La Cina di Chiara Rigoli. Medusa lessa a pranzo, lombrichi fritti a cena. Un’astigiana oltre la Grande Muraglia

cinaChiara Rigoli è nostra amica e segue tutte le iniziative editoriali che promuoviamo con l’amico Lorenzo Fornaca. Non ci siamo mai incontrati perché lei vive ad Asti, io a Milano. E siamo sempre indaffarati. Dirige un bel sito di valorizzazione del territorio piemontese che si chiama Astigiando e che si occupa di cultura, arte, bellezze del territorio, turismo e altro. Con lei condivido l’amore per la sua splendida terra monferrina

Qualche anno fa si è recata in Cina per lavoro e adesso vi faccio leggere cosa scrive. Ci troverete qualche utile consiglio se dovete recarvi là. 

Un assaggio del grande Paese di Chiara Rigoli

La prima volta ho vagato per alcuni giorni. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, completamente smarrita. Asti e Hong Kong hanno poco in comune. Si tratta di un altro pianeta e il primo impulso per chi si trova in questa dimensione, scagliata verso il futuro, è quello di rimpiangere le nostre città che sono ancora a misura d’uomo, in cui si può passeggiare con gli amici per il centro scambiando qualche chiacchiera. Le dimensioni e le atmosfere del famoso film Blade Runner a Hong Kong sono di casa e il Palio di Asti è solo un pallido ricordo. Hong Kong è britannica e cinese allo stesso tempo e le due anime si incontrano e si scontrano costantemente.

Qui hanno sfruttato ogni metro quadrato rubando spazi alla foresta tropicale: il cemento dilaga e combatte contro la natura, che pare soccombere. Grattacieli ovunque. Come funghi. Raramente grattacieli singoli, piú spesso sono gruppi di cinque, dieci e talvolta ancora più numerosi; tutti uguali, stretti uno all’altro, costituiscono una teoria d ininterrotta, sorta di enormi, brulicanti formicai, con migliaia di appartamenti piccolissimi. Gli enormi viadotti passano a mezza altezza a pochissimi metri dalle finestre dei grattacieli. Hong Kong patisce l’affollamento tipico delle cittá cinesi: nelle strade, nei centri commerciali, nella metropolitana. Ci sono cosí tanti pedoni per strada che i marciapiedi non bastano a contenerli. Formiche compresse nei loro formicai. Scontato chiedersi quanti sono questi cinesi. Ma come fanno a essere così in tanti? I percorsi per i pedoni si trovano spesso al “primo piano” su appositi viadotti, completamente isolati dal traffico cittadino che scorre sotto. Per lunghi tratti i viadotti passano all’interno dei grandi centri commerciali: una manna per i pedoni che godono dell’aria condizionata e sono protetti dal sole cocente di Hong Kong, e va bene anche per gli affari dei negozianti. Il sistema di mezzi pubblici di Hong Kong  rasenta il prodigio, con un’integrazione perfetta fra treno, metró e traghetto, ma anche qui l’affollamento é spaventoso e colpisce il viaggiatore occidentale. Fra le cose che probabilmente sono rimaste invariate ad Hong Kong da quando era colonia britannica ci soni i tram a due piani.

Cinesi contro cinesi, ma solo per gioco. Accade in metrò di vederli fissare i loro aggeggi tecnologici portatili e giocare uno contro l’altro. Allo cinastesso tempo nei parchi, gruppi di Cinesi fanno Tai chi: l’antica ginnastica di gruppo fatta di movimenti lenti al ritmo di musica orientale.
Hong Kong è ormai cinese ma non è vera Cina. Basta vedere il rigido controllo alle frontiere, il filo spinato e i soldati con il mitra per capire che Hong Kong è tuttora un’oasi nel panorama cinese.
Qualcosa non va al mio passaporto, dice il soldato cinese nella sua lingua. Panico. E se mi rimandano indietro? Penso. Interminabili minuti in cui ti senti smarrita e in balia di una burocrazia fantomatica e misteriosa. È capitato a me qualche interminabile minuto di controlli e poi ti fanno passare la frontiera: non lo auguro a nessuno!
Ma una volta passato il controllo dell’immigrazione, è Cina per davvero: ecco infatti Lo Wu a Shenzhen. Il treno che porta verso la frontiera é sempre molto affollato, tutti vanno a fare shopping a Lo Wu. A Hong Kong il costo della vita e quindi delle merci, sebbene inferiore al nostro, é superiore a quello del resto della Cina, perciò è conveniente comprare nella Mainland China. Shenzhen è la prima città cinese che incontri uscendo da Hong Kong e Lo Wu è un grandissimo centro commerciale cinese in cui si vende di tutto in centinaia di minuscoli negozietti.

