gli angeli han fatto le valigie?

UN DIALOGO (IMMAGINARIO MA VEROSIMILE) TRA JULIUS EVOLA E RICHARD FEYNMAN

Due giganti del sapere a confronto. Ma quale sapere? Quello del filosofo non ortodosso, interprete e difensore della Tradizione e di dimensioni ultramondane o quello dello scienziato americano premio Nobel, indagatore dell’atomo, ex enfant prodige della fisica quantistica. Il dialogo inedito immagina un faccia a faccia sottolineando la critica all’indagine scientifica odierna, basata su astrazione, probabilità e paradosso, espressa in due capitoli su CAVALCARE LA TIGRE; coi suoi limiti evidenti e la pretenziosità di unico sapere possibile, dogmatico e totalizzante. Confronto utile a comprendere ciò che si è perduto e ciò che la scienza moderna oggi va perseguendo. Il sito della FONDAZIONE JULIUS EVOLA ha pubblicato il seguente racconto:

FEYNMAN -Buongiorno ingegnere; da dove arriva? Anche lei ha fatto un lungo viaggio per poterci incontrare?

EVOLA -Buongiorno a lei, da molto lontano arrivo, guardi che la laurea volutamente non l’ho conseguita

F -Di onorificenze e diplomi non so che farmene nemmeno io, mi impacciano

E -La sua notorietà è invidiabile, da suonatore di bongo al Nobel

F -E lei da imbrattatele e aspirante stregone alla ribalta del Nazionalsocialismo. Ha mai provato a suonare i bonghi? Le sarebbe passata la voglia di dar lezione a dittatori omicidi

E -Si dice tanto su di me, spesso a sproposito. Al bongo preferisco gong rituale e corno tibetano

F -Non mi divertirebbero, uno quando vibra ti muove le budella, l’altro sembra un tubo di stufa mal riuscito

E -Strumenti rituali, aiutano ad accedere ad altri stadi dello spirito

F -Non mi sono mai soffermato sullo “spirito”. Gong e corno si suonano nei monasteri, che noi Americani apprezziamo poco. A proposito, lei con noi non è tenero: infantili e pieni di tabù, dice, e ci assimila agli ortaggi…

E -Dove l’ha letto?

F -Me lo hanno riferito. Tornando allo spirito: il mio lo “sollevo” ballando la samba. Ma perché ce l’ha con noi? Non siamo bolscevichi

E -Origini e mete diverse, effetti analoghi e poi: “Una foresta pietrificata contro cui si agita il caos” l’ha scritto il suo connazionale Henry Miller sulle vostre città

F -Si chiama libertà di espressione!

E -Tanto per dirne un paio: “l’utile è il criterio  del vero” e “il valore di ogni concezione, perfino metafisica va misurato dalla sua efficacia pratica” è di un vostro filosofo, certo  William James. Un po’ limitativo, no?   “Get rich quick!” ovvero il valore fondante gli USA. E al rogo la Tradizione

F -Ancora tradizione! Ora ricordo…il suo latte di fiamma: originale! L’unico che ricordo è quello che mia madre mi faceva ingurgitare da piccolo

E -Tradizione. Da non confondere con folklore e tradizioni locali

F -Nutriamo visioni del mondo diverse. Pensi che io parto da un bicchiere di vino. Contiene l’universo intero, sa? 

E -Pittoresco! Ma presumere di detenere il primato della conoscenza vi nuocerà

F -Non sia serioso barone. Frugare nei segreti della materia le pare cosa da poco? Io parto dal vino e anche da una scarpa. Se questa non è modestia! 

E -Trovo riprovevole che sulle vostre ricerche l’industria ci costruisca su modelli di vita coercitivi spacciandoli per progresso

F -Mai stato tenero verso istituzioni e industria. E poi quello che si fa sfruttando la ricerca non mi compete. Ma lei non è curioso di vedere come si comporta l’atomo?

E -Do la precedenza a una realtà che guarda all’eterno incorruttibile

F -Non le sembra di essere sorpassato? Guardi che fine hanno fatto fare a Dio i suoi colleghi

E -Col Dio di cui parla io c’entro poco, comunque a smantellare l’idea del divino hanno cominciato i suoi colleghi, scrutando il cielo…i filosofi hanno poi preso atto della cosa

F -Torniamo alla conoscenza, tema del nostro incontro. Ai miei studenti dico che lo strumento eletto per i ricercatori è il cestino della carta straccia, deve essere sempre ricolmo. Non è apprezzabile? Penso di sapere perché lei non ci ami. Abbiamo scacciato gli angeli a suon di formule e quelli han fatto le valigie

E -Angeli?

