il Gran Vecchio…

C’è chi lo chiama affettuosamente Gran Vecchio o fratello maggiore, chi Maestro, mecenate e guida, altri ancora ispiratore e mentore, ma in primis, per tutti è l’Amico. Personaggio (quasi) mitico, ecco un (altro) libro che lo riguarda. Considerazione, gratitudine, commozione e affetto per un giovanotto di 80 anni traspaiono dalle pagine. Il tutto si ridurrebbe a peana di consenso un poco stucchevole verso l’uomo e il suo lavoro di una vita che sconfinerebbe nella celebrazione. Il soggetto, indovino che rifiuterebbe tale cornice. Gli apprezzamenti riuscirebbero indigesti anche al festeggiato -tuttora attivissimo e impegnato culturalmente in nuovi progetti.- Il volume, invece, è sorprendentemente ricco, vivace e di facile lettura e sa svincolarsi dall’aspetto privato e di encomio. Sa insomma farsi racconto. Spaccato culturale della vita di destra, per molti versi ignoto, degli ultimi 50 anni. Il volume in questione pubblicato da Oaks edizioni  costituisce una miniera di informazioni, molte delle quali di prima mano. Aneddoti, amarcord, riferimenti a opere, citazioni ti fanno capire quanto vivace e attivo sia stato ed è tuttora il macrocosmo di destra dagli anni ‘50 ad oggi. E su quanti uomini di valore abbia potuto contare quella cultura; ancora oggi demonizzata dai brandelli marxisti leninisti (chi scrive ricorda le “occupazioni rosse” degli anni ‘70 delle facoltà umanistiche a Palazzo Nuovo a Torino). Volume denso di citazioni, riferimenti a opere, personaggi, filosofie, convegni, forum, mostre come quella recente, sui dipinti di Evola. Gli argomenti: da Julius Evola “all’imbecille” D’Annunzio, dai Manga a Tolkien, da Lovecraft alla passione politica, e poi la miriade di riviste e pubblicazioni cult, la Storia ucronica e la magia.
La cura maniacale del dettaglio, l’attenzione scrupolosa di citazioni e riferimenti a garanzia di esattezza filologica e semantica sono una delle cifre distintive del lavoro di GdT, (il baffuto individuo col sigaro della copertina). Un’esistenza diversa da quella che conduce, un’esistenza ucronica, ad esempio, per lui non avrebbe alcun senso avendo egli perseguito tutto ciò che animo, cultura e sensibilità gli suggeriscono.
In Fisica Quantistica si è soliti affermare che tutto ciò che potrebbe accadere, sicuramente accadrà. Il giovanotto di 80 anni sembra rappresentare tale assioma. 

Difficile la spigolatura del testo che si legge tutto d’un fiato, come se fosse l’avventura galoppante dello spirito ribelle; si desidererebbe ancora più dettaglio. Ho dovuto scegliere solo alcuni brani per ragioni di spazio, ma tutti gli interventi meriterebbero citazione.

Dall’introduzione: “è la cartografia di tutto un ambiente culturale, fatto di uomini e incontri, libri e convegni, iniziative progettate e altre realizzate, che ha visto in Gianfranco de Turris un punto di riferimento. Il volume nasce da un’idea di Nuccio D’Anna, accolta dai curatori e quindi da Luca Gallesi che ci ha permesso di farlo arrivare in libreria, trasformando efficacemente la dimensione privata di una «festa a lungo attesa» in una controstoria della cultura italiana.”

