a una “sensazione di amicizia”. Ritengo sia dovuta al fatto che vedo il volto di una persona, Padre Pio, alla quale, nel corso della mia lunga carriera di giornalista, e per ragioni misteriose e curiose, insieme, ho dedicato centinaia di articoli e anche una decina di libri che sono stati tradotti in giro per il mondo. Quindi, ho avuto, con questa persona, e, dopo la sua morte, con la sua memoria, una lunga consuetudine che ha fatto nascere spontaneamente il legame di una vera e profonda amicizia.  In questa sensazione è, però, coinvolta anche l’autrice del quadro,  Matilde Izzia, una pittrice piemontese, che avevo conosciuto per altre  ragioni.-  Brano tratto da: I TESORI DELLA VALLE DI TUFO

Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016

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Ci sarà finalmente! Una mostra delle mie tele. Dopo così tanti anni!

aaaaaa Sacra Famiglia con sant'Orsola.jpgUna selezione di ritratti femminili, ce ne sono così tanti nella mia produzione. A Moncalvo, la città che ho amato e frequentato per anni. Su e giù per la Fracia, dentro il dedalo di strette vie a saliscendi. Per disegnare, rilevare scorci, vedute di palazzi e chiese. Sarà una bella mostra organizzata da ALERAMO, e la sede non poteva essere più prestigiosa: il museo civico di Moncalvo! Accanto alle tele di una delle mie pittrici preferite: Orsola Maddalena Caccia, suora e badessa dell’ex convento di Moncalvo fondato dallo stesso padre. 
Cosa ci potrebbe unire a quattrocento anni di distanza, visto che i soggetti ispiratori sono completamente diversi. I temi sacri, a parte una grande tela dipinta quand’ero giovane e gli affreschi della chiesetta di Castel Boglione, non affollano la mia produzione. Eppure c’è qualcosa che lega la grande artista monferrina e me. Oh! Al diavolo l’immodestia! Il punto di contatto esiste, ed è evidente e non poteva che essere caccia fiorila passione per la natura, l’amore per i fiori, gli uccelli, Immagine 25 luglio 137.jpgle piccole creature che popolano prati e boschi delle nostre colline. Foglie, piante, erbe, steli e petali, la natura nei suoi particolari. Così lei vede e dipinge con accuratezza e grande attenzione vasi, fiori, uccelli, foglie, facendoli rivivere di una seconda vita, tanto sembrano reali e pitturati con cura. Anch’io li ho dipinti, anche se con esito diverso, ma l’ispirazione, chiamiamola così tanto per capirci, è identica: l’attenzione verso questi soggetti “minimi”. Mi piace pensarlo. Unite nell’amore per la natura. A quattro secoli di distanza, anche se la mia pittura vive di altre ispirazioni, è sorretta da altre energie, e si sviluppa seguendo differenti direzioni. Ma amore e rispetto verso madre natura sono gli stessi. Non per niente non farei del male a una formica.

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Fagliela pagare Aldo! In aria l’hanno fatta saltare. Farabutti!

chiesa-sulla-collina[1].jpgIn aria l’hanno fatta saltare. Era una chiesetta come questa che oggi c’è a Moleto.  Farabutti! Ma ti rendi conto?! In galera devono andare, ma dimmi te se possibile! E la Sovrintendenza cosa faceva? Si grattava l’ombelico! E adesso cosa fanno? Me la ricostruiscono com’era! Bastardi! Loro e la loro cava di tufo. Tutto distruggono qui attorno. Tutto. E chi gli dice qualcosa, e chi li ferma?! Tanto a loro cosa gliene frega dell’arte e della storia! Dovevano smontarla se mai e ricostruirla, in un altro posto! Se gli dava così fastidio. Non farla saltare per aria. Loro e i loro sassi che Dio li strozzi coi sassi. Che gli vada per traverso la chiesa. Scrivi ai giornali, Aldo, scrivi che dei farabutti hanno fatto saltare in aria una chiesetta romanica e che poi hanno fatto sparire anche i resti per paura di essere scoperti. Farabutti! Aldo mi guarda, cerca di calmarmi, ma oggi sono fuori di me, una chiesa romanica si son fatti fuori quelli delle cave. Aldo è livido da far spavento, potesse li strozzerebbe. Quando siamo andati sul luogo del misfatto il giorno dopo abbiamo trovato solo macerie, pezzi di tufo spaccati. La chiesetta non c’era più. Avevano fatto sparire quasi tutto, e portato alla macina i reperti più significativi per paura che li scoprissero. Qualcosa siamo riusciti a salvare…ma è niente in confronto a quello che c’era.-