te la do io l’America!

Gli articoli di Lorenzo Ferrara molti dei quali inediti, come questo brano, coprivano un vasto range di argomenti. Cronaca, attualita politica, Storia erano fonte di continua “ispirazione”. Dai libri coglieva l’essenziale, come in questo caso:
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La sua crescente arroganza, in parte come difesa contro i suoi sentimenti di abbandono e come antidoto alla sua mancanza di autostima, è servita da copertura protettiva per le sue sempre più profonde insicurezze.

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La sua vita attuale è simile a quella di quando aveva tre anni: incapace di crescere, imparare o evolversi, di regolare le sue emozioni, moderare le sue risposte o assorbire e sintetizzare informazioni.
Le sue insicurezze hanno creato in lui un buco nero di bisogno che richiede costantemente la luce dei complimenti che scompare non appena li assorbe. Niente è mai abbastanza. Non è semplicemente debole, il suo ego è una cosa fragile che deve essere rafforzata in ogni momento perché sa nell’intimo che non è niente di quello che afferma di essere. Sa di non essere mai stato amato. Non sa nulla di politica, educazione civica o semplice decenza umana; è completamente impreparato a risolvere i suoi problemi. Sembra che ci sia un numero infinito di persone disposte a unirsi alla claque che lo protegge dalle sue inadeguatezze mentre perpetua la sua fiducia in se stesso. 

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Il paese ora soffre della stessa positività tossica che mio nonno ha utilizzato specificatamente per soffocare la moglie malata, tormentare il figlio morente e danneggiare, oltre la guarigione, la psiche del suo figlio preferito.”
Hai certamente capito di chi sta parlando il libro.
L’autrice è Mary Trump, psicologa clinica con un dottorato di ricerca e insegnante di corsi di specializzazione in psicologia dello sviluppo e del trauma. È l’unica nipote di Donald Trump e in passato si è espressa contro lo zio. 

How my family created the world’s most dangerous man recita il sottotitolo, di Mary L. Trump
Oggi Donald regge gli Stati Uniti, democraticamente eletto, oltre ad alzare dazi, fa pappa e ciccia con BIBI the butcher, prolungando la tragica messa in scena di Gaza, per edificare, si dice, un Tigullio medio orientale. Del resto la pulizia (etnica) della zona, con annessa deportazione, l’aveva già pronosticata suo genero, ignoriamo se incoraggiato dalla moglie Ivanka Trump, neo ebrea per vocazione.

Donald trova il tempo di bamboleggiare col criminale russo, e prendersela con due icone sacralizzate del pop rock, definendo Bruce Springsteen ‘Questa prugna secca di un rocker’. The Guardian Ben Beaumont-Thomas, 16 maggio 2025. Donald lo attacca  dopo i discorsi infuocati di Springsteen che aveva detto di lui cose poco carine, quali: “traditore”, “presidente inadatto” a capo di “un governo canaglia”, e di una “amministrazione corrotta, incompetente e traditrice”. Beh Bruce ci va giù duro e Donald risponde per le rime, definendo Springsteen sulla sua piattaforma Truth Social,  “non un ragazzo di talento, altamente sopravvalutato, ma solo uno JERK invadente e odioso”.

Mentre “Trump che detesta chi non lo ama, lancia un nuovo attacco a Taylor Swift The Independent, Inga Parkel, 16 maggio 2025, sostenendo che la soubrette non è più sexy da quando lui ha detto di odiarla. La superstar pop si è trovata dalla parte sbagliata per aver appoggiato Kamala Harris. Donald ha condotto anche altri attacchi contro di lei sostenendo che la superstar “non è più alla moda”, scrivendo dal suo account Truth Social: “Qualcuno ha notato che, da quando ho detto ‘IO ODIO TAYLOR SWIFT’, lei non è più ‘hot?’” dice il sornione Donald con le maniche rimboccate, prima di una seduta di golf. Mentre Harry The british prince se ne sta zitto per via del permesso di soggiorno in bilico che Donald aveva già minacciato di ostacolare per via dell’uso confesso di stupefacenti da parte del principe. Per la serie “ve la do io l’America!”

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raccolte in un volume:

Catilina insidiava Roma?

Catilina fra noi, dopo più di duemila anni. Una manciata di pagine per il capolavoro di Sallustio che lascia senza fiato. È un preciso avvenimento della Roma antica in cui giganteggiano alcuni illustri protagonisti, nella capitale, perennemente preda di fermenti sociali. Cicerone, Catilina, Catone e Cesare si muovono sull’instabile palcoscenico in un clima drammatico e politicamente precario.