“In tempi non sospetti, Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco ci hanno detto che i capolavori del Fantastico non hanno nulla da invidiare ai grandi classici della letteratura convenzionale e, pertanto, come tali devono essere trattati.” Giuseppe Aguanno

“GdT ha continuato e continua nella sua opera di divulgazione, instancabile facitore di conoscenza in un mondo di ignoranti, con la consueta curiosità unita all’umiltà propria delle Grandi anime… i primi ottant’anni spesi bene, sono certo che i successivi saranno spesi benissimo! Mario Bortoluzzi

“Non esistono molte persone capaci di ragionare di questi tempi. Qualcuna l’ho incontrata. Gianfranco de Turris è una di loro.” Alessandro Bottero

“Tra mille incontri e telefonate ha sempre manifestato l’entusiasmo e la pazienza, l’attenzione, la fiducia e la complicità, nei tratti distintivi di un padre.” Giorgio Calcara

“Amico di una vita, grazie per essere stato un così prezioso compagno di strada …mi auguro di poter, ancora insieme, percorrere molte miglia sul sentiero affascinante della conoscenza, scrivendo e pubblicando tante pagine che nutrono l’anima.”  Giovanni Canonico

“il rischio di cascare a piedi uniti nella celebrazione è seriamente tangibile. Non lo farò: in troppi siamo debitori a GdT, a vario titolo …non nutro sensi di colpa, ma, semmai, un’immensa gratitudine per il mio intrattabile mentore.” Marco Cimmino

“Gianfranco, l’augurio migliore che posso farti per il tuo compleanno è che tu possa continuare ancora per molto tempo a donarci l’irrazionale, linfa insostituibile per lo spirito e per il cuore, per sognare e per costruire mondi.” Alessandra Colla

“Merito di Gianfranco de Turris è il recupero di un patrimonio spirituale e culturale enorme. Ma aggiungerei anche l’aver saputo vedere l’interesse duraturo di un insieme di opere, scritti e forme speculative che hanno dato consistenza a un aspetto della cultura italiana troppo spesso ignorato anche dai più attenti ricercatori.” Nuccio D’Anna

“Può essere orgoglioso di ciò che ha raggiunto – e di ciò che raggiungerà ancora, ne sono certo, perché si può avere ottant’anni ed essere più creativi che mai! Ad multos annos, caro Gianfranco! Alain de Benoist (Traduzione di Andrea Scarabelli)

“Navigatore ardito, avventuroso come gli eroi mitici che, al seguito di Giasone, parteciparono al viaggio dalla Grecia alla Colchide per la conquista del Vello d’Oro: Gianfranco de Turris è l’archetipo dell’argonauta, per il rigore intellettuale e il coraggio nel difendere le idee scomode in nome di una visione del mondo senza tempo.” Michele De Feudis

“Che piacere riabbracciarci, io e Gianfranco, due vecchi dinosauri sopravvissuti al fatale meteorite dell’esistere, lui sordastro, io quasi, entrambi con la barba bianca, entrambi con mezzo sigaro trale labbra.” Luigi De Pascalis

“L’ARGONAUTA: Quattordici anni di vita, 468 puntate, oltre 2500 interviste!…Uomo estremamente generoso, uno dei pochi “maestri” incontrati nella mia vita; il maestro che stimola, sprona, forma e soprattutto insegna, o sarebbe meglio dire consegna l’esperienza e il sapere ai suoi allievi.” Roberta Di Casimirro

“La sua identità è scivolosa; sì, proprio come la forza da cui molte esistenze sono di fatto animate; quella che proviene dal centro di tutto; dal fondo incondizionato che, del mondo, ci costringe a riconoscere la radicale inesistenza; senza invitarci a procedere al di là di esso, verso un mondo che non c’è.” Massimo Donà  

“In tanti anni, non l’ho mai visto scendere a un compromesso, mai venir meno a un impegno preso, mai commettere un atto d’ingenerosità, mai deflettere da quello che considerava il giusto cammino. Da ragazzo io ero un po’, diciamo così, scapestrato. Mia madre, che l’aveva conosciuto praticamente quando l’avevo conosciuto io, per cercare di temperarmi mi diceva sempre: «Ma lo vedi Gianfranco? Non puoi prendere esempio da lui?» Sebastiano Fusco

“Riscrivere, correggere, correggere ancora: non è proprio per tutti. Ad alcuni potrebbe addirittura parere, talvolta, di aver a che fare con un nume corrucciato, mai soddisfatto e intento a evidenziare il proverbiale pelo nell’uovo. Ma è apparenza, che vela invece l’amore per gli scritti chiari, ben ponderati.” Andrea Gualchierotti 

