inveivo contro i sacchetti di plastica?

Nulla è mutato, se mai peggiorato, perché son passati dieci anni inutilmente da quando scrivevo: LA PLASTICA UCCIDE e adesso lo ripeto: LA PLASTICA UCCIDE e continua a farlo. E tu e io cosa facciamo?
Dal sito di Legambiente di qualche tempo fa , leggo: Una petizione per dire Stop ai sacchetti di plastica, in nome del rispetto per l’ambiente dell’Italia e del pianeta, e tutti i numeri sugli shopper e i loro danni alle specie viventi sono stati presentati a Milano da Legambiente in una conferenza stampa.

I primi 1.500 cittadini che hanno firmato sul web – ha dichiarato Andrea Poggio, (anni fa) vicedirettore di Legambiente – non chiedono solo a governo e negozi di decretare la fine dell’inutile orgia di plastica a perdere, ma si impegnano individualmente a farne individualmente a meno. Ci attendiamo ora l’adesione dei volontari di Puliamo il Mondo. Il sacchetto di plastica è l’emblema dell’economia dello spreco, la sporta o il sacchetto elegante riutilizzabili sono tornati di moda: milioni di tartarughe, pesci e uccelli marini ci ringrazieranno. La petizione – può essere sottoscritta online su   www.legambiente.it Proveremo a mantenerci lontano dalle polemiche e dalla campagna di stampa a cui accenna il comunicato stampa di ottobre 2010 della UNIONPLAST, a proposito degli shoppers: Messa al bando dei sacchetti di plastica, confutando ciò che essa sostiene. Anche noi abbiamo ricevuto il comunicato della UNIONPLAST e rispondiamo. La prima affermazione tanto perentoria quanto provata è che: La plastica uccide. La seconda è che la plastica uccide perché indistruttibile.

La valorizzazione del fine vita: riutilizzo, recupero di energia, recupero di materia a cui si riferisce UNIONPLAST non soddisfa e anzi allarma coloro i quali vorrebbero arrestare la folle corsa all’impiego della plastica di consumo. La plastica uccide e per distruggerla occorre introdurla negli inceneritori che a loro volta inquinano, liberando in atmosfera particelle non proprio salubri che fanno ammalare. Riutilizzare i sacchetti per ricomporre la materia: Chi lo fa? E in che percentuale?  E così la plastica fa morire gli oceani, il plancton, i pesci e alla fine l’uomo. Cose dette e ridette fino alla nausea. La plastica senza clamore, a distanza di anni continua a uccidere. Davvero continuiamo a nasconderci dietro alle assenze di decreti approfittando di legislazioni carenti in materia a livello europeo? Gli shoppers uccidono. Non esistono recuperi efficaci contro il loro diffondersi, essi vanno, vuoti o pieni, a finire in discarica, che sono già ricolme di plastiche diverse fra loro e cioè non assimilabili, quindi difficilmente recuperabili. Ma se è ormai impossibile rinunciare all’impiego della plastica: le plastiche “nobili” ci accompagnano ovunque, dai veicoli ai mobili, dalle imbarcazioni ai velivoli, materiali ormai divenuti insostituibili, per i prodotti di consumo invece: bottiglie, shopper, flaconi contenitori usa e getta per alimenti, solo per citarne alcuni, quelli che vanno a ingolfare gli scaffali dei supermercati, per capirci, il discorso cambia e ne chiediamo il bando.

E non c’è carenza legislativa a giustificarne ancora l’impiego. Sarebbe come nascondere il mostro dietro una foglia di fico. Quel tipo di plastica uccide la vita e questo deve essere detto senza tema di smentite. Essa inquina gli oceani, rilasciando una melma difficilmente visibile, che galleggia in superficie, una palude di fanghiglia plastica che ammorba l’ecosistema degli oceani. Mettere al bando i sacchetti di plastica e le confezioni usa e getta non è un capriccio di ecologisti isterici, sempre pronti a urlare: dagli al mostro! ai danni di chi opera nel settore della lavorazione della plastica, ma un imperativo anche se, come recita il punto 3 del comunicato UNIONPLAST: Non esiste nessuna direttiva europea che preveda la messa al bando del sacchetto di plastica. Gli shoppers uccidono. Non esistono recuperi efficaci contro il loro diffondersi, essi vanno, vuoti o pieni, a finire in discarica, che sono già ricolme di plastiche diverse fra loro e cioè non assimilabili, quindi difficilmente recuperabili. Ma se è ormai impossibile rinunciare all’impiego della plastica: le plastiche “nobili” ci accompagnano ovunque, dai veicoli ai mobili, dalle imbarcazioni ai velivoli, materiali ormai divenuti insostituibili, per i prodotti di consumo invece: bottiglie, shopper, flaconi contenitori usa e getta per alimenti, solo per citarne alcuni, quelli che vanno a ingolfare gli scaffali dei supermercati, per capirci, il discorso cambia e ne chiediamo il bando. E non c’è carenza legislativa a giustificarne ancora l’impiego.

