c’era la parola?

Ti ricordi quando parlavi e ascoltavi? e poi rispondevi, se ti pareva opportuno? Risale al tempo in cui la parola era in auge, prolissa o avara, spontanea, o forzata, stentata o debordante, ma sempre parola, autentica, e farina del tuo sacco. La parola eri tu, ti descriveva, lasciandoti esprimere come potevi. E allora ti ricordi quando c’era la parola? Preziosa, senza che tu te ne rendessi conto, tua o di altri, comunque unica, aveva il suo peso, significato e conseguenza, ricca di sfumature, o volutamente asettica (quasi mai) parlava di te dalla prima sillaba all’ultima, deteneva un valore maturato durante qualche decina di migliaia di anni.

Suoni gutturali, fonemi, prime vocali e poi sillabe, infine la parola strutturata, il significato della parola. Parola di uomo, non surrogato di parola di macchina. Oggi la parola? Quale? Lo sai che la parola, e non solo quella, è in via di dissoluzione, smembrata, sintetizzata e slogata da un sistema invasivo studiato da chi pensa di saperla molto lunga e che alla fine ha un piano in mente, conscio o inconscio che sia, lo si può immaginare. Il piano ovviamente presume un antefatto: che si chiama guadagno, tanto guadagno, coincidente con le montagne di denaro che hanno succhiato e che continueranno a sottrarre dalle tue tasche per farti acquistare iPhone, iPad, smart phone, computer portatili, eccetera ogni due tre anni. Ma non è questo che conta, non fraintendere, non sono un antimodernista antidiluviano, anch’io li utilizzo quei mezzi, sono comodi, veloci e non ne potrei fare a meno…(o forse sì?) Però gli ho dato un limite, un giusto valore, sono io che li amministro, non loro me, per cui accendo il Nokia della seconda guerra punica ogni due mesi, di messaggi non ce ne sono quasi mai, ma sai che bel vivere? I messaggi arrivano mediati, attraverso le parole di moglie e figlio, non sono un troglodita innamorato esclusivamente di Tradizione e passato, tutt’altro, mi interessa davvero cosa vogliono farci fare in futuro e dove vogliono condurci con questi “innocui” aggeggi che hanno ammazzato la parola e…il pensiero. Ma chi è stato? Quelli là, gli inconoscibili, l’empireo nebuloso che ci governa, i senza volto onnipresenti, gli amministratori del nostro io, ovvero speculatori sofisticati e anonimi, uomini del marketing più avanzato, geniali inventori di nuova scienza, impalpabile eppur pervasiva e invadente scienza. Hanno inventato nuove monete e strumenti di comunicazione di massa, e te ti devi adeguare; finanzieri senza etica e decoro, massacratori di economie e stati sovrani. Oh mah! Parole al vento, dirai te.

Non hai torto. Come diceva mia nonna: non bisogna abbaiare alla luna, la luna non risponde mai, chi vuoi che ti ascolti? Con chi ce l’hai? Con l’inevitabile progresso? Con le nuove tecnologie? Battaglia già persa in partenza, ritirati su un’isola deserta, allora, rimandato a settembre, studia meglio la lezione. Ci vedo del buono quando l’aggeggio si configura come strumento indispensabile, non come superfluo e tu ti stai dedicando al superfluo creando la necessità del superfluo per confonderla in seguito come esigenza irrinunciabile, le abitudini sono peggiori dell’attacca tutto. Chiaro il concetto?! Guarda che qualcuno ti osserva e ti studia e ti succhia dati anagrafici e altro studiando le tue abitudini eccetera, guarda che con quell’aggeggio, ossia il tuo amato iPhone consenti a qualcuno di farti carpire abitudini e alla fine anche idee…le tue idee, in una ….parola, diventi soggetto di analisi, influenzabile, indirizzabile, questo qualcuno vuole.