“È stato, l’avanguardia, o l’araldo di uno scontro tra diverse visioni dell’uomo e della sua storia che è, oggi, sempre più drammaticamente in corso.” Andrea Marcigliano

“Lei è l’emblema dell’onestà intellettuale, dell’aulicità priva di affettazioni e dello spirito di abnegazione necessari a chi è costantemente impegnato nella ricerca della verità…In Russia il Suo nome è molto conosciuto e stimato.” Dmitry Moiseev

“De Turris ha passato al setaccio tutto della modernità: indizi, simboli, presagi, analizzato l’Utopia e le ideologie del Novecento, la tecnica e internet, la letteratura fantasy e il revisionismo, il millenarismo e cosa accade dietro le quinte della storia, il folklore e le altre dimensioni. Senza mai dimenticare la critica e la cultura politica, agganciate all’attualità, alle spie che indicano i cambiamenti nella società e nella contemporaneità.” Manlio Triggiani

E, fuori dal contesto del volume: L’ho conosciuto a Milano decine di secoli fa, col suo amico editore Marco Solfanelli. Gli ho spedito mini Garuda augurali in ebano da Bali, e qualche cartolina, ma temo non si ricordi. Se qualche volta pubblico lo devo a lui, mi ha insegnato a mettere i punti e le virgole al loro posto e, ovviamente, tutto il resto.

c’era il guerriero immobile?

Dopo aver caricato su un carrettino prosciutto e formaggio acquistati dai contadini romani, una pattuglia tedesca lo blocca senza troppo riguardo (1943 o 1944). Infuriato, si mette a strillare, poi telefona al colonnello delle SS Eugen Dollmann, protestando. Verrà accompagnato a casa in auto con tante scuse, prosciutto e formaggio non gli verranno sequestrati.
Braccato dagli agenti della Military Police delle forze Alleate (6-7 giugno 1944) trascina per Roma una valigia di cartone piena di preziosi appunti e testi, riuscendo a sfuggire alla cattura. Spaventa Federico Fellini che lo va a trovare in incognito, (anni ‘60) raccontandogli del suo grave incidente mentre “trafficava con l’occulto.”
Né solo saggio, né racconto aneddotico e nemmeno esclusivamente cronaca. Di questi generi
Un filosofo in guerra edito da Mursia ha ereditato e sintetizzato il meglio: avvincente, incalzante, a tratti un giallo poliziesco, dal ritmo sostenuto. Il “detective” Gianfranco de Turris racconta un brano della storia d’Italia, narrando con passione, puntiglio, dovizia di documenti, informazioni di prima mano e di autentiche scoperte. Il periodo: quello tra i più spinosi e controversi del nostro Paese. Dal ‘39 al ‘45, quando l’Italia cambiò volto.
Nel volume molte le cose di rilievo: gli incontri segreti, i depistaggi, i complotti e le misteriose scomparse di uomini e di casse con preziosi archivi ed elenchi di nomi (1945). Forse inabissati di proposito nel Garda, forse nei meandri del Vaticano, o magari stipati negli armadi del PCI. Al riguardo c’entra anche un sacerdote, che, innamoratosi di una bellissima donna, esponente del PCI, per lei lasciò la tonaca ma poi, pentito, abbandonò la femmina per chiudersi in un convento. Ma chi è il filosofo in guerra? Il barone “nero” Julius Evola, al cui proposito Aldo di Ricaldone sugli Annali del Monferrato scrisse: “Il barone Evola coi suoi testi sottolinea con una delle più brillanti sintesi della storia umana il crollo del mondo Tradizionale di fronte allo sguaiato, ipocrita materialismo a favore delle masse, con la decadenza della genuina cultura e dei valori ideali e spirituali.”
L’opera di
Gianfranco de Turris qui si fa trama, vissuto speciale, avvincente racconto, sedimentato in una scrittura tesa e asciutta come ci ha abituato il suo stile. Un filosofo in Guerra fa pensare a quei giorni, alle sorti dell’Italia, a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Costringe a riflettere, a confrontarsi e infine a prendere posizione, indirizzando l’attenzione anche verso scritti di altri autori come Finis Italiae, di Sergio Romano, ex ambasciatore, che parla del dopo disastro bellico. Questo è un altro pregio de Un filosofo in Guerra: sollecita interesse, invita ad approfondire e a interrogare altre fonti.
Il protagonista indiscusso dell’opera, pittore dadaista, filosofo, esoterista, orientalista, e, secondo molti, profeta, Julius Evola, alias Carlo de Bracorens ovvero un fantasma che si aggira ancora nei meandri della cultura italica (o nei suoi rimasugli.)
Un articolo di Luca Gallesi su Barbadillo precisa i contorni dell’opera accennando anche a qualcuno che di recente, turbato all’udire ancora il nome Evola, ha gridato allo scandalo e alla vergogna.