Oltre alle parole mi affido ai numerosi documentari che appaiono su youtube. Il messaggio è chiaro, la plastica (quel tipo di plastica) uccide, l’enorme isola di detriti in mezzo all’Oceano Pacifico si allarga, da decenni inghiottendo la vita. Forse è meglio studiare rapidamente valide alternative. L’UNIONPLAST e tu che mi stai leggendo non siete forse di questo avviso? Caro blogger che mi leggi, sarebbe gradita la tua idea.

c’erano le api?

E ogni altra sorta di fastidioso terribile insetto? Non dirmi che non ti senti più tranquillo quando vai a fare scampagnate. C’era sempre da stare all’erta, fra api, vespe giganti e aggressivi calabroni di importazione provenienti dall’Asia. E dunque: ti ricordi quando ronzavano le api? Finalmente siamo riusciti a farle sparire dalla faccia della terra! Qualche buona notizia ci va, era ora! Quando si dice il progresso! E miracoli della ricerca scientifica. È bastato modificare la percentuale del glifosato in pesticidi e diserbanti particolarmente indigesti alle api e ci siamo liberati di loro!

E pensare che si pensava di sospendere la produzione di pesticidi e di vietarne l’uso! Quelli della citta di Corinaldo poi, a difendere a spada tratta l’ambiente parlando dell’effetto dell’impiego distruttivo di diserbanti indigesti per gli insetti impollinatori, dedicando particolare attenzione proprio alle api. Quante esagerazioni! Ci sono state perdite nella produzione di molti cibi, questo bisogna ammetterlo, ma è un fatto, prevedibile di cui si era già a conoscenza, chiamiamolo danno collaterale. La duttilità e la digeribilità della nuova plastica ad uso alimentare ha tuttavia definitivamente risolto il problema. Del resto confetture, propoli, fragole, formaggi, yogurt e miele sintetico prodotti dalla macerazione in atmosfera controllata di alghe e foglie d’acero clorinate e dalla distillazione dell’ultima spremitura di vinacce (tutti brevetti statunitensi!) consente produzioni alimentari succedanee a quelle “naturali” che va oltre ogni più ottimistica e promettente previsione. Il miele naturale dipendeva dal lavoro degli insetti, cose davvero riprovevoli al giorno d’oggi: dipendere dagli insetti! Se ci pensi un po’ fa anche ribrezzo. Fra parentesi il miele sintetico è buono, fa bene alla salute, quasi quanto quello naturale, lo dice la pubblicità, è digeribile e dietetico e puoi sceglierlo fra seicentoventi retrogusti diversi e anche facilmente reperibile in ogni supermercato. La sparizione radicale delle api dalle nostre città e campagne in via (si spera) definitiva va incontro a nuove idee di progresso che non hanno timore di contrastare vecchi e immotivati timori, infrangendo consuetudini plurisecolari. Alla fine, pensaci bene: è solo una questione di abitudine, come l’anacronistico: leggere un libro o scrivere con carta e penna! Vuoi mettere la portata e la rilevanza delle gare internazionali di video giochi a cui assistono centinaia di migliaia di spettatori. Ma non farmi divagare. Plastica è bello e Plastica è presente e futuro! e Plastica gustosa e digeribile! Dicevamo. Per la nostra salute e per il nostro portafogli. E poi pensaci un attimo: Mica ti porti le api su Luna e Marte quando colonizzeremo i due pianeti. E allora dove sta il problema? Una volta assuefatti e tranquillizzati che non c’è davvero pericolo ad assumere sostanze a base di anidride ftalica modificata e di diisononilftalato contro il cui impiego si sono levati i clamori delle associazioni ambientaliste ed ecologiche di mezzo mondo, siamo tutti tranquilli. Quelli non vogliono nemmeno sentir parlare di radicali contromisure atte a liberarsi di effetti nocivi di fastidiosi insetti fuori controllo.

