Ieri sera Mario è venuto a trovarmi allo studiolo di via Cigliano. Aldo è contento quando viene a trovarmi, si sente più tranquillo. In frigo c’erano le cotolette e un po’ di formaggio, e delle mele, lui ha portato le paste e dei croissant di Ghigo; lo sa che ne vado pazza. Da Ghigo in via Po conosco la proprietaria che è mia amica. Gli faccio uno squillo di telefono al pomeriggio e lui, anche se avesse altri impegni, corre da me. Se hai da fare sarà per un’altra volta. Gli dico per metterlo alla prova, non voglio sciupargli la serata. Ma stai scherzando, nemmeno se dovessi uscire con Brigitte Bardot, mi ha detto. Ha una venerazione per me, e io gli voglio un gran bene, ha sempre la sua testa bislacca, ma è migliorato col primo lavoro. Dopo le paste e il succo d’arancia siamo finiti a parlare di arte al femminile. Di donne che dipingono. Gli devo aver fatto una testa così, mi lamentavo perché l’arte doveva essere solo maschile? E noi? Chi siamo noi, le donne? Esseri inferiori, forse? Lui non sapeva che rispondere. Mica siamo inferiori agli uomini, sai! È perché ragioni storiche e sociali ci hanno impedito e ci impediscono di emergere. E poi facciamo figli, quelle che riescono. Casi isolati ce
ne sono, e allora vuol dire che potevano essercene molte altre di pittrici. E gli ho parlato di Artemisia Gentileschi e della sua vita travagliata, di Orsola Maddalena Caccia, la badessa figlia di Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, che mi piace un sacco e anche di Rosalba Carriera, donne che sono riuscite ad emergere grazie al loro talento. Brave come e più di un uomo. Sei d’accordo? Era d’accordo Mario anche se non conosceva le loro opere. Gli ho fatto vedere alcune nature morte, fatte di recente che gli sono piaciute molto. Una se l’è portata a casa. E poi gli ho detto che, adesso che quando avesse avuto la macchina si poteva portare via la statua. -Quale statua? Quella sulla panca in ingresso al Romito? – Quella! Gli dico. A momenti mi salta addosso dalla gioia. C’è chi l’avrebbe chiamata Venere del Monferrato! Non per niente sono stata allieva di Guido Capra, a sua volta allievo prediletto del maestro Leonardo Bistolfi.
Categoria: Monferrato
Stai a vedere che è il segno di una strega!
Per la mia famiglia e la gente che ho lasciato a Casale sono “quella che ha fatto strada” . -Tilde è diventata una professoressa! Insegna alle scuole!- Dicono. Ma mica li ho dimenticati, quando torno a Casale vado a salutare anche i negozianti. Io e mio fratello chiamiamo via Alerami via del Corno. Che sta fra via Duomo e via Paleologi. Lì c’è il negozio di frutta e verdura che Nino e Pierina mandano avanti. Li imbottisco di idee sull’esoterismo e l’aldi là, e lo spirito che ritorna e robe di quel genere. Cose che appassionano me e loro. E loro pendono dalle mie labbra e fanno battibecchi tutto il giorno perché hanno teorie diverse. Ci credo sì, ci credo no. Si accapigliano sulle cose che dico, tanto ci credono. Una sera mia nipote Marinella che ai tempi è ancora una bambina dorme da mia madre, al terzo piano. La nonna è contenta perché può raccontarle dei bei tempi andati e delle opere liriche che lei aveva visto da giovane. Ma quella sera la nipotina fa i capricci e vuole che nonna le spazzoli i capelli non una, ma cento volte, perché sostiene che solo così diventano belli. Mia madre alla centesima spazzolata si stanca un po’ ma Marinella insiste: Ancora nonna Rina! Dai! Ma mia madre si spazientisce e lancia dalla finestra la spazzola e poi nonna e nipotina se ne vanno a letto come se niente fosse. Il giorno dopo mia madre vede la Pierina, bianca come un cencio la quale racconta che il giorno prima, dopo aver cercato di convincere il Nino sulle mie teorie, mentre pulivano il negozio e la serranda era metà abbassata hanno ricevuto un segno quasi sulla testa! Dal nulla è piovuta dal cielo una spazzola piena di capelli. -Una strega! Sicuro! Chi se no?- L’avvertimento di una strega a conferma di teorie esoteriche, e che allora spaventati da morire e zitti zitti se ne sono scappati a casa, tutti impauriti. Mia madre allibita, non disse niente e non trovò mai il coraggio di dire che la spazzola l’aveva tirata lei, in uno scatto di nervoso che Marinella le aveva fatto venire; a casa mia sono andati avanti parecchio a farsi quattro risate.
