Pingue, sornione, ironico e un po’ spaesato, il primo. Scavato, polemico, irriverente e scandaloso il secondo. Orson Welles, Pier Paolo Pasolini e un terzo incomodo, sorta di seminarista, cameriere giornalista. Il mitico Orson Welles spaparanzato su una seggiola da regista si farà intervistare da lui nella pausa di lavorazione di un film e poi leggerà un brano di Pasolini da Mamma Roma. Era stato ingaggiato da Pasolini stesso per girare il medio metraggio del 1962. La ricotta ci ha fatto venire i brividi. I due grandi artisti anticipano di qualche decennio lo sfacelo, già allora in fase avanzata del desolante panorama socioculturale italiano. Avevano visto bene i due, profetizzando il degrado progressivo, veloce e inarrestabile della nostra società. Pasolini l’eretico, il grillo parlante, l’interprete mal visto dal PCI del sottoproletariato. Pasolini che condanna fascisti, critica comunisti e studenti che giocavano a fare la rivoluzione sulle barricate.

Pasolini che attacca la stupidità e l’ignoranza e che rimane inascoltato, che diventa voce e coscienza scomode di un cieco malessere socioculturale. Pasolini che vede nella televisione uno strumento di devastante sopraffazione psichica e di omologazione culturale. La vera arma del nuovo potere è subdola e plasmerà intere generazioni, dispensando illusioni, banalità e narcosi. Riuscirà la nuova politica dove il fascismo aveva fallito? Certo che ci riuscirà. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e si chiamano in primis perdita della propria identità e delle proprie origini, massificazione, rescissione di ogni legame col proprio passato. Una mutazione genetica rapida e incosciente che conduce rapidamente al nulla…governabile. Il nulla e sempre facilmente governabile. Ogni eredità culturale sarà spezzata e alla fine bandita e ci si occuperà di immigrazione spacciandola per l’unico vero problema di inizio millennio. E Orson Welles che c’entra? Il mitico Othello, regista di sé stesso in quella memorabile interpretazione, insulta la borghesia italiana che definisce ignorante, si scaglia contro i media e contro i loro padroni (ricordate Citizen Kane?) Legge un brano di Mamma Roma e ti fa venire la pelle d’oca, considerata la diabolica attualità di quel testo. (Anche se Il divo statunitense, quando gli venne proposta la parte, ammise di ignorare chi fosse Pasolini e venne convinto solamente dal cachè vertiginoso previsto.)
Tra i due nacque un curioso rapporto, che le fotografie documentano in modo unico. “Che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?” Pasolini farà dire a Orson Welles: “Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.” “Che cosa ne pensa della società italiana?” “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.” “Che cosa ne pensa della morte?” “Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione”.
Ci chiediamo che cosa avesse realmente compreso Orson Welles di quelle battute. Il regista Orson Welles, dopo aver letto una poesia di Pasolini (“Io sono una forza del passato…), tenendo tra le mani il libro Mamma Roma, dice infine al giornalista (mentre quest’ultimo idiotamente ride): “Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste… Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione… e il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale… Addio.”

In un breve scritto del 1961, infine, Pasolini così si espresse: “Nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme, viviamo e sopravviviamo. Così anche ogni cultura è sempre intessuta di sopravvivenze. Nel caso che stiamo ora esaminando [La ricotta] ciò che sopravvive sono quei famosi duemila anni di “imitatio Christi”, quell’irrazionalismo religioso. Non hanno più senso, appartengono a un altro mondo, negato, rifiutato, superato: eppure sopravvivono. Sono elementi storicamente morti ma umanamente vivi che ci compongono. Mi sembra che sia ingenuo, superficiale, fazioso negarne o ignorarne l’esistenza. Io, per me, sono anticlericale (non ho mica paura a dirlo!), ma so che in me ci sono duemila anni di Cristianesimo: io coi miei avi ho costruito le chiese romaniche, e poi le chiese gotiche, e poi le chiese barocche: esse sono il mio patrimonio, nel contenuto e nello stile. Sarei folle se negassi tale forza potente che è in me: se lasciassi ai preti il monopolio del Bene.
Citazioni tratte da Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte violenta. E oggi? Né destra, o sinistra, o borghesia, o pale d’altare, e nemmeno poteri forti camuffati o seminaristi detentori del monopolio del Bene. Politica, pubblicità, spazzatura, ignoranza, e arroganza vanno a braccetto. Politici e detentori di potentati economico finanziari hanno il volto opaco che ci propina la TV di stato, asservita al girotondo della maggioranza di turno, schiava di sé stessa nell’ammansire le masse, nell’occultare i nostri miti, le nostre leggende, il nobile passato che ci accomuna. Politici, corruttori e corrotti, veline, nottambuli e balordi danarosi in compagnia di mammelle, deretani, sorrisi, schiume da barba, libri rivelazione fasulli scritti da veline, calciatori e presentatrici televisive, collutori e medicinali per defecare meglio. E gli intellettuali? E i registi? E i poeti? e i grandi artisti come Welles e Pasolini? Speriamo solo che nessuno si azzardi ad alzare la mano dicendo: Presente. Io ci sono. Il nulla e il buio dell’intelligenza esigono un minimo di ritegno. Nel buio stiamo brancolando. La loro morte chiede rispetto. Comunque, se c’è qualcuno che ha da dire qualcosa in merito o da protestare batta un colpo.