Esagerati! Anche se pungevano raramente, la vista di un alveare in piena attività non era del tuttto rassicurante, bisognava allontanare i bambini e avvisare qualcuno di esperto se non gli stessi pompieri che ci avrebbero pensato loro a rimuovere il nido. Ma quelle erano le famigerate vespe, con le api non c’entrano. E poi quei proclami così allarmistici che sostenevano che la scomparsa delle api avrebbe portato a danni davvero devastanti per le nostre economie: In particolare, fino al 35 per cento della produzione di cibo a livello globale dipende dal ruolo svolto dalle api. Delle 100 colture da cui dipende il 90 per cento della produzione mondiale di cibo, 71 sono legate al lavoro di impollinazione delle api e, solo in Europa, ben 4mila diverse colture crescono grazie alle api (dati Unep – United Nations Environment Programme).– Questo significa che, se questi preziosi insetti sparissero, le conseguenze sulla produzione alimentare sarebbero devastanti. Chi impollinerebbe le coltivazioni? L’impollinazione artificiale è una pratica lenta e costosa mentre il valore di questo servizio, offerto gratis dalle api di tutto il mondo, è stato stimato in circa 265 miliardi di euro all’anno. Questo dice il sito NON SPRECARE.it. Diserbanti e prodotti chimici per l’agricoltura ci hanno aiutato a disfarci degli insetti, dico io, del resto ci sono i musei per ammirare coleotteri e insetti in genere, se uno proprio soffre di nostalgia.

Okei, ci sei cascato! Ammettilo. Per un attimo hai pensato: ma questo è matto! SPERO TU NON CREDA UNA PAROLA DI QUANTO SCRITTO SOPRA! Se pensassi davvero così sarei un pericoloso criminale da rinchiudere, istruire e riscolarizzare e da tenere sotto osservazione. Le cose stanno esattamente al contrario e sottosopra. Pensate che ho monopolizzato tre quarti del mio orto per nutrire ogni sorta di api!

Ce ne sono di enormi, super indaffarate e nere ma basta non disturbarle mentre si succhiano i miei fiori di salvia, mora e lavanda. Se le api sparissero sarebbe un disastro, una di quelle vergogne storiche per far contenti quelli della Bayer e della Monsanto che di pesticidi se ne intendono, vivendoci alla grande e prosperando sulla pelle delle api e mia e tua. E poi non vorrei anche che se la prendessero quelli del favoloso sito di Corinaldo. Bravi loro che prendono a cuore i loro luoghi meravigliosi e di grande suggestione! Se mai dovessi rientrare in Italia Corinaldo sarebbe il primo luogo in cui andrò! Passo e chiudo.

in mare c’erano migliaia di dugonghi?

Non è un fotomontaggio, anche se sembra vive davvero. Se c’ è un animale innocuo, inerme, timido e che se ne sta per i fatti suoi, senza dare fastidio a nessuno e di cui manco ti accorgi è proprio il dugongo. Una “roba” vivente buffa e tozza, imparentata con un enorne peluche di stoffa per bambini che vivono su Marte e un aspirapolvere di grande potenza. Se lo guardi bene sembra che sorrida. Mangia erba la mucca del mare, di notte e di giorno, trattandosi di un mammifero marino completamente vegetariano che raggiunge il peso di 500 chili. Non estraneo alle storie e leggende che si raccontano sulle sirene. Le tracce risalgono a circa 6.000 anni fa: i primi resti sono stati individuati nelle zone dell’Akab Island, negli Emirati Arabi. Il mammifero è  imparentato con l’elefante, anche se mister zanna non ha un aspetto né un comportamento simile al dugongo.

Bruca come un autentico erbivoro dragando letteralmente il fondo alla ricerca di erba e alghe. Che poi mastica rumorosamente con i labbroni, ruvidi come lime. Il nostro amico può rimanere senza respirare sei minuti prima di tornare a galla. per prendereo fiato e, se è di buon umore, si esibisce “alzandosi” sulla coda con la testa fuori dall’acqua. I dugonghi trascorrono molto tempo in solitudine o in coppia, anche se a volte si sono avvistati grandi gruppi di un centinaio di individui. Perche parlo al passato? Perche li abbiamo decimati e oggi sono, si fa per dire specie protetta. Le femmine partoriscono un unico cucciolo dopo una gravidanza di dodici mesi, e la madre aiuta il piccolo a salire in superficie per compiere il primo respiro. Il giovane dugongo resta accanto alla madre per circa 18 mesi, facendosi a volte portare in groppa.
In VIRGILIO NOTIZIE il 19-08-2019 12:39 appare la seguente notizia: Addio a Mariam, il dugongo che abbracciò i suoi soccorritori.

Un’infezione causata dai rifiuti di plastica ingeriti ha portato alla morte Mariam, la cucciola di Dugongo che accolse i soccorritori abbracciandoli. Diventata famosa per aver “abbracciato” i soccorritori che erano intervenuti per salvarla, la cucciola di dugongo Mariam purtroppo non ce l’ha fatta. A esserle fatale è stata, in particolare, un’infezione causatale dai rifiuti di plastica ingeriti in acqua che le hanno causato uno shock da cui non si è più ripresa. A nulla sono valsi i tentativi di rianimazione attuati degli operatori del parco marino in cui il giovane esemplare si trovava da qualche mese. A Chaiyapruk Werawong Mariam era stata, infatti, trasferita, dalle acque tailandesi dopo l’abbandono da parte della madre. Il mammifero marino, come ha spiegato il responsabile del parco “è morto per infezione sanguigna e pus allo stomaco”.

E proprio negli organi interni del celebre dugongo sono stati ritrovati rifiuti plastici fra i quali uno lungo oltre 20 cm. Il materiale inquinante ha ostruito il sistema digerente con conseguente infiammazione, come specificato dalla veterinaria Nantarika Chansue. Che poi aggiunge: “Ci ha insegnato come amare, poi se n’è andata chiedendoci per favore di dire a tutti di prenderci cura e conservare la sua specie”. Il dugongo, infatti, è fra gli animali che rischiano l’estinzione e le plastiche in mare sono fra i pericoli letali per la loro sopravvivenza. Ma sai che non riesco nemmeno a commentarla questa notizia? Soprattutto se guardo il video.

c’era la plastica?

Anno 2250
Ti ricordi quando tutto era di plastica, anche il fegato di delfini e salmoni e anche i fondali del mare era costituito di quel materiale? Ti ricordi di quando avevano installato la prima barriera di corallo in plastica al largo della Sardegna? Un successo! Per far vedere com’era una volta e incrementare il numero di turisti che volevano fare immersione e vedere nuove meraviglie sul fondo. Nessuno più andava sul mar Rosso in vacanza. E anche l’acqua degli oceani era fatta di plastica che si disgregava sotto il sole e col movimento dell’onda, producendo un pantano galleggiante che calmava le onde.

Oggi la plastica è un prodotto d’antiquariato industriale. Un reperto, quasi un fossile che un tempo dicevano avvelenasse il nostro cibo e insozzasse le coste dove andavamo a fare il bagno. Esagerazioni! Bastava scegliere un’altra spiaggia meno inquinata. Anche se era molto difficile trovarla. Ma non tutti erano d’accordo, con la plastica si poteva benissimo convivere. E ci furono movimenti d’opinione di opposta tendenza. Dopo le numerose rivoluzioni contro il suo uso indiscriminato e la drastica decisone di bandirla per sempre dalla faccia della terra oggi la si può trovare in qualche museo. E di quando foche e tartarughe, tanto per giocare, si infilavano sacchetti in testa, quelle burlone, te ne ricordi?