-Lo senti?- -…?- -Sentilo, è Mylord…oh, vah che sta male!-
-…Cosa? …sta male?- -Sta male, come l’altra sera. Vado a vedere…- -Oh Cristo…neanche dormire adesso si può…- -Vado io.- -No, vado io.- Andiamo entrambe io e Aldo e scendiamo la scaletta. Il terrier ha la faccia stralunata. -Gli faccio la camomilla?- -Ma quale camomilla?- -La limonata, allora?- -Siiehh!..al cane la limonata!- Dice Aldo. -E dove lo portiamo adesso?- -Dove vuoi portarlo? A quest’ora? Tutto chiuso.- Plon Plon ha il naso secco e grigio. Un terrier fuori misura, un po’ bislacco. Deve aver mangiato delle schifezze frugando nella stalla della cascina di sotto. Più di una volta è capitato che il contadino lo ha visto frugare nel mucchio di letame. Ma stavolta non puzza. Ha della bava alla bocca. Io che penso sempre al peggio dico ad Aldo: -Adesso mi muore.- -Ma smettila, avrà fatto indigestione! Chissà se lo capisce che non deve mangiare schifezze. Eh? Terrier vagabond!- -Lo portiamo su?- -Eh portiamolo su, prendi la copertina, domattina lo porto dal veterinario.-
Oh no! Questa poi non ci voleva!
Ma cos’è questa puzza? Oh adesso so cos’è! L’avevo immaginato! Ma guarda! Ma no! L’ha fatta contro il quadro. Meno male solo un po’, di dietro, contro il legno della cornice, non sulla tela. Ha ragione Aldo, non posso più portarlo con me in via Cigliano il cane. Forse c’è solo questo di quadro. Ma senti che puzza! Ah Mylord! Gin Gin non l’avrebbe fatto! Lui era un cane educato. Non sono abituati a scendere per strada e a farla fuori. Ecco il motivo. Mica chiedono il permesso di farla quando sono al Romito, al primo cespuglio si fermano e fan pipì. Speriamo non si sia rovinata la tela, mah, sembra di no. Deve essere stata l’ultima volta che siamo venuti. Ecco, quando verrà Mario gli do questa di tela, così può appenderla dove vuole, non è mica un nudo. E Mylord non ci ha fatto pipì contro.
Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016
DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE
una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo www.aleramonlus.it www.facebook.com/museocivicomoncalvo www.facebook.com/aleramonlus
Scrive il poeta Raffaele Toscano nel 1586:
“Resta Moncalvo alla sinistra mano In spiaggia aprica, fertile e secura e di sì chiara prole egli è ripieno che mai la gloria sua non verrà meno…mentre Aldo su MONFERRATO FRA PO E TANARO, ha
dedicato alla città un intero capitolo:
…I Moncalvesi gli andarono incontro… arrivava dalla Francia e si era fermato ad Asti per riposare, dopo tanto percorrere. Correva l’anno 1129 e a San Francesco venne chiesto di fondare un convento del suo Ordine…così narra la tradizione. Col contributo delle nobili famiglie locali fu costruita una chiesuola dedicata a San Genesio con attiguo romitorio per i frati…
Dagli antichi romani, ad Aleramo, da San Francesco a Guglielmo Caccia e a Francesco Ottavio Magnocavallo, dai Marchesi del Monferrato a quelli di Saluzzo, e poi i Paleologo, i Francesi, gli Spagnoli, i Gonzaga sino ai Savoia. In tanti qui hanno scritto la loro vicenda politica, spirituale, o artistica rendendo unica la memoria del luogo.
Moncalvo è nobile come la sua storia, ricca com’erano ricchi d’ingegno i suoi abitanti. Quante volte ci sono andata a spasso, e mi sono incantata davanti alla chiesa settecentesca della Madonna, del Magnocavallo, o ai resti del castello. Andavo su e giù per la Fracia fermandomi davanti ai palazzotti, incantata dalla loro architettura, facendo schizzi di vie e piazza per le mie tele.