Chiamalo: potere sofisticato e subdolo, se ti piace. Guarda cosa è successo con qualche risultato taroccato di elezioni e referendum popolare nel mondo. Ma perché invece di rimbambire a premere tasti a cercare e a inviare messaggi non ti porti in tasca un libro? Uno da poco, un tascabile, da qualche euro o uno da mille lire quando ancora le lire esistevano. Pubblicato da eroici editori di un tempo! Scoprirai cose che manco te le immagini, avventure, personaggi, luoghi indimenticabili, intere epoche, proprio attraverso quei libercoli di poco conto, e intanto ti rifai il palato e il gusto per il momento in cui ricomincerai a usare la parola. Io ti osservo, sono la tua anima nera, ma ti voglio bene, alla fine, dicendoti che te sei diventato iPhone dipendente, senza accorgertene, giorno dopo giorno, ma che dico? dopo la prima ora ti saresti sentito perduto senza iPhone. Sì lo so, non dovrei dirlo, che ho gioito quando a mio figlio gli è scivolato l’iPhone di mano e che gli è passato sopra un camion. Non dire di no, ti vedo, sai, in metropolitana, per strada, in sala d’attesa, mentre lei o lui ti chiedono qualcosa, ma….mi senti? Sì, sì, ti sento, non è vero, non senti, sei risucchiato nell’aggeggio, stai cercando una strada con l’aggeggio, non dico che la cosa sia inutile, tutt’altro, ma, come dire? crea dipendenza; alla tua lei dici di amarla con l’aggeggio, comunichi le tue dimissioni con l’aggeggio e gli altri, sempre con l’aggeggio, ti rispondono in tempo reale, compulsivo, nevrotico, irreale. Sai perché ? L’aggeggio ha vinto, ti sovrasta, incapace come sei di limitarne l’impiego, e sai perché ? Perché non usi più la parola, quella vera, che ti ha sempre nutrito, e che hai fatto fatica ad imparare, cioè lo strumento per eccellenza che ti fa (faceva) vivere, la parola alla fine eri tu, le tue abitudini, la tua poca o tanta cultura, il tuo io stava nella parola e oggi sta nell’aggeggio. Da non credere. Non potrebbe essere diversamente. Pensare e parlare infastidisce chi vuole che tu pensi e dica senza dare fastidio, a chi vuole uniformare il pensiero, perché la parola, cioé il tuo pensiero può contraddire, contrastare, sobillare, aizzare e scompaginare l’uniformità di chi pensa per te e che vuole che tu pensi in un solo modo. Ahi! c’e qalcosa che non funziona. Tu chi immagini, ma di cosa stai parlando? Di te. Della tua vita, ti osservo, sai? Con lo sguardo, senza derogare da condotte comuni. tu dirai beh che è successo di così negativo, non capisco. Mi sono facilitato la vita. Ma non ti rendi conto che ti stai uniformando, che non parli più con le tue idee, corrette o sbagliate che siano, che stai perdendo la parola, come hai già perso la capacità di scrivere tenendo la penna in mano, (io compreso). Le statistiche non le ho inventate io. Che succede? C’è un disegno diabolico in atto? Hanno distrutto la parola, ecco tutto, non te ne sei accorto? Le sue sfumature, i suoi doppi sensi, i significati sottintesi, la ricchezza del significato. La tecnologia della moderna comunicazione ha semplificato, sfrondato, eliminato la vecchia parola e cioè la cultura che la sovrintendeva, creando il linguaggio asettico, sintetico, uniforme, una volta sterilizzato e semplificato il linguaggio esso non produrrà più frutti. Prova a scrivere Re Lear o Giulietta e Romeo o I Promessi Sposi via iPhone se ne sei capace. Ti sfido: prova a scrivere con carta e penna una lettera, se sei in grado allora sei salvo. Se distruggono la parola distruggono anche la tua identità di cui la parola è primo referente e conseguenza diretta. Davanti a te c’era un altro, omologo o no, ci potevi discutere, qualcuno in carne e ossa, un corrispondente, un umano anche nemico, non dico di no, col quale ti confrontavi, chiedevi, imploravi, cinguettavi e, per dirla con un termine onnicomprensivo: comunicavi, cioè vivevi. Okei, lo ammetto, una volta non potevi parlare con Uagadougu o Benares o Baltimora così come lo puoi fare facilmente adesso. Adesso hai l’imbarazzo di scegliere. Chiamalo: potere sofisticato se vuoi. Guarda cosa è successo con qualche risultato taroccato di elezioni e referendum nel mondo. Ma perché invece di rimbambire a premere tasti a cercare e a inviare messaggi non ti porti in tasca un libro? Uno da poco, un tascabile, da qualche euro o uno da mille lire quando ancora le lire esistevano. Il libro ti fa riflettere, l’iPhone no. Pubblicato da eroici editori! Scoprirai cose che manco te le immagini, avventure, personaggi, luoghi indimenticabili, intere epoche, proprio attraverso quei libercoli di poco conto, e intanto ti rifai il palato e il gusto per il momento in cui ricomincerai a usare la parola. Io ti osservo, sono la tua anima nera, ma ti voglio bene, alla fine, dicendoti che te sei diventato iPhone dipendente, senza accorgertene, giorno dopo giorno, ma che dico? dopo la prima ora ti saresti sentito perduto senza iPhone. Sì lo so, non dovrei dirlo, che ho gioito quando a mio figlio gli è scivolato l’iPhone di mano e che gli è passato sopra un camion.

Hanno preso una tua esigenza, l’hanno elaborata, agghindata, arricchita, uniformata e resa indispensabile a te, in una parola hanno creato una esigenza alla quale ora risulta difficilissimo rinunciare. Ti ricordi quando comunicavi con la parola vera? e non pigiando tasti tutti uguali e il tuo interlocutore non era esclusivamente l’iPhone, ma era un altro te stesso con cui ti confrontavi; era ieri e sembra passato un secolo.

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