E di quel pesce che, tanto per provare l’ebbrezza, si era attorcigliato un laccio fra pinna e testa e quell’anitra che aveva fatto scivolare il capo in una bottiglia. Gli umani avevano imparato ad adeguarsi, dovevano farlo anche gli animali, si capisce, loro sono più lenti di comprendonio. E di quando il mondo andava in fibrillazione celebrando il suo fasto creativo per aver inventato plastiche per tutti gli usi immaginabili e non, te ne ricordi? Plastiche indistruttibili, invitanti, belle, solide e colorate e infine commestibili! Plastiche che coprivano i campi, per proteggere le coltivazioni, con reti e teli grandi come campi di calcio…ma forse quelli erano indicate per le discariche; plastiche per andare in barca e giocare a tennis, di plastica erano i soldatini e gli indiani con cui ti trastullavi e i mattoncini colorati per sviluppare le tue doti inventive. Di plastica solubile erano coperti confetti e pasticche. Mica vorremmo contestare il merito a Natta, gloria nazionale, che si era vinto anche il Nobel, tutt’altro. Se ti fossi recato all’uscita di un supermercato ti saresti chiesto come era possibile che la gente sguazzasse nel suo mare pubblico e privato di plastica, con le sue quotidiane razioni di cibo avvolte in involucri trasparenti o colorati, e che se ne cibasse, anche. Ma che male c’era? Lo facevano in tanti, lo facevano tutti, era così pratico e a buon mercato. Perchè un tempo nei paesi più evoluti la plastica la pappavano tranquillamente, bastava sorvolare sui suoi effetti collaterali. Frullata o solubile, in scaglie e granuli. Per nausea e mal di stomaco c’erano certe portentose pasticche di plastica, senza alcun obbligo di pescrizione. In diverse zone della città erano stati installati distributori automatici per pasticche dure e gommose e confetti alla plastica, ce n’erano per tutti i gusti. Non dirmi che non ricordi i primi chewing gum multiaroma, che si arrotolavano sotto la lingua: indistruttibili! Li potevi trovare anche dall’edicolante, erano in bustina e facevani il paio con soldatini e cavallini sempre di plastica. Da poco era stati messi sul mercato. Nei supermercati erano apparsi filetti di manzo fatti in polipropilene atattico, era il 2019, e il gusto era identico a quelli animali. Tutto stava per essere convertito in plastica, anche gli umani. Plastiche monouso, plastiche usa e getta, plastiche per gettoni, bottoni, e plastiche skin per petti di pollo, coglioni di toro e guance di neonati, plastiche per aghi, spaghetti e profiterolles, e bottiglie di plastica, ovviamente! A milioni! Un mare dentro gli oceani, potenza creatrice dell’uomo! Un sollucchero per consumatori esigenti. I nuovi metacrilati e nuovi polietilenglicoli in versione commestibile finivano in tavola, conditi con limone e un goccio d’olio per non alterare il gusto di sogliola o di scaloppina. Chi non ha assaggiato la sogliola polimerizzata al rosmarino, più appetitosa di quella animale? Ti ricordi com’era buona, ce n’erano al gusto di fragola e di pistacchio. Ma quelle erano per i sofisticati. E i vini grignolino e barbaresco, prodotti senza usare le loro uve ma spremendo certe vescicole contenenti metacrilati anionici solubili, reperibili anche nel colorificio sottocasa. Mio cugino aveva messo in piedi un gran commercio di galline di plastica, incellofanate con un rametto di rosmarino o salvia. Un successo che descriveva la lungimiranza di mio cugino. Le massaie ne andavano pazze. Le galline di plastica non sporcavano e crescevano in fretta. E poi non bisognava spennarle, crescevano spennate. Dopo un po’, seguendo il loro orologio biologico programmato da mio cugino crepavano, pronte per essere confezionate. Non le aveva brevettate mio cugino e allora una multinazionale americana gli aveva scippato l’idea. Poi qualcuno ha cominciato ad avanzare dubbi, come spesso accade quando le cose han troppo successo. Protestavano, associazioni di naturalisti, ambientalisti, ecologisti, verdi, amanti della natura a ogni costo e vacanzieri che reclamavano per via della spazzatura di plastica che si accumulava sulle loro spiagge. Cosi la chiamavano, gli ingrati: spazzatura! Dicevano che la plastica inquinava! Che la plastica uccideva la vita nei mari. Ci furono proteste ovunque e anche scontri. Le multinazionali della plastica temevano per i loro profittii e cercavano di proteggerli foraggiando studi di ricercatori antiproibizionisti. Che non bisognava più mangiarla e nemmeno produrla! dicevano certi studi, sicuramente apocrifi di chi non voleva un mondo pacificato dalla plastica. Correva l’anno 2019 e alcuni degli argomenti che gli ecologisti portavano erano questi, qui di seguito elencati, ne abbiamo raccolto alcuni dagli archivi di quegli anni.

