hai visto l’uomo della Sindone?

È investigatore attento e sagace Massimo Boccaletti, mio amico di lunga data, e giornalistaa di razza, in grado di condurci per sentieri affascinanti e tortuosi, e ancora da esplorare appieno, alla scoperta dei misteri che la Santa Sindone gelosamente o (divinamente?) custodisce. Si tratta di un oggetto vero o di un falso di eccezionale fattura che fa propendere per la sua autenticità? Eccezionale oggetto artefatto o misteriosa traccia divina che intende sfidare, per ora senza soluzione definitiva, fede e tenacia degli uomini che la frugano e la sondano e la studiano, da secoli, soggiogati dal fascino che sprigiona, alla ricerca del vero. Già, ma quale vero? Se pare che sia un manufatto risalente al Medioevo. Come scrive Vittorio Messori: l’ipotesi più probabile è quella di una colossale truffa o burla della storia.
Di un delitto atroce, di un disgraziato martirizzato come i Vangeli e ricavarne un lucroso falso… Oppure è stato Leonardo da Vinci, secondo la tesi di Vittoria Haziel: che scrive: Il maestro usò un ferro arroventato e disegnò sulla tela il suo autoritratto…o Leonardo da Lirey, un genio multiforme della contraffazione, in grado di creare quello stupefacente falso…peccato però, che nessuno conosca questo genio della mistificazione. L’ipotesi di una Sindone anteriore al XIII secolo non regge più, come scrive Boccaletti.

E poi ci si era messa anche Noemi Gabrielli, Soprintendente alle Gallerie e opere d’arte medievali e moderne del Piemonte che aveva scritto: La Sindone è la creazione di un grande artista, attivo verso la fine del Quattrocento …che ha usato la tecnica dello sfumato leonardesco….Non l’avesse mai detto! Apriti cielo!
I capitoli del volume ritraggono l’attività indefessa di illustri scienziati, lavori quasi febbrili, con giornali che titolano a tutta pagina: La Sindone è un falso, gridando allo scoop, trascinando nella polemica personaggi di fama e “smascherando” la famosa reliquia. Attraverso interminabili e sofisticatissime analisi emergono altre supposizioni, altre copiose verità che tradiscono il desiderio di sapere ancora. All’infinito. Tuttavia, mentre leggevo le pagine dell’incalzante indagine di Massimo Boccaletti cominciavo a pensare: ma perché indagare…ancora? Perché tutto quell’affanno nel voler ricorrere a tecniche raffinatissime, per frugare ancora in quella reliquia che, probabilmente e per chissà quale volontà, intende rimanere inconoscibile? Il cristiano ha forse bisogno di conoscere…TUTTO per credere?

Se Dio è rivelazione e fede è anche mistero, ovvero accettazione di verità insondabili e non catalogabili per l’uomo al quale egli si rivolge con fiducia, senza chiedere prove per farlo, ma per sua necessità. Verità di cui forse la Sindone rappresenta solo una traccia seppur cospicua. Supponiamo per un istante che sia Dio a volerci mettere alla prova desiderando lasciare quella traccia indecifrabile, grattacapo per scienziati e fedeli, alle prese col desiderio e la brama (?) di sapere, di risalire, di dirimere. A che scopo? Per credere di più? Per credere meglio? Per sentirci il cuore in pace e sollevati da ogni dubbio residuo? Per essere fedeli perfetti? Illudendosi che prove e analisi umane identifichino e certifichino l’esistenza del divino attraverso prove provate, il cui canone è stabilito dagli uomini?  Presuntuoso, alquanto meschino, non ti sembra? Ma tipicamente umano. L’imperante scristianizzazione coincide con la perdita della dimensione ultramondana. L’uomo nuovo scristianizzato è diventato l’uomo monodimensionale, autoreferenziale (finalmente o irreparabilmente?) voglio aggiungere. Ma qui il discorso si allargherebbe a dismisura. Amare la Sindone per quello che è: traccia insondabile del divino, o ritenerla apocrifa e quindi da rigettare, solo perché non mostra una data compatibile con la morte del Cristo? … La risposta la troviamo alla fine del libro: A pagina 281 Gian Maria Zaccone infatti scrive: Aver potuto dedicare tanti anni di studio, aver avuto il privilegio di stare a contatto con la Sindone lo considero uno dei doni più grandi, insieme alla mia amata famiglia, che il Signore ha voluto darmi. Possiamo passare anni chini a studiare quel Lenzuolo, ma quell’immagine non la puoi cacciare dalla mente e dagli occhi. Possiamo discutere e anche questionare sulla sua origine e sulle sue caratteristiche, tranne che su una: se vuoi e se sai ascoltare, quell’immagine è terribilmente eloquente…e ti costringe a un confronto, a interrogarti…Temo sia questa la vera ragione per cui tanti, forse anche inconsciamente, la rifiutano. Parole illuminanti, che a me bastano, e a te?

leggevi il Libretto della vita perfetta?