È il 63 avanti Cristo e a confrontarsi in quel periodo arroventato, sono plebei contro potenti, oppressi e diseredati contro signori corrotti e arroganti, l’idea ambiziosa e forse presuntuosa e tuttavia sincera della rivolta risolutrice contro lo stato di diritto, anche se non più integerrimo e ancora l’abuso e la corruttela contro il rigore di una moralità ormai perduta e di cui c’era il ricordo (e il rimpianto?) Dopo più di duemila anni siamo forse al punto di partenza? Poco, infatti, sembra essere cambiato per le classi sociali in conflitto, allora come ora. E ci viene il perfido dubbio che se né la rivoluzione francese, né quella marxista leninista sono riuscite a instaurare una solida, dialettica equità fra le parti sociali, nella seconda in verità si voleva sostituire, abbattendola, un’intera classe sociale, il motivo risiede nell’impossibilità di quell’attuazione; se l’immane rivolgimento di coscienze e aspettative teorizzato e promosso da Marx Engels e Lenin e poi degenerato si è risolto ancora una volta in una fallace rovinosa utopia, allora significa che proprio nulla potrà in futuro davvero risolvere tale conflitto. Sono dubbi legittimi? Conflitto evidentemente insito nella specificità stessa dei rapporti fra le classi e funzionale alla loro stessa natura. Possiamo anche sbagliarci, anche se l’evidenza dice quello. Ma qui il discorso ci porterebbe fuori dal seminato. Esaustiva e avvincente come solo poche prefazioni sanno essere, le pagine di Lidia Storoni Mazzolani vanno subito al cuore del problema:

Catilina and his soldiers drink blood, Bartolomeo Pinelli, 1819, Lucius Sergius Catilina and his soldiers drink the blood, mixed with wine, of a dead slave, print maker: Bartolomeo Pinelli, (mentioned on object), Rome, 1819, paper, etching, h 315 mm – w 422 mm. (Photo by: Sepia Times/Universal Images Group via Getty Images)

Fu un evento grandioso e terribile. Certamente a Roma se ne parlò per anni e forse i contemporanei e, due decenni più tardi, i lettori del breve saggio di Sallustio si posero gli stessi interrogativi che ci poniamo noi dopo duemila anni: Catilina era veramente quel mostro di ferocia e depravazione che hanno descritto Cicerone e Sallustio? Qualora Catilina non fosse stato ripetutamente frustrato nelle sue aspirazioni e fosse riuscito ad attuare legalmente e poco per volta i provvedimenti che lui stesso con tutto l’animo auspicava, specialmente quelli riguardanti situazioni particolarmente inique -come quella dei debitori e i figli dei proscritti di Silla, la sua figura non sarebbe forse passata alla storia come un accorto e attento riformatore, il cui interesse privilegiato era rivolto al bene comune, anziché come un losco e bieco terrorista? Era stato solo a concepire il suo piano rivoluzionario o l’avevano segretamente incoraggiato mandanti autorevoli, Cesare e Crasso, in odio a Pompeo ? La congiura di Catilina è opera che lascia senza respiro, complice la serie di colpi di scena e la trama incalzante degli avvenimenti che si dipanano, rapidi sino al finale. Sul campo di battaglia gli insorti, male equipaggiati e animati da sentimenti di rivalsa e cambiamento sociale, suggestionati dalla figura potente e sinistra di Catilina moriranno da prodi. Un esercito di ribelli che aveva tentato il tutto e per tutto per abbattere il sistema, ingiustizie e iniquità. Saranno tutti uccisi guardando in viso il nemico, cioè lo stato che volevano più giusto, onesto, umano e solidale con le necessità del popolo. Se quello scontro dopo due millenni affascina e turba ancora il lettore è anche perché non è stata ancora fatta piena luce su protagonisti e moventi di allora.

Un bel grattacapo per lo stesso Sallustio che, alla fine, sembra voler rivalutare la figura di Catilina, se non altro sotto il profilo del valore e del coraggio dimostrati. Stesi morti in quel lontano 63 avanti Cristo furono nullatenenti, sognatori, fuorilegge, malfattori e propugnatori di uno stato più giusto. Alla radice di quello scontro ci fu un complotto così vasto da turbare l’intero Senato romano. Velleità rivoluzionarie e sogni di rivalsa furono così soffocati nel sangue, nel nome intoccabile di Roma, di quella città ancora grandissima e potente, ma certamente assai lontana dal mitico rigore morale che aveva ispirato gli esordi. Un grande piccolo libro che si legge in poche ore. L’edizione scelta è un prodigioso volumetto stampato su carta ecologica dalla mitica Newton Compton che sfogliavo in metro, a Milano, costava la metà di un caffè.