F -Ai miei studenti un giorno ho detto: Keplero ha sudato sette camicie per convincere i dotti che le sue idee non erano bislacche, che i pianeti attorno al sole non venivano sospinti dalla pressione dell’aria prodotta dal battito delle ali, sospesi a mezz’aria a reggere il mondo, ma da forze gravitazionali. Uno può anche credere agli angeli, più difficile conciliare il fatto che la pressione prodotta dal battito delle loro ali era diretta altrove, non c’entrava col moto dei pianeti. Una volta scoperto il trucco…

E -Vedo che le allegorie, da lei definite “trucco”, le sono indigeste

F -Chi sosteneva certe allegorie ovvero la Chiesa, coltivava ignoranza commettendo crimini, sentendosi minacciata

E -Vero. Tralasciamo gli angeli. Ma la scienza moderna non ha cambiato il mondo in meglio, che rimane per addetti ai lavori, se si esclude il clamore sulle vostre scoperte di cui subito ci si dimentica. Siete su un binario cieco, vi inciampate nelle formule

F -Cieco! Lei parla di cecità descrivendo il tentativo della Fisica quantistica di forzare la cassaforte della materia, affermando che è secondario conoscerne l’origine, il come e il quando. Come faccio a descrivere fenomeni senza usare formule?

E -Io sono più modesto. Mi bastano conoscenze maturate millenni fa, risvegli, illuminazioni, realtà invisibili in cui vive una doppia realtà fenomenica, da voi trascurata

F -Mi sembra che la sua conoscenza sia datata, millenni di…buio e di false interpretazioni, ma vi capisco…senza strumenti adatti

E -Sarebbe perfetto se dopo la scoperta della curvatura dello spazio tempo, ovvero della deformazione causata dalla massa degli oggetti  nello spazio tempo le scoperte fossero messe al servizio di altre conoscenze

F -Lei è bene informato. Ma ne abbiamo fin troppe di matasse da sbrogliare per pensare ad altro. La natura si comporta in modo tale che risulta impossibile prevedere cosa succederà in un dato esperimento. Si immagini quanto mi piacerebbe scoprire su due piedi anche il perché di tutta questa meravigliosa baracca. Mi capisce? 

E -Certo, sfere di competenze distinte, ma c’è sempre chi invade il campo altrui e voi avete tracimato

F –I suoi colleghi filosofi avevano stabilito come uno dei requisiti della scienza fosse che nelle stesse condizioni dovesse verificarsi la stessa cosa. Falso. Il fatto è che non succedendo la stessa cosa possiamo trovare solo una media dei risultati. Nella fisica, tutto quello che può succedere succede, è già successo e succederà, e tutti questi eventi, presenti, passati e futuri stanno succedendo allo stesso tempo. Non le sembra abbastanza complicato? I filosofi poi blaterano su cosa sia necessario per la scienza, sbagliando

E -Sbagliata è la vostra nozione di realtà

F -Ma lei cosa intende per reale? Pensa che una bottiglia sia reale? Una vite, una scarpa, secondo lei sono “reali?” Lei ed io siamo reali? Me lo dica, così usciamo dall’equivoco

E -Quello che attiene alla Tradizione non all’effimero; Io parlo di immutabilità, ossia del contrario di ciò che voi indagate

SE HAI VOGLIA DI CONTINUARE A LEGGERE IL RACCONTO CLICCA SU DIALOGO IMMAGINARIO TRA JULIUS EVOLA E RICHARD FEYNMAN, PUBBLICATO DA FONDAZIONE JULIUS EVOLA

E se non arriva quella giusta?