Ma l’hai visto quanto costava? Ne valeva la pena! L’uomo di Dio non ha bisogno di altra legge se non quella del suo Signore. L’uomo divinizzato risulta estraneo alla legge che informa la vita esteriore degli uomini, egli è escatologicamente diverso dall’uomo non divinizzato col suo corredo di credo laico. E così che la frase: date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio incespica e alla fine mostra tutta la sua inconsistenza. L’uomo che ha conosciuto Dio è una creatura che ha abbandonato il suo ego per raggiungere la perfezione della creatura in seno al creatore. Lui è in Dio, Dio è in lui, amato e voluto a seguito di quel processo di svuotamento necessario dell’essere che ha come fine ospitare l’armonia e la luce assoluta divina. Chi conosce la perfezione abbandona il frammentario, il parziale, l’io, lo dicono i santi, lo dice il libretto in questione rimandando a Eckhart. Chi fa questo va però contro la legge degli uomini. E non può pertanto dare nulla a Cesare, perché ha già dato tutto sé stesso al suo Dio. Che è divinità totalizzante, che richiede l’annullamento di qualsiasi soggettività, volontà compresa. Occorre infatti abbandonare ogni contingenza terrena, legge degli uomini inclusa. Riportiamo dal Libretto della vita perfetta di Anonimo francofortese un brano di pagina 53: Le parole di San Paolo: Quelli che sono guidati, spinti e condotti dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio e non stanno sotto la Legge Rm 8,14. …Non c’è neppure bisogno di comandare loro o di prescrivere di fare il bene e non fare il male, ecc. Perché quello stesso che insegna loro ciò che è bene e ciò che è male, cosa è il meglio e cosa no, esso stesso anche ordina loro e prescrive di stare al meglio e trascurare il resto, e ad esso ubbidiscono. Guarda, in questo senso non hanno bisogno di cercare alcuna legge, né per insegnamento né per comandamento. e riflessioni su queste parole ci portano lontano nello spazio e nel tempo. E, rileggendole osserviamo che, se prese alla lettera, le parole di San Paolo recano in sé potenzialità destabilizzanti fatte di eversione politica, sociale e umana. Il cristiano ortodosso non può dare a Cesare perché ha già dato tutto (compreso sé stesso) a Dio. Egli non sta sotto alcuna legge. Perché la legge di Dio è l’unica che riconosce.

Non può pertanto concepire una legge umana sovrastante a quella divina, o concorrenziale o paritaria. Pensiamo quindi all’impero di Roma, che si accontentava di imporre ai cristiani il rispetto della legge in cambio della tolleranza verso il nuovo rito. Ma i cristiani mal celavano le loro autentiche aspirazioni. Professare quella religione significava contrastare Cesare e la legge degli uomini. Al Dio dello spirito corrispondeva il Dio della Legge, dell’unica legge a cui il vero cristiano può obbedire: quella divina. E pensiamo anche al confronto sotterraneo, mai sopito, emergente in tutta la sua drammaticità, fra papato e impero. Un conflitto insanabile, motore di tutta la politica del medioevo europeo. Pensiamo alla mai sopita lotta fra potere papale e imperiale. Fra Papa Innocenzo III,