Nel libro: numerosi gli incontri del barone, fra questi quello con Mussolini, subito dopo la sua liberazione, nel Quartier Generale di Rastenburg (20 luglio 1944); scriverà  al proposito Evola: «Aveva ancora indosso gli abiti borghesi sgualciti che portava al momento della sua liberazione al Gran Sasso: ricordo le scarpe pesanti e sporche e una cravatta tutta attorcigliata. Aveva una certa speciale luce, un’esaltazione febbrile negli occhi».

Mussolini salvato e subito ricattato da Hitler “marrano con lo scettro di pagliaccio feroce” secondo la definizione di Gabriele  D’annunzio.
Scrive de Turris: “Questo testo mi ha dato l’impressione di essere una specie di “fabbrica di San Pietro” mai conclusa: specie nell’ultimo periodo, sino alla vigilia della consegna all’editore, è stato riletto più volte con continui ripensamenti, correzioni, tagli e aggiunte, ritocchi, controlli di molti particolari in origine solo accennati e dati per scontati, tentativi di essere sempre più chiaro ed esatto per evitare equivoci e fraintendimenti altrui (anche voluti…), convinto che la precisione dei riferimenti e anche di singole parole in questi casi sia fondamentale. Se alla fine ci sia riuscito lo decideranno i lettori.” E più avanti: “Non avevo ancora capito la lezione della…Storia, di quanto sempre si nasconde nelle sue complicate pieghe! Incredibilmente, infatti, lo sottolineo ancora, notizie, testimonianze, informazioni, documenti e libri prima non noti sono continuati a balzare fuori nei modi più inaspettati e anche curiosi, addirittura casuali. Ed è quindi da supporre che continueranno a farlo, come se, ancora oggi nella vita di Julius Evola ci sia sempre da scoprire qualcosa, tanto è stata complessa e avventurosa su tutti i piani.” 

Ignoriamo se de Turris sia consapevole di aver rivoluzionato il modo di fare saggistica: aggiungendo cioè al piede di ogni capitolo una formidabile messe di note, riferimenti, rimandi a libri e a documenti, spesso di lunghezza equivalente al capitolo stesso.

Quello di cui non siamo affatto sicuri è che alla quarta edizione (tradotta per gli Stati Uniti e la Russia) riveduta e ampliata con documenti e immagini non se ne aggiungano altre. Il «guerriero immobile», come lo ha definito un suo biografo francese potrebbe riservarci ancora molte altre sorprese…dall’al di là. 

Dalla quarta di copertina del libro: “Una trama che non ha niente da invidiare a una spy story, tra servizi segreti, false identità, attività e viaggi misteriosi, ferite del corpo e dell’anima.Tra l’agosto 1943 e la fine della guerra, Julius Evola si muove in un’Europa al collasso: da Berlino al Quartier Generale di Hitler, poi a Roma, come agente dietro le linee; dopo l’arrivo degli americani è a Verona e quindi a Vienna dove, sotto falso nome, studia archivi massonici e viene ferito durante un bombardamento nel gennaio 1945, restando paralizzato.”

Nelle immagini: Mussolini a Rastenburg, nel Quartier Generale di Hitler, Julius Evola e Gianfranco de Turris a colloquio.

c’era il Fantastico?

Si fa presto a dire fantastico! Un viaggio, un pranzo, un amico, possono riuscire fantastici, o un programma tv, come quello del 6 ottobre 1979 quando andò in onda la 1ª di dodici puntate di “Fantastico”, condotto da Loretta Goggi e Beppe Grillo con Heather Parisi. Quanta acqua sotto i ponti! dirai. Ma niente di tutto questo c’entra col nostro fantastico, e allora cosa? Il Fantastico è qui soggetto eminente di un’opera singolare che si legge come un romanzo d’avventura. Edita da Solfanelli in onore dei 60 anni di attività di Gianfranco de Turris, noto internazionalmente per essere uno dei più accreditati conoscitori di questa osmotica materia. Il Viaggiatore Immobile, a cura di Andrea Gualchierotti, alla seconda edizione riveduta e ampliata – e già si parla di una terza ristampa – tratta di un altro genere di Fantastico, che questa volta non rima con meraviglioso, favoloso, sensazionale o formidabile, ma col quotidiano. A definire il Fantastico in questa sede ci aiutano i giornalisti Louis Pauwels e Jacques Bergier, autori de Le Matin des magiciens, opera del ‘60. Ecco cosa dicono: “il fantastico è come una manifestazione delle leggi naturali, un effetto del contatto con la realtà quando viene percepita direttamente e non filtrata attraverso il velo del sonno intellettuale attraverso le abitudini, i pregiudizi, i conformismi…” Cose astruse? Affatto, perché ci toccano da vicino più di quanto pensi. Fantasy, fantascienza, fantastico, science fiction e via dicendo: solo alcuni dei termini descriventi una dimensione che fa dell’onirico e del virtuale una eventualità possibile; quanti milioni di persone si sono incollate agli schermi, soggiogate dalle vicende di Odissea 2001 nello spazio, Blade Runner, Interstellar, Ex Machina, famose pellicole cult che rivelano tuttavia inquietudini riflesse e prospettive potenziali di un futuro possibile: di intelligenza artificiale  si imbottiscono ormai anche i materassi. Punto di forza de Il Viaggiatore Immobile una serie di testimonianze autografe imperniate sulla figura di Gianfranco de Turris, che descrivono un’avventura pluridecennale di cui non si percepisce la fine, perché il fantastico nasce e vive con noi, inossidabile compagno di ogni vicenda umana, in forza del suo significato: rappresentare la parte più autentica che è sogno, desiderio dell’ulteriore, fuga dal quotidiano. 

Così la “rivelazione dell’inconsistenza ultima della realtàsi legge nel libro, fa pensare. Tolkien, Lovecraft, Evola, Meyrink, Jung, sono i nomi che più compaiono, in una fitta sequenza di amarcord talvolta accorati, fatti di date, incontri e scontri, ricordi di tumultuose avventure editoriali e filosofico letterarie; contigue alla politica, esse sono apportatrici di nuove idee e interpretazioni del quotidiano,  conquistate con fatica e lotta. Al centro di questa avventura c’è lui, il viaggiatore immobile, ovvero Gianfranco De Turris, amato e osannato, o vilipeso e osteggiato, sempre scomodo, perché granitico nelle sue idee “scomode”, ingombrante presenza fuori dal coro, sempre. Dai numerosi interventi offerti dall’opera, che si legge come un racconto avventuroso, uno significativo, quello di Chiara Nejrotti tratto dal capitolo Nostalgia del sacro e critica alla modernità, l’opera di J.R.R. Tolkien: Negli anni Settanta del secolo scorso Gianfranco de Turris, insieme a Sebastiano Fusco, propose un’interpretazione simbolica del fantastico che si dimostrò particolarmente feconda nell’indicare chiavi di lettura e significati, che probabilmente sarebbero rimasti nascosti secondo analisi meramente letterarie o di stampo strutturalistico, così in voga in quegli anni. Egli, infatti, indicò per primo in Italia il legame esistente tra mito, epica e letteratura fantastica, mostrando come quest’ultimafosse l’erede – più o meno consapevole – delle prime due e, per suo tramite, si manifestasse, nell’epoca del modernismo razionalista e del disincanto, una autentica e, a prima vista insospettata, “nostalgia del sacro…”