-Così?- Mario  Paluan Ritratto da Matilde.jpg-Eh, così!. …- -Gira un po’ la testa…non così tanto! Di meno.-
-Così?- -Non muoverti. Ci metto un minuto.- -…E poi me lo dai? Il ritratto me lo dai?- -Ma sì!- -Mati?- -Eh? Che c’è? -E come faccio a riconoscere che è lei?- -Lei chi?- …-La ragazza di cui…sì, quella che…- -Ah! Oh lo capisci, masnà! Ti tremeranno le ginocchia! Ma che fretta c’è? Lo capirai quando arriva, mica è per forza o che devi stare lì ad aspettarla. Quando arriva arriva, com’è successo per me ed Aldo. Ci siamo trovati ma non andavamo a cercarci.- -…Mati. – -Dimmi…Che c’è? Gira un più a destra il busto, ecco così.- -E se non arriva?- -Chi non arriva?…La ragazza?- -Eh…- -Ma sì che arriva, figurati se non arriva! Basta che non ti fermi alla prima oca.- -La voglio bellissima. Coi capelli che sembrano oro o magari neri come il carbone, ma bellissima, eh? Sarà così? Però, e se ha avuto altri prima di me e io mi innamoro lo stesso?- -Eh! Oh! Non sarà la fine del mondo. Però c’è tempo. Mica se non è più vergine è da scartare. Uehi! Non scherziamo. Ci sono amori in seconde nozze che durano una vita, sai? Ma mi sembra un po’ presto a quindici anni, no? E poi quella adatta a te devono ancora inventarla…che sei così difficile!- -Sì, quando capita dici che me ne accorgo?- -Eccome se te ne accorgi. Senti i campanelli suonare.- -Che campanelli?- -Faccio per dire. Pensa che quando ci siamo dati il primo bacio con Aldo ci siamo dati una zuccata! Mica nessuno ce l’ho ha insegnato. Non come oggi che sapete già tutto…non è vero?- -Sì, …quasi tutto.-

Non so quante volte ci sono andata a Castel Boglione

Immagine 25 luglio 128.jpgLa chiesetta sembra più la dimora di un casellante e ha pure il suo minuscolo campanile che sembra un camino. -Faccia lei, che è brava.- mi ha detto il parroco. -Vorrei far entrare la natura in chiesa.- Gli dico, – I fiori, l’erba la frutta, tutto un prato.-
-E Sant’Antonio?-
-Anche lui, certo, che tiene in braccio il Bambin Gesù.-
-Che bello.- Dice il prete. -Così mi piace.-
-E poi ci mettiamo la gente in preghiera, che dice padre?-
-E gli angeli no? –
-Anche gli angeli! Certo. Grandi, con due ali grosse così! E anche con i piedoni! Proprio degli angeloni.- Il prete si mette a ridere.
-C’è spazio per i giovani? Sa, coi tempi che corrono…-
-Oh! Ma certo, Una coppia che si tiene per mano e che passeggia per i campi e sta per entrare in chiesa.-
Immagine 25 luglio 127.jpg-Così va bene.- Immagine 25 luglio 140
-Ah! E in mezzo all’erba ci mettiamo cani e conigli.- L’uomo mi guarda perplesso.
-In chiesa, delle bestie?-
-Perché le bestioline non sono anche loro creature del Signore?-
-…Certo, certo. Va bene. Faccia lei. Che sa il suo mestiere.-
Eccola la mia chiesetta, tutta affrescata. Un tripudio di natura e di semplice religiosità. Così Immagine 25 luglio 135.jpgsono una frescante anch’io.

Dipingo sui muri delle chiese. L’offerta della natura, del sole, con grosse ortensie, fiori di campo e i miei terrier. Oltre al mitico Gin Gin che ormai non c’è più ne ho altri che si chiamano Mylord, Gil Blas, Panda e Plon Plon. Scene gioiose voglio dipingere, di una perenne primavera, e l’umile preghiera dei contadini, con l’offerta e la proposta di semplicità all’uomo che fa Gesù….se mai c’è un Gesù.

Brano tratto da EXTRA LIMEN di prossima pubblicazione

Gin Gin e la biscia

Se stesse fermo! Invece ha l’argento vivo addosso.

Eh? Gin Gin. La biscia nell’erba va a prendere. Uhiiih!|! Eh!? Che Tapela! Povera biscia, l’hai ridotta proprio male!  eh Gin Gin. Che baraonda avete fatto! Dov’è adesso? L’hai portata nel fosso. Stecch1-1ita! ….Devo dar l’idea della lotta, il cane con la biscia in bocca, come ha fatto l’altro giorno, peccato che non abbia vista la scena Aldo. Diventerai famoso Gin Gin, facciamo un bel quadro con te e la biscia. Non ha paura di niente, figuriamoci di una serpe. La lotta tremenda! Brr! Dov’è l‘altro quadro col cane? Devo averlo riportato indietro da via Cigliano…fammi controllare, ma dove l’ho messo? Ah! Sì!  Eccolo qua.  Gin Gin e il bimbo col cerchio. E tanta serenità, perché ne abbiamo bisogno io e Aldo. Perché è un periodo mica tanto tranquillo. Mi piace ‘sto quadro, mica male. Il bambino più piccolo sullo sfondo, volevi giocare con lui? Ma no! Te stai alla larga dai bambini. Ti annoiano subito. Il bambino gioca col cerchio…chissà se si usa ancora il cerchio e te giochi con la palla. Rossa la facciamo la palla, che gialla non mi convince, ecco. A ognuno il suo gioco e poi una bella nuvola rosa, che ci porti buona fortuna la nuvola, perché ne abbiamo bisogno io e Aldo per il suo lavoro, perché per lui è un periodo mica tanto per la quale. Fra un po’ verrà a trovarci anche Mario, un mio ex allievo, una sagoma, davvero un bel tipo, con una testa tutta particolare. Mario continua a chiedermi quando si innamorerà, e come si fa a riconoscere quando uno è innamorato. Ma si può? Te ne accorgerai, gli dico, oh sì, vedrai se te ne accorgi.

Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016

DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE  

Una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo

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Delle GROTTE DEI SARACENI, nei pressi di MOLETO, in molti parlano, pochi hanno visto, qualcuno davvero sa

Qualcosa di vero ci sarà in questa storia che mescola leggenda, antichi documenti e fatti accaduti 

romito 4(…) Quando Aldo veniva era nervoso. La prospettiva di trovare il tesoro lo eccitava, e con lui, noi tutti (…) Ricordo che Aldo aveva trovato qualcosa laggiù (…) Mi sembra che avesse in casa una fiaschetta in pelle per la polvere da sparo e anche qualche pezzo che lui diceva provenire da un fonte battesimale, cose ritrovate da lui stesso nella valle dei Saraceni (…)  (…) Aldo raccontò di essere stato testimone di uno strano fenomeno: mentre si trovava da solo nelle grotte dei Saraceni queste si illuminarono a giorno… 

(…) Aldo ha sempre sostenuto che dentro le grotte ci fosse un tesoro, il bottino di briganti che avevano saccheggiato i paesi dei dintorni, utilizzando come rifugio le grotte dei Saraceni. Durante i suoi studi aveva trovato degli scritti dell’epoca che raccontavano che le autorità avevano fatto saltare l’ingresso delle grotte e i briganti, con i loro cavalli e il loro tesoro furono sepolti (…)   M.G.
Riecco la leggenda sui Saraceni che si fa cronaca dettagliata. Il tesoro torna a far parlare di sé. Forse è rimasto là, a pochi metri da dove si era scavato.

Ancora leggenda? Niente affatto. Laggiù c’è stato qualcuno con pale, picconi e secchi e tanta voglia di svelare i  segreti e il mistero che la valle di tufo gelosamente custodisce. Ancora. Il racconto LE GROTTE DEI SARACENI è su Amazon

Precisa un antico testo: “Verso la fine del’ 700  dopo Cristo una banda di feroci Saladini provenienti dalla  Francia, dopo lungo peregrinare nel Nord dell’Italia, si stabilirono in una grossa spelonca nella valle del territorio di O. E illi vi rimasero e per molti anni sparsero la loro irreparabile tempesta rubando, uccidendo e facendo ogni sconcio di mali ai paesani.
Ma un inverno molto piovoso  in data non precisata, la grotta venne otturata da una enorme frana, seppellendo vivi i briganti saracini che non avendo altre vie d’uscita morirono tutti di fame e di sete”
“Ci risiamo! Ancora con quella storia! Non fai altro che giocare. Ma quando la smetterai?” disse sua madre.
“Sì” disse Enrico
“Sì cosa?”
“È l’ultima, te l’ho detto”

affrescoe 3Chiuse la porta della cucina e scartocciò il pacchetto di wafers. Poi premette il tasto  Recorder, ma non dovette attendere molto. Era una storia come un’altra, come tante altre, che mescolava Saraceni, caverne e un presunto “tesoro” della valle. Una registrazione un po’ confusa che sembrava promettere qualche emozione e che cominciava dicendo: “Pseudonimi e località della vicenda celano personaggi e luoghi che non è stato possibile riportare ad una più definita luce  e questo non perchè siano mancati gli elementi di indagine, tutt’altro. Se ai primi personaggi confortati da una morte secolare e relegati in una storiografia decifrabile, nulla importerebbe di venire riesumati, altri, tuttora in vita, ne riceverebbero danno, che i fatti narrati riguardano il loro recentissimo passato e le credenze della gente del luogo, teatro della vicenda”

Enrico sgranocchiò il primo wafer e le briciole caddero sulla tastiera del vecchio Machintosh….il resto è su:  è su Amazon

Ho riletto il tuo articolo con dispiacere e anche un po’ di irritazione

Fabrizio M. Ricci, mi ha scritto una lettera aperta che mi ha fatto piacere da un lato e dall’altro ha riportato in luce una vecchia faccenda, non proprio edificante, e mai chiarita del tutto; una storia finita anche sui giornali nazionali. Si tratta di un  viaggio in Uganda e Sudan. Fabrizio era ed è un amico, ex inviato speciale de Il Messaggero e giornalista di chiara fama