Quella notte se la ricorderà finché campa

Mario ha fatto il bis! È venuto per dieci giorni di fila al Romito! Non stava più nella pelle. Penso di averlo reso felice. Almeno lui! Aldo era contento di averlo per casa. Lo prendeva in giro, lo coccolava, lo istruiva, gli raccontava aneddoti e fatti reali accaduti da noi, quei fetenti di Saraceni e le loro grotte, poi! E la Storia che da noi ha avuto una valenza tutta particolare. Poi è arrivato un nostro amico medico di Aosta che pratica l’ipnosi. Apriti cielo! Ne son successi di tutti i colori. L’ho scritto anche in un libro. Mario dice che non crede all’ipnosi. Figuriamoci! Il medico la usava per le sue pazienti, è un ginecologo. Ma quando i ragazzi piantano un chiodo mica riesci a convincerli del contrario. -Ci vada piano, dottore con la sua ipnosi, è solo un ragazzo.- Gli sussurro in un orecchio. Il medico ha ipnotizzato Mario, bloccandolo sul divano! Una scena da circo equestre! Da morir dal ridere, ma non per Mario che, per quanti sforzi facesse, non riusciva ad alzarsi. -Te la stavi facendo sotto!- Ha sbottato Aldo in una gran risata. Mario non sapeva più cosa dire. Quella notte se la ricorderà finché campa. Per consolarlo gli ho regalato una tela e sul retro ho disegnato il Romito con Mylord.
Museo civico di Moncalvo 4 giugno – 31 luglio 2016
DONNADONNE – ARTE AL FEMMINILE
una selezione delle opere di Matilde Izzia di Ricaldone allestita da A.L.E.R.A.M.O. onlus per il Museo civico di Moncalvo www.aleramonlus.it www.facebook.com/museocivicomoncalvo www.facebook.com/aleramonlus
E se non arriva quella giusta?
-Così?-
-Eh, così!. …- -Gira un po’ la testa…non così tanto! Di meno.-
-Così?- -Non muoverti. Ci metto un minuto.- -…E poi me lo dai? Il ritratto me lo dai?- -Ma sì!- -Mati?- -Eh? Che c’è? -E come faccio a riconoscere che è lei?- -Lei chi?- …-La ragazza di cui…sì, quella che…- -Ah! Oh lo capisci, masnà! Ti tremeranno le ginocchia! Ma che fretta c’è? Lo capirai quando arriva, mica è per forza o che devi stare lì ad aspettarla. Quando arriva arriva, com’è successo per me ed Aldo. Ci siamo trovati ma non andavamo a cercarci.- -…Mati. – -Dimmi…Che c’è? Gira un più a destra il busto, ecco così.- -E se non arriva?- -Chi non arriva?…La ragazza?- -Eh…- -Ma sì che arriva, figurati se non arriva! Basta che non ti fermi alla prima oca.- -La voglio bellissima. Coi capelli che sembrano oro o magari neri come il carbone, ma bellissima, eh? Sarà così? Però, e se ha avuto altri prima di me e io mi innamoro lo stesso?- -Eh! Oh! Non sarà la fine del mondo. Però c’è tempo. Mica se non è più vergine è da scartare. Uehi! Non scherziamo. Ci sono amori in seconde nozze che durano una vita, sai? Ma mi sembra un po’ presto a quindici anni, no? E poi quella adatta a te devono ancora inventarla…che sei così difficile!- -Sì, quando capita dici che me ne accorgo?- -Eccome se te ne accorgi. Senti i campanelli suonare.- -Che campanelli?- -Faccio per dire. Pensa che quando ci siamo dati il primo bacio con Aldo ci siamo dati una zuccata! Mica nessuno ce l’ho ha insegnato. Non come oggi che sapete già tutto…non è vero?- -Sì, …quasi tutto.-
Il Monferrato sorrideva al nostro passaggio
Non credo di avere nemmeno una foto, io e lui, insieme. Non era nostra abitudine. Andavamo in giro in lambretta. Aldo ed io, ci bastava l’amore, il cielo e la mia arte. E l’immenso scenario che si apriva ad ogni passo. L’amato Monferrato sorrideva al nostro passaggio. Mi portavo dei fogli da disegno perché non volevo perdere nulla di quelle gite. A volte la lambretta faticava su qualche salita e allora dovevo scendere. Erano risate e baci. L’amore era il nostro terzo compagno e amico, ci teneva così uniti che ogni seppur minima separazione procurava dolore. Amavamo l’amore e l’amore amava noi. Sprovveduti anche a darci il primo bacio, la prima effusione. Con la coda dell’occhio vedevo, non era un mistero, ci guardavano i passanti mentre passavamo rapiti dal sole, dall’aria, dalla semplicità e dalla pura bellezza dei paesaggi. Là una siepe, laggiù un fiore, più in là un salice e oltre