Nelle immagini: dipinto di Julius Evola e la copertina dell’opera.

il viaggiatore immobile

(…) “come tutti, combatto quotidianamente con la Realtà, che mi diventa sempre più insopportabile per come è stata resa artificiosamente complicata e totalmente inumana.”
GdT

Un’opera singolare edita da Solfanelli: Il Viaggiatore Immobile, a cura di Andrea Gualchierotti, è alla seconda edizione riveduta e ampliata, e già si parla di una terza ristampa. Qualche motivo deve pur esserci. Il gran nocchiere, suo principale attore, scrutatore degli abissi del reale, attende. Oggi c’è bonaccia. Non è fisico il suo sguardo ma interiore. Sulla fiancata del suo naviglio sta incisa la frase del Principe Guglielmo d’Orange il Taciturno «Non occorre sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare.» L’opera: una sorta di canto corale di chi ha conosciuto da vicino il personaggio. Ma anche pretesto per trattare sotto varie angolazioni e raccogliere testimonianze sul Fantastico. Qui risiede la sua originalità. Il suo protagonista, diretto verso il mundus imaginalis, ha “interpretato leggende narrate da geroglifici fatali”, attraversato i territori dell’angoscia e del rifiuto di Lovecraft, le imaginifiche lande di Tolkien dove nascono e muoiono regni e sogni. Il suo equipaggio: quelli che hanno lavorato con lui e per lui confidando ora che il nocchiero, come Ulisse, Giasone navighi ancora. A molti di loro egli ha impartito severe lezioni di ars scribendi che coniugano rigore, ricerca, ostinazione nel voler dare il meglio, insegnando la scoperta di segrete cose, celate alla vista dei più. Paola De Giorgi non teme di definire Il taciturno nocchiere col suo sigaro spento incollato all’angolo della bocca: “il nostro stregone del XXI secolo. Uno dei pochi ancora rimasti di una generazione di stregoni che avevano l’arduo compito di effettuare la grande ricerca…Un maestro ha l’arduo compito di indicare la strada, senza mai sostituirsi ai propri allievi.” Dal vasto arazzo alle sue spalle traspare anche l’ucronica visione della storia. Egli ha indicato il legame tra mito, epica e letteratura fantastica, rilevando insospettabili legami fra mondi antichi e l’oggi, basta che leggi l’ultimo capitolo di suo pugno, dove il Mito cede il passo al Fantasy. Il nostro ha lavorato per decenni con lo spirito dell’alchimista, la precisione dello scienziato. A lui è toccato dirimere, collegare e proporre nuove letture del “reale”, insospettabilmente collegato col fantastico. 

Il gran nocchiere si chiama GdT l’acronimo del suo nome: Gianfranco de Turris.

L’opera parla delle avventure dirette o riflesse che lo vedono coinvolto, ma non solo. Un romanzo? un saggio? un racconto? o una serie di testimonianze? Nulla di “solo” questo. Piuttosto un amarcord redatto da ex “alunni”, colleghi e amici. Il Viaggiatore Immobile si avvale di testimonianze autografe per descrivere un’avventura senza fine. Il nocchiere ha la smodata passione per la Fantascienza, onnivora medusa che si nutre di sogni e di reale. Gianfranco de Turris è definito da chi lo conosce bene: “mastro orologiaio, promotore, animatore culturale, ispiratore, mentore, benevolo demiurgo, critico letterario, intellettuale acuto e stregone…” per il momento basta. L’individuo non è incline al complimento. L’immobile viaggiatore GdT ha solcato mondi iperuranici, messo alla frusta e aiutato a dare il meglio di sé decine di masochisti aspiranti Lovecraft. Il “Diogene del fantastico” sta rimuginando se, per caso, avesse lasciato qualcosa di inesplorato che valga la pena di sondare. Marco Solfanelli, uno dei suoi editori preferiti ed amico afferma: “Ancora oggi, la nostra collaborazione prosegue. Il mio atteggiamento nei suoi confronti è: Io con Gianfranco non ci discuto; faccio tutto quello che mi dice. La stima che provo nei suoi confronti mi fa accettare qualsiasi sua proposta editoriale, perché è per me garanzia di qualità…” GdT da decenni, è solito rilevare riscontri e legami, per scovare un indizio, il bandolo dell’intricata matassa che si chiama fantasy, termine così pregnante da scoraggiare la più caparbia volontà di interpretazione.

Il Viaggiatore Immobile è il diario di bordo di un’avventura ancora lontana dal concludersi, talvolta commovente, verso il “maestro, lo stregone, il mentore, infine il gentiluomo.” E intanto il Fantastico irrompe tra le pagine del volume, come mai prima lo abbiamo considerato. 
A descrivere Gianfranco de Turris ci pensa Errico Passaro: “(…) è il critico che questa Italia faziosa e provinciale non merita. Non è eccessivo definirlo il più grande di tutti i tempi, nel campo della critica fantastica…ovvero il più grande esperto del fantastico italiano.”

Nelle immagini: la copertina del libro, Gianfranco de Turris, un dipinto di Julius Evola.

Sotto il segno di Urania

Ci sono opere delle quali si apprezzano anche i punti e le virgole, è il caso de Sotto il segno di Urania  (per una storia dell’immaginario italiano), recita il sottotitolo, di Gianfranco de Turris. Il volume è stato appena pubblicato da Oaks editrice. L’opera sfugge a ogni seppur volenterosa classificazione, se mai ci fosse bisogno di inquadrarla in un genere letterario. Si legge come un romanzo, ma romanzo non è, e neppure saggio o antologia, quello che sicuramente fa è fornire gli strumenti a chi intenda inoltrarsi nell’intricato dedalo della genesi della fantascienza italiana. Sotto il segno di Urania  riserva sorprese a non finire, appassiona e intriga, attraverso la formidabile messe di nomi, date, riferimenti storici, sociali, politici e culturali. La sua equilibrata prosa trascina comunque spingendo a leggere ancora e ancora, fino all’appendice, anch’essa di rilievo. L’opera soddisfa gli appetiti degli appassionati di fantascienza e non. I primi scopriranno la ricchezza racchiusa in una miniera di informazioni e dati tutti godibili, i secondi saranno tentati di sondare l’universo fantastico italiano dischiuso dall’opera. Basta lasciarsi trasportare dal racconto (forse abbiamo trovato il termine appropriato) da rimandi, annotazioni e confronti per scoprire una verità parallela e affascinante. Sotto il segno di Urania suscita anche interrogativi: la davvero impressionante marea di titoli, autori, editori che si sono cimentati nell’offrire supporto e nutrimento alla nascita e al prodigioso sviluppo del fantastico italiano, conduce a un dubbio: e se la vera realtà, la più autentica, genuina e spontanea non fosse quella quotidiana, ma quella descritta nelle opere? onirica e imaginifica, grottesca e formidabile, spesso eccessiva e sbalorditiva proprio come il pensiero dei suoi creatori? La vera vita, insomma, sarebbe quella immaginata/immaginaria, col corredo dei suoi ambienti e invenzioni fantastiche, riedificata infine dalla Fantascienza. Ovvero la dimensione virtuale onirica che diventa autentica vita, in sostituzione di quella assai più piatta del quotidiano. Essa realizza il pensiero senza limite, dando corpo all’incubo o al sogno di un mondo migliore. 
Sarebbe poi eresia includere negli autori del fantastico quello più spettacolare e grande del mondo, interprete del fantastico allegorico teologico, ma sì, l’insuperato Dante Alighieri? A mio avviso scrittore fantastico per eccellenza. Una cosa appare fuori di dubbio: il termine “fantascienza” con la sua osmotica natura e le innumerevoli sfumature e contaminazioni appare sfuggente, pregnante, penetrabile al massimo grado; indica una morfologia concettuale e creativa vastissima e Gianfranco de Turris in questa opera, ce ne fornisce ampia dimostrazione. Qui di seguito alcuni suoi interventi più significativi: 

Pag. 144 “(…) La parabola di Luigi Capuana sembra quasi quella di Sir Arthur Conan Doyle che passò dal razionalismo assoluto di uno Sherlock Holmes allo spiritismo di cui divenne famoso sostenitore e divulgatore. Un aspetto dello scrittore siciliano che è come una filigrana sottotraccia della sua sterminata narrativa e che sarebbe il caso di riscoprire e studiare finalmente e in modo organico per fargli assumere il posto che gli compete alle origini del fantastico e della fantascienza italiani…”


Pag. 160: “(…) Verne e Salgari sono
riusciti a ben individuare quali sarebbero stati i lati negativi, gli errori del “mondo moderno”, del brave new world: il progresso vertiginoso che immaginavano ai loro tempi non avrebbe portato soltanto benefici materiali, ma anche effetti nefasti sull’umanità che non sarebbero riusciti a ripagare del tutto il benessere fisico. È una critica, anche abbastanza esplicita, a quella che oggi viene definita l’“americanizzazione del mondo”, non tanto in termini di super tecnologia alla portata di tutti, quanto di come l’American way of life ha profondamente modificato il nostro modo di vivere e di essere, quindi la nostra mentalità: ricerca disperata della prosperity a ogni costo, efficientismo, velocità, spasmodico arrivismo, commercializzazione di tutto (compresa l’istruzione e la cultura), ogni cosa ridotta a merce, declassamento dell’umanesimo, trionfo dello scientismo, dittatura delle banche e della finanza. È lo Specchio Oscuro della Modernità in cui noi oggi ci riflettiamo. Basti osservare l’umanità odierna che in tutto il mondo cammina, mangia, conversa, lavora, gioca con in mano cellulare e smartphone che guarda o maneggia incessantemente, always connected con tutto il mondo...Quello di Verne e Salgari era un mettere in guardia i contemporanei nei confronti di un futuro negativo che non volevano si realizzasse. Hanno fallito, non ci sono riusciti, si deve dire, ma così hanno scritto entrambi delle vere, piccole distopie anticipandone i dettami concettuali: società che paventavano e che noi viviamo in pieno sulla nostra pelle…”

Pag. 199: “ (…) L’Italia non ha una “tradizione” fantastica e fantascientifica vasta come la Francia, la Germania e la Gran Bretagna: il “fantastico” si bloccò con l’Orlando furioso dell’Ariosto, e dal Cinquecento in poi praticamente nulla apparve, imperando l’Umanesimo prima, l’Illuminismo poi (le eccezioni– Carlo Gozzi, ad esempio – confermano la regola). Per di più, il Romanticismo italiano fu essenzialmente “politico” e “civile”, impegnato come fu nelle Guerre d’indipendenza…”

Dalle note dell’autore: “ (…) Uno dei temi che più mi ha interessato nella mia vita di critico e antologista è stato, dal momento in cui ne ho avuto consapevolezza, quello del nostro immaginario, delle origini e dello sviluppo nel corso dei decenni della narrativa fantascientifica, fantastica e orrorifica italiana, e che penso di essere stato uno dei primi, se non forse il primo, a indagare con una certa metodicità, insomma, la cosiddetta “protofantascienza”. 

nelle immagini: la copertina, l’autore Gianfranco de Turris, la città di Antonio Sant’Elia.