Fra le altre cose nella lettera pubblicata SU L’UOMO CON LA VALIGIA  scrive anche questo:

…sono andato a rileggermi il tuo “La valigia scomparsa”, uscito a Febbraio 2012 nella sezione Storie. Così come la prima volta, anche adesso l’ho riletto con dispiacere e anche un po’ di irritazione. Dispiacere nel constatare che il tempo, dopo tanti anni, non è ancora afr3riuscito a lenire la tua amarezza (“una pietra che pesa come un macigno”) per il furto che hai subito a Malakal delle tue macchine fotografiche. Un’amarezza all’epoca certamente più che giustificabile, ma che perdurando, con tutta evidenza ha finito per condizionare in negativo i tuoi ricordi; irritazione per quel tuo definire oggi quel viaggio come “pestifero, iniziato male e finito peggio”…Parli di un viaggio che prosegue fra reciproche accuse, animi avvelenati, mancanza di serenità e entusiasmo. Vero solo in parte, quella parte che ci ha visti impantanati a Nairobi prima e a Kampala poi. Ma una volta partiti, serenità e entusiasmo a me non sono mancati. …

…Rassegnati alla realtà e seppellisci i ricordi sgradevoli, tieniti stretti soltanto quelli belli. Lo scrivi tu stesso: l’Africa  immensa, fascinosa, irresistibile; l’aquila pescatrice al bordo del fiume; l’emozione del rombo delle Murchison; il cucciolo di ippopotamo che trotterella via… Questo è quanto c’è da ricordare.

Con affetto   Fabrizio M. Ricci

All’amico Fabrizio ho risposto spiegando quanto è successo a me dopo il viaggio. Voi chiederete: E a noi cosa importa? Sono affari vostri. Il fatto è che per quella vecchia storia siamo finiti sui giornali, con accuse, dubbi e …altre cose velenose e poco piacevoli, almeno per me. Cioè era diventata una cosa pubblica.

afr4Caro Fabrizio,

non puoi immaginare la gioia e la sorpresa nel leggerti,  niente affatto compromessa dal contenuto della tua lettera aperta inviatami da Paolo Novaresio. Da anni avrei voluto riallacciare i rapporti con te, ci ha aiutato l’articoletto su L’UOMO CON LA VALIGIA,  che ti è dispiaciuto e in parte irritato.

Accetto le tue puntualizzazioni e le osservazioni. E non ritengo opportuno precisare o modificare alcunché. Hai ragione e basta.  Dal tuo punto di vista è più che comprensibile. Tuttavia…

Quel pezzo, enfatizzato ad arte e magari ingeneroso, aderisce perfettamente al Mario di allora, (che non esiste più) puerile, ambiguo, smarrito e confuso…e bastonato dall’esito del viaggio più di altri. Questo me lo devi lasciar dire. L’aver puntato tutto su quel viaggio e aver perso il lavoro a LA STAMPA, e aver dovuto cambiare città, lo smarrimento conseguente e il dover sostenere a Torino e spiegare il fallimento di quell’iniziativa, che era partita da me e dal tuo ex collega inviato speciale de LA STAMPA, Francesco Fornari, a parenti, amici e colleghi di lavoro forse è toccato solo a me. E ti assicuro che non è stato piacevole, soprattutto dopo il pezzo sull’ESPRESSO e l’UNITA’. 

I ricordi di un evento condiviso non possono essere del resto omogenei; per me di sconfitta si trattò e non fu certo l’onore della bandiera, per qualche bella foto scattata grazie alla tua macchina fotografica, a colmare quel senso di fallimento, ripeto, forse accentuato dall’inesperienza e dall’avventatezza di allora.
Di quel viaggio salvo te, Paolo Novaresio, Angelo Colli, Fulvi,  …i Dinka, e ovviamente l’Africa tutta. Ho un unico rimprovero da farmi: era afr11una cosa troppo grande per me e io ero inadeguato. Perché il progetto che avevo in mente si è squagliato al sole africano come un sorbetto.
Ho saputo che pubblicherai su L’UOMO CON LA VALIGIA reportage ampliati di quel viaggio. Tienimi informato, se lo vuoi. Io non ho un sito serio e ben fatto come quello, però c’è gente che ci scrive e se ti piacerà potrai pubblicare sul mio blog ciò che desideri.

tuo paluan che ti saluta

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