270 mila tonnellate, tra 6 mila e 51 miliardi di frammenti. Sono le stime sulla quantita di plastica presente negli oceani e nei mari del mondo, senza scordare laghi i fiumi. Dal Tirreno all’isola di Lombok la plastica incombe.
Le discariche di plastica
La seppia col preservativo
L’agonia delle tartarughe
Le immagini shock
La morte corre sulle spiagge e nei mari, stop alle plastiche monouso
L’orrore corre in rete
L’isola di plastica

Mi sono appena svegliato. Non era il 2250, anno in cui ogni produzione di plastiche è stata ridotta del 90%, ma il 2019. Vorrete scusarmi. L’incubo è tuttora in corso.

I miei insopprimibili indizi di scrittura

non c’era tutta questa schifezza?

Ti ricordi quando non era ancora infettata? Di quando aveva senso parlare di mari incontaminati e aria pura. La terra. C’era la pubblicità del tonno a ricordare i mari incontaminati, poi l’hanno tolta. Aveva senso perché allora c’erano davvero mari e terre intonse, come quelle che aveva visto Charles Darwin attorno al mondo, tanto per intendeci.

Io lo posso dire che da tempo ho superato tre volte la soglia degli ‘anta. Devi sfare uno sforzo di memoria, lo so. E se sei giovane non puoi ricordare quando c’erano mari puliti. Perché non ce n’erano già più dieci anni fa. Il catastrofismo non è buon consigliere ma se gli Americani producono ogni giorno due chili di rifiuti da smaltire te cosa ci puoi fare? Che ne produci la metà o un quarto. Stanno immaginando una nuova era di inceneritori gli americani, cioe stanno facendo un passo indietro. Pensi che il problema non ci riguardi? Tutt’altro. Ma tutto quello che vedi in queste foto e farina del nostro sacco, lo abbiamo costruito noi, giorno per giorno, da decenni. Prima non c’era, cinquanta, sessant’anni fa non esistevano queste schifezze. Frutto inevitabile del nostro vivere tecnologico e post industriale. Troppo facile criticare? Niente di nuovo, ti è  servita la plastica? Adesso te la tieni, e te la mangi anche, comprese le vecchie

reti per la pesca che intrappolano perfino balene. Indistruttibili, e ricettacolo di altri detriti plastici altrettanto indistruttibili. E con la plastica altro materiale sintetico non degradabile. Mi sembra colpevole non rammentare e ricordare a noi stessi che siamo seduti su una polveriera. La miccia è stata accesa da un pezzo. Ti ricordi quando le spiagge erano esenti da rifiuti? La marea restituiva solo gusci di conchiglia e pezzi di legno, o al massimo, qualche schifezza di catrame solidificato. Ma era l’eccezione. Al massimo ti sporcavi il costume da bagno. Qui invece è  diverso, la faccenda della spazzatura di cui non sai cosa fare, coinvolge tutti, e suonare le sirene d’allarme pare che non basti. A Londra fanno campagne contro l’uso delle cannuce di plastica, bene….ma basta che non ci prendiamo in giro da soli osannando un popolo di veri ecologisti. Mettiti davanti all’ingresso di Esse Lunga o Penny o Tesco, Waitrose o Lidl o di qualsiasi supermercato, e mi saprai dire. Fai la campagna contro le cannucce e non la fai contro buste,

confezioni di cibo, bottiglie e tappi e ogni cosa che puo essere avvolta e impacchettata da film plastici vari?! Pongo l’ennesimo inutile dito fra i molti che indicano la piaga comune? Non sono nemmeno originale, lo san tutti che ci stiamo tagliando l’erba sotto i piedi e che avveleniamo il piatto in cui mangeranno i nostri nipoti. Di originale ho poco da dire. Se si ferma la catena di certe produzioni per bloccare quest’affronto al suolo, all’acqua, all’aria e agli animali, ci fermiamo noi, il nostro modo di vita si inceppa, si deteriora, impoverendosi, e i successi e le comodità acquisite svaniranno: e così che la pensi? Allora sbagli, lasciatelo dire. Il nostro modo di vivere, di mangiare, di pensare, le nostre smanie di progresso e di benessere a ogni costo. A questo costo? A che prezzo? A questo prezzo? Da schifo, eh?

Magari in quei posti infernali c’erano acque pulite e trasparenti. E colline verdi. Le abbiamo fatte noi le colline, colline di spazzatura, compresse, con strade e veri gabbiani di plastica annessi eccetera nei pressi delle città , e dove sorgono significativi conglomerati urbani. Facciamo lo studio di sostenibilità. Eco sostenibile, a basso impatto ambientale. Ma non vedi che sono solo parole?! Balle! Quale sostenibilità? se anche i gabbiani ormai hanno il fegato di plastica e il tuo smartphone inquina che più non si potrebbe quando lo smantelli.

Torniamo alla politica degli inceneritori? Ma non inquinavano come ossessi rilasciando sostanze tossiche come mercurio, piombo e diossina? Prototipo del nuovo uomo cercasi. Quello che usa solo i mezzi pubblici, che non prende l’aereo tre volte al mese per andare a trovare la fidanzata dall’altra parte del pianeta, che boicotta i cibi protetti dagli sleeve e avviluppati in plastiche multicolori (perché anche i colori inquinano, eccome se inquinano!) e che limita al massimo l’impiego dell’auto, preferendo mezzi pubblici e che preferisce l’acqua del rubinetto alle acque del supermercato in bottiglia e che si rifiuta di comprare detersivi, bibite e vaschette di gelato in bottiglie di plastica e nelle vaschette di plastica. Non gridate all’orrore, all’oltranzismo ecologico fondamentalista. Se non ti basta questo schifo te ne faccio vedere altro.

Qualcuno dovrà pure gettare il sasso in piccionaia. Che boicotta…sì , boicotta! è il termine appropriato, TUTTI i prodotti in plastica, e i loro derivati. a cominciare dalle confezioni mono uso, usa e getta. Anzi, proprio da quelle occorre cominciare! Orrore e abominio! Hai sete? bevi o mangia uno yogurt e butta la confezione. Così milioni di volte ogni giorno. Da anni e guarda cosa sta succedendo. E così che arriva la cacca indistruttibile sulle spiagge di Bali, delle Maldive e sulle isolette sperdute del Pacifico. Boicotta! a cominciare dalle posate, dagli scola pasta, da scodelle, tovaglie e suppellettili, fino a mobili, erba di plastica, e ai tessuti sintetici. Me lo dici come li smaltisci quelli se non li incenerisci, causando altro inquinamento supplementare. Vivere da troglodita insomma? Ah beh! se i vostri padri e nonni erano trogloditi allora offendete i vostri cari estinti. In compenso loro non trangugiavano carne agli antibiotici e pesce avvelenato da mercurio. Tornare all’antico? Mettiamola così, ma non solo così. Del moderno, del progresso, delle scoperte e dei vantaggi del vivere dal 2020 in poi trattieni le cose migliori, per la salute, ad esempio, insieme alla consapevolezza che o sterziamo di 180 gradi o non rimarrà un centimetro di spiaggia balneabile al mondo e che la spazzatua busserà alle nostre porte e si ficcherà sotto il tuo letto, e non basterà spendere un patrimonio per la tassa rifiuti, come già facciamo, perché i tuoi rifiuti te li ritroverai indigesti da qualche altra parte, non riciclati, non distrutti e ancora velenosi e che se non invertiamo da subito il cammino sulla produzione di materiali non degradabili i disastri ingigantiranno, moltiplicandosi. Ma le leggi dove sono? Cosa aspettano a bandire tutto quello che si può cancellare dalla nostra vita perché tossico, mefitico, pericoloso, dannoso, canceroso e soprattutto….superfluo e visibilmente inutile. Complicato? Sara più semplice crepare di tumore allora! Boicotta! e non far finta di niente, a cominciare dalle confezioni monouso; quanto vi odio! Se poi qualcuno vorrà parlare dei posti di lavoro perduti perché verrà dato un orientamento diverso alla produzione industriale e ci sarà da tribolare su come trovare nuove opportunità lavorative allora, oltre al danno, ci sarà anche l’ipocrisia dei produttori di materiali e prodotti derivati nocivi ai quali verrà offerto in omaggio un viaggio vacanza nel Pacifico, per visitare la più amena e stupefacente isola mai emersa a memoria d’uomo. Vai a vederla e mi saprai dire.