L’onnisciente Artificial Intelligence, se consultata in rete, alla voce William James, recita: “L’utile è il criterio del vero, e il valore di ogni concezione, perfino metafisica, risiede nelle sue conseguenze pratiche.” secondo alcune fonti di psicologia e filosofia e www.filosofico.net. Questa frase riassume il nucleo del pragmatismo, una corrente filosofica che secondo alcune fonti enfatizza l’importanza delle conseguenze pratiche e dell’utilità nell’individuare la verità. In altre parole, una credenza o un’idea è considerata vera se porta a risultati positivi e funzionali nella vita reale, indipendentemente dalla sua corrispondenza con una realtà oggettiva. Questo approccio si applica anche a concezioni più ampie, come quelle metafisiche, che vengono valutate in base alla loro capacità di guidare l’azione e di portare a un miglioramento della condizione umana.” Ci pare che questo basti per porre sotto la lente di ingrandimento il luogo in cui queste idee abborracciate hanno attecchito più che altrove. Lo facciamo attraverso le tesi di due grandi pensatori del secolo trascorso, e, per quanto riguarda l’odierno, con l’ausilio di
Gillian Tett, famosa columnist del Financial Times. Nel vivo dell’America desacralizzata, ex gendarme del mondo. Soggetto di scottante attualità e di contrasti smarrenti.
“(…) Anche l’America ha creato una civiltà che rappresenta la precisa contraddizione dell’antica tradizione europea. Essa ha introdotto definitivamente la religione della pratica e del rendimento, ha posto l’interesse al guadagno, alla grande produzione industriale, alla realizzazione meccanica, visibile, quantitativa, al di sopra di ogni altro interesse. Essa ha dato luogo ad una grandiosità senz’anima di natura puramente tecnico collettiva, priva di ogni sfondo di trascendenza e di ogni luce di interiorità e di vera spiritualità…
Nella foto in alto Gillian Tett e in bianco e nero William James
Così se l’America non ha, come il comunismo, messo ufficialmente al bando l’antica filosofia, ha fatto qualcosa di meglio: per bocca di William James ha dichiarato che “il valore di ogni concezione, perfino metafisica, va misurato dalla sua efficacia pratica, la quale, nel quadro della mentalità americana, finisce quasi sempre col voler dire economico sociale…Tutti possono diventare tutto alla condizione di un certo addestramento, l’uomo in se’ e una sostanza informe plasmabile, cosi come il comunismo vuole che egli sia, quando, in biologia, considera come antirivoluzionaria e antimarxista la teoria genetica delle qualità innate…Il comunismo sovietico professa ufficialmente l’ateismo. L’America non giunge a tanto, ma, senza accorgersene, essendo anzi spesso convinta del contrario, corre lungo la china in cui nulla più resta di quel che negli stessi quadri del cattolicesimo aveva significato di religione…La sola vera religione americana è il calvinismo, come quella concezione per cui la cellula vera dell’organismo non è l’individuo ma il gruppo. Agli occhi di un Americano puro l’asceta non è che un perditempo, un parassita della società; l’eroe, nel senso antico, non è che una specie di pazzo pericoloso da eliminare con opportune profilassi pacifiste e umanitarie, mentre il moralista puritano fanatico viene circondato da una fulgida aureola….Nella grandezza smarrente delle metropoli americane ove il singolo “nomade dell’asfalto” realizza la sua nullità dinanzi al regno immenso della quantità, ai gruppi, ai trust, e agli standard onnipotenti, alle selve tentacolari di grattacieli e di fabbriche, mentre i dominatori sono incatenati alle cose stesse che essi dominano, in tutto ciò il collettivo si manifesta ancor di più, in una forma ancor più senza volto, che nella tirannide del regime sovietico. La standardizzazione intellettuale, il conformismo, la normalizzazione obbligatoria e organizzata in grande sono fenomeni tipicamente americani, ma pur collimanti con l’ideale sovietico.
Nulla di più falso che l’anima americana sia aperta, spregiudicata: non ve n’è altra che abbia tanti tabù. Ma essa li ha fatti propri in tal guisa, che non se ne accorge nemmeno. Lo standard morale corrisponde a quello pratico dell’americano. Il comfort alla portata di tutti e la superproduzione nella civiltà dei consumi che caratterizzano l’America sono stati pagati col prezzo di milioni di uomini ridotti all’automatismo nel lavoro, formati secondo una specializzazione ad oