c’era la carta carbone?

Scrive l’enciclopedia del sapere libero e universale, alias Wikipedia: Dicesi carta carbone una carta rivestita su un lato da uno strato di inchiostro asciutto, di solito unito a della cera, che era utilizzata per creare una o più copie di un documento durante la scrittura dello stesso. Viene chiamata più propriamente carta copiativa, in quanto se ne distinguono vari tipi e non tutti creano copie del colore nero tipico del carbone. Ti ricordi quanta ne usavamo? A scuola no perché la penna biro non era stata ancora inventata. In ufficio, anni dopo, con le macchine da scrivere manuali e poi elettriche, non c’era ufficio che non ne fosse provvisto. E anche a casa, perche dovevi assolutamente avere tre copie di un documento o di una lettera originale che con l’andare del tempo via via impallidiva, parlo dell’ultimo foglio quasi illeggibile, non potevi certo premere troppo rischiando di lacerare la carta per avere nitido anche l’ultimo foglio, che così sembrava scritto con la matita.

Che fine ha fatto la carta carbone? Triste fine visto che nostra sorella Wikipedia conclude con: Oggi, la carta carbone è caduta quasi in totale disuso. È stata largamente soppiantata da dispositivi elettronici come le fotocopiatrici, che permettono la copia di documenti in maniera più veloce e agevole. Inoltre, ha anche contribuito alla diffusione dei personal computer e delle stampanti negli uffici. Le moderne tecnologie hanno eliminato anche l’impiego di carta carbone manuale da tutti gli studi professionali. La utilizzano ancora taluni artigiani e chi si diletta con il bricolage. Non è che la carta carbone sia importante come cosa in sé, ti sporcavi anche le mani se premevi troppo i polpastrelli su quella serica funebre superficie che via via si consumava, se vogliamo dire, la carta carbone, come altri oggetti di consumo e strumenti di uso comune sono stati assorbiti dalla macchina che fa le cose meglio, che è assai più veloce, che crea copie perfette “inossidabili” per così dire, e che non sbiadiscono nel tempo. La carta carbone, come la penna, il pennino, l’inchiostro, la cornetta del telefono, la carta da scrivere e perché no? busta e francobollo servivano una utenza che, per comunicare verbalmente e oralmente, si affidava alla manualità, al gesto, all’oggetto, alla sua fisicità; ti ricorderai senz’altro della sferragliante rumoreggiante telescrivente, un’altro dinosauro sulla strada dell’affinamento per poi essere soppiantata dall’attestarsi delle nuove tecnologie, e come dimenticare il telefax: mandami un fax, dammi conferma via fax, senza fax l’ordine non passa, tutto via fax per mostrare evidenze (spesso contraffatte). Cosa? Cosa sono? Chi le conosce ormai quelle vecchie cose? Ottuse e assorbite nel grande imbuto della rete e delle rampanti nuove tecnologie, nonché dalla fuorviante frenetica sbornia dei social, dall’inconsistenza e dalla superficialità della comunicazione odierna, me la passi l’espressione? Non arrabbiarti, anche tu, come me, sei coinvolto in questo modo di comunicare. La carta carbone rientrava nel grande bacino dell’artigianalità, della manualità, degli oggetti fisici che si consumavano via via con l’uso, la mail che già è una roba antica oggi, rappresentava il futuro remoto per quei tempi. Tornando alla carta carbone, se non mettevi per bene e ben disteso il foglio veniva fuori un pasticcio illeggibile. E se il foglio era stato usato troppe volte: idem. La macchina ci sostituisce o meglio ci ha sostituito fino a ieri, e adesso? Adesso basta un click, un pulsante, un iPhone, una presa di corrente…appunto e se non ce l’hai la corrente? Hai la batteria. E se non funziona la batteria per i fatti suoi? Sei alle prese con una tecnologia che ti esclude perché incomprensibile, lo sai te come funziona un cellulare e lo sapresti riparare? Qualcosa a cui sei estraneo a meno che tu non sia un tecnico specializzato. il gioco è fatto. Ti han tagliato fuori. Ci hanno tagliato fuori. Lo scriba comunicava sempre e comunque, il monaco che copiava antichi testi anche, e così lo scrittore, lo storico, il poeta, lo scolaro prima dell’avvento della tecnologia che tutto fagocita e trattiene in sé, loro comunicavano e duplicavano i loro scritti. Senza problemi. Ti faccio un esempio: Se sei in mezzo al deserto o nella jungla e ti viene voglia di comunicare cosa fai? Col cellulare, l’iPhone, ma se l’hai appena scaricato e la jeep risulta sprovvista di presa che fai? Ma perchè devo andare nel deserto? dirai. Giusto, non fa una grinza. È solo per dirti che le nuove tecnologie pensano solo a sé stesse, sono egoiste, non pensano a te e alle condizioni in cui ti trovi, e se non c’è corrente elettrica apriti cielo. Ma non divaghiamo. Per quelli che, come me, hanno usato la carta carbone per anni di seguito non è una grossa perdita, non c’è nostalgia, intendo, è una cosa che non c’è più e basta, ma una sottile vena di inquietudine ce l’ho. Se penso che le tue mani, la capacità di arrangiarti comunque con mezzi semplici e alla portata di tutti è sparita perché inutile e antidiluviana, devi adattarti, si fa più in fretta; meglio se ti affidi al sistema. E invece no. Sarà l’oggetto che salverà il mondo, le tue mani, la tua fantasia, il modo che hai di sbrigartela comunque e cavartela perché aguzzi l’ingegno, con o senza tecnologia. Non la macchina o il virtual, e nemmeno il social, (non voglio fare l’apocalittico o il troglodita ma ho più fiducia nella mazza, nella scure, nella zappa, ecc.) La carta carbone non è del tutto sparita, essa resiste ancora in qualche bollettario di consegna e invio merce e nel blocchetto di ricevute di qualche drogheria di alta montagna. Faccio per dire. Pelikan, che la sa lunga su prodotti di consumo e utensili di scrittura, su: Chimica on line la pubblicizza ancora. Non ne sono sicuro ma dietro qualche bacheca di museo devono avercela collocata la carta carbone. Vado a controllare e poi ti dico.