Gregorio IX, Urbano IV e Federico II di Svevia e ancora fra suo figlio Manfredi contro Carlo d’Angiò, la canaglia incoronata, secondo alcuni storici tedeschi, chiamato a contenere il progetto di un grande stato di concezione laica in Europa. Chi aveva perso e che cosa con la morte di Manfredi a Benevento? Un principio politico, religioso, una supremazia di un’entità sull’altra, la concezione del sacro e la sua influenza (intromissione) nella legge degli uomini che tentava, senza successo, di affrancarsi. Leggiamo ancora a pagina 53 cosa scrive l’Anonimo francofortese … Anche in un altro senso non hanno bisogno di alcuna legge: in quanto non devono tramite essa ottenere o guadagnare niente per sé, e neppure essa può esser loro utile in qualche modo. Vedi, in questo senso è vero che si può giungere al di sopra di tutte le leggi e virtù, e perfino al di sopra dell’opera, del sapere e del potere di ogni creatura. Adamo che mangia la mela contravviene a Dio e contravvenendo a Dio automaticamente afferma se stesso come volontà di indagare e di conoscere il mistero che dietro il mangiare della mela si cela. Il divieto divino infranto, ovvero la scaturigine della conoscenza esclusivamente terrena, il tentativo di sottrarsi a quel richiamo totalizzante che, se seguito, rende l’uomo illuminato, divinizzato, ma privato delle sue peculiarità ontologiche. Per l’eterna felicità occorre abbandonare ogni pretesa dell’io. Il dettato è inequivocabile e non ammette deroga alcuna. Pensiamo quindi ai re che incoronavano se vocando la protezione divina, e, in diretto collegamento con essa, godendo di un rapporto diretto, senza intermediari, volutamente privi dell’apporto ecclesiale. Pensiamo poi ai re che ancora si facevano incoronare dai ministri di Dio, suoi rappresentanti in terra. Emissari di un potere parallelo in perenne contrasto con quello del re, dell’imperatore. Sulla base di questo conflitto verranno dettate le nuove regole del potere in Europa. Enrico VIII riuscirà a svincolarsi da queste logiche. Napoleone Bonaparte, Garibaldi e Vittorio Emanuele II fecero di più, ma questa è un’altra storia. Oltre a questo tipo di lettura ce ne sono altre, assai più profonde. Il Libretto ce lo portiamo ogni giorno in metrò perché scrive cose di assoluta attualità, facendoci penetrare in quella necessità del volere Dio, come unico atto utile alla realizzazione dell’uomo illuminato, affrancato finalmente dalla contingenza terrena e dall’insopportabile disservizio della rete metropolitana milanese. 100 pagine per mezzo euro!! Dio non ti lascia troppe alternative Il Dio dei Cristiani non lascia alternative. O con lui, con la ricompensa del Paradiso e della vita eterna, o senza di lui, scaraventati nel buio dell’inferno. Detto così sembra un ricatto, ma ricatto non è; le cose infatti sono molto più semplici e nel contempo assai complesso. GOT LEIDEN: patire Dio, come spesso si legge nel Libretto della vita perfetta di Anonimo francofortese è la chiave per tentare di comprendere. Ma cosa occorre comprendere? Il Libretto ripete col Vangelo una cosa sola, scolpita nelle pagine di pietra della Fede: rinuncia a te stesso, perdi l’anima tua, è così che troverai te stesso, facendo posto a Dio, il quale dilagherà nella tua anima, come bene perfetto, assoluto, totalizzante, e tu così salverai la tua anima. Ma salvarla da cosa? Da te stesso, dalla finitezza dell’essere, da ogni volontà invidiale, da ogni presunzione di potenza, salvarla dalla tentazione dell’anima nel volersi ritenere autosufficiente. Rinuncia e distacco da sé stessi riempiono di desiderio e amore supremo e di nobiltà che rifiuta ogni finitezza per raccogliere l’Uno, il Dio che ama, in cui le creature illuminate esistono. Patire Dio non avrà il significato di sofferenza ma di accoglienza di Dio in tutte le cose, poiché Dio è in tutte le cose. A pagina 10 nella cospicua prefazione di Marco Vannini leggo: C’è qualcosa di fondamentale da comprendere, ed è la radicale malvagità del nostro essere, proprio in quanto volontà determinata. Una malizia che non si esprime necessariamente in atti cattivi…ma che consiste nell’affermatività del soggetto, nella sua volontà di appropriazione, di essere, di avere, di sapere. (Chi è che lo dice a Friedrich Wilhelm Nietzsche?) In essa tutte le cose vengono distorte, sottomesse a un perché, utilizzate, distinte in buone o cattive a seconda della rispondenza o no al nostro fine, che è necessariamente determinato. Il male è innanzitutto nel fatto stesso che la volontà non trova mai pace, ma solo inquietudine e dolore-…è la coscienza religiosa a scoprire la pochezza, la finitezza, la determinatezza e con ciò la meschinità, l’utilitarismo, la radicale negatività della volontà propria, in rapporto all’Assoluto, che, come il sole, su tutto risplende. A pagina 29 si legge: Finché l’anima ha di mira il corpo e le cose che gli appartengono, il tempo e le creature, viene così sfigurata e resa molteplice, ed allora ciò non è possibile. Infatti, se l’anima vuole giungere a quel punto (dare uno sguardo all’eternità e pregustare la vita eterna) deve essere pura e vuota di tutte le immagini, distaccata da tutte le creature, e soprattutto da sé stessa. E questo si pensa non sia mai avvenuto nel tempo. Ma San Dionigi lo ritiene possibile. Lo si ricava dalle parole che scrisse a Tolomeo: – Per la contemplazione del mistero divino devi abbandonare sensi e sensazioni, tutto ciò che la percezione sensibile può afferrare, ed anche la ragione e l’intelletto, e tutto quello che la ragione può concepire e conoscere…unisciti a ciò che è al di sopra di ogni essere e di ogni conoscere. Se c’è qualcosa di rivoluzionario nelle pieghe di questo Libretto, soprattutto in un periodo come questo, che dura ormai da qualche secolo, in cui scienza e tecnologia hanno alimentato illusioni di onnipotenza, è il ritorno all’idea di Dio. Il Libretto è una fonte generosa e dissetante in questo senso e un invito attualissimo alla distanza di settecento anni. L’anonimo francofortese ci induce a bere ancora a quella fonte. Dipende se uno ha sete o no. E la sorpresa è grande: da quella fonte sgorga un’acqua fresca e ristoratrice che non vorremmo smettesse mai. Tascabili Newton: cento pagine mezzo euro!! Accadeva un tempo ormai remoto.