Shenzen è la città-miracolo creata per volere di Deng Xiaoping negli anni ’80 come Zona Economica Speciale (in pratica un posto in cui le regole comuniste non valgono, e il governo cinese chiude un occhio e, se serve, anche l’altro, per lasciare mano libera agli imprenditori) strategicamente a ridosso di Hong Kong, in modo da attirarne gli enormi capitali. Shenzhen é passata da un borgo di pescatori a una cittá che oggi ha 11 milioni di abitanti. E stiamo parlando degli abitanti legali; i clandestini, provenienti dalle campagne della Cina e dai paesi del Sud-Est asiatico per prendere parte a questo miracolo economico e quindi sperare in una vita migliore, sono stimati in almeno 3 milioni. Le differenze con Hong Kong sono evidenti: quasi nessuno parla Inglese, devi fare attenzione ai bagagli, e poi finalmente incontri la vera cucina cinese non solo nei ristoranti ma anche nei chioschi per la strada. Niente di simile a quella che abbiamo in Italia, diversi anche da quella nei ristoranti di Hong Kong che si adattano ai gusti dei turisti.

Ovviamente non ti devi far troppe domande sulla pulizia e sull’origine del cibo: se sei schizzinoso: mangia senza chiedere troppi dettagli. Meglio se sei accompagnato da un cinese di fiducia che indirizza le scelte. Ristoranti, localini, padiglioni, capannoni, baracconi, bancarelle, chioschi, friggitorie ambulanti e tende di ogni dimensione dove specialità di tutti i tipi a prezzi convenienti saranno pronte a farsi degustare. Si mangia dappertutto e in continuazione. I pasti vengono considerati un importante rituale di gruppo, dove ognuno con i propri bastoncini può raccogliere il cibo da diversi manicaretti comuni. Molto comuni sono i ristoranti senza porte, quelli a gestione familiare, anche nei cortili delle abitazioni tradizionali, che si scovano addentrandosi nei dedali di vicoli e nelle viuzze secondarie; di norma sono frequentati dagli abitanti del luogo e preparano porzioni molto abbondanti, ma non dispongono di un menù in inglese.
I ristoranti più grandi dispongono di acquari dove potete scegliere il pesce che più vi piace che verrà direttamente pescato per voi, macellato e preparato. I cuochi cinesi spesso infatti cucinano davanti a voi quello che scegliete di assaggiare. L’arte culinaria cinese ha come obiettivo anche la valorizzazione di ogni tipo di alimento, e non è costretta da alcun divieto di tipo religioso. Cibarsi di medusa, serpente, vespe, api, cavallette, lombrichi e vermi, carne di cane, gatto, scoiattolo, topo, pangolini (un tempo anche scimmia) e altri animali, lontani dall’essere considerati alimento dalla cultura occidentale, è cosa comune e naturale; la tradizione ritiene che questi animali conferiscano forza e vitalità, in certi casi sono indispensabili per la salute del corpo, inoltre cibarsene è un sano esercizio del gusto. La carne preferita è quella suina, seguita da quella di pollo, da quella bovina e da quella di capra. Non risparmiano nessuna parte degli animali, preferite sono code di maiali e zampe di galline, per preparare piatti e pozioni di medicina tradizionale. Molto usate sono tutti i tipi di verdure cucinate o servite sminuzzati e crudi, con radici di vario tipo amalgamati con salse piccanti e non. Sempre presente in ogni tavola cinese è il riso, il più delle volte senza sale e in bianco, usato come il pane per gli occidentali; mentre la pasta, preparata con grano tenero, è abbondantemente condita con carni e varie verdure. La soia ed i suoi derivati hanno un ruolo molto importante. Le portate non hanno un ordine tradizionale come avviene in Occidente, sono servite tutte assieme in piatti distinti.

foto e testi di Chiara Rigoli   Astigiando