la linea d’ombra la fila dei pioppi in salita. E poi i castelli in miniatura, mai severi, ma ridenti come antiche dimore di un regno incantato. Quante poesie mi recitava Aldo e le tenerezze e le promesse di fedeltà a iosa. Nessuno ci avrebbe mai separato. Era la nostra promessa che avremmo mantenuto sino alla fine. L’amato Monferrato
Eccolo il Romito, inconfondibile, a due passi dalle caverne
Un punto giallo e marrone in mezzo alla campagna. La nostra casa, il Romito, come si vede per uno che viene da Moleto. Sembra la dimora delle fate.
Ormai fa parte del paesaggio, è inclusa nella memoria geografica e storica del luogo e anche in quella di molta gente. Mi piace pensare che sarà sempre così. Anche quando non ci saremo più. Un riferimento per tutti coloro che ci passano davanti e che la vedono apparire e poi sparire dietro un dosso per poi riapparire ancora, come fosse una barca sull’onda. Lì c’è la casa di Matilde Izzia e di suo marito. La grande pittrice e il famoso storico. Dirà qualcuno un giorno. Oh! Ma quand’è che finisco di sognare? Le cave di tufo che si mangiano la collina sono alle spalle di chi guarda, come le caverne dei Saraceni, nella valle del Guaraldi, con quella vicenda che alimenta la leggenda non finendo di attirare curiosi e appassionati di storia e sulla quale tanto ha ricercato e scritto Aldo.
Mario è venuto al Romito a Natale. Non la finiva più di farsi meraviglia
Non se ne sarebbe più andato via. Siamo diventati amici. Abbiamo passato ore in “fratellanza di spirito” parlando fitto fitto, io e lui, di arte, letteratura, di tutto.

Anche ad Aldo piace, e si sa, che detto da lui è già un miracolo. Cosa farà Mario da grande? Chi lo sa? Per adesso studia da tecnico aeronautico ma ce lo vedo poco su quella strada. Aldo gli ha fatto anche l’oroscopo e lui non stava più nella pelle perché voleva sapere quello e quell’altro e se nel futuro avrebbe viaggiato e scritto libri e quando si sarebbe innamorato perdutamente. -La tua è proprio una fissa,- gli ho detto, ma goditi la vita con le tue pulzelle, mica ti devi fidanzare subito! Mi ha chiesto se quando gliene piace una di pulzella, deve donarle un mazzo di rose rosse! Una! Esclamo. Ne basta una di rosa, ma non era convinto. Mi piace considerarlo come un fratello, l’amico giovane, a volte strambo, afflitto da un “male oscuro” come dice lui, con fare ispirato e toni melodrammatici e allora se lo sente Aldo gli sibila qualche strofa mandata a memoria che lo fa trasalire: Osare l’inosabile, questo è il mio scoglio, oppure: Ciò che fingo d’essere e non sono, o anche: Gigi son triste stasera, fammi un cocktail di sette colori che divenir mi faccia arcobaleno! E poi si faceva ripetere da Aldo: Non pianger bambino ma vivi contrito seppur desideri morir vestito….E lui, perplesso, dice che deve meditare. Ma su cosa meditare! Prendi la vita come viene! Che sei così giovane! Gli diciamo entrambe. Ho visto che è rimasto colpito da alcune mie tele, va a istinto e ha le sue preferenze in pittura. Gliene regalerò qualcuna, se continueremo a frequentarci, come non ho motivo di dubitare. Quelle che lo hanno più colpito sono il nudino rosa addormentato e certi ritratti di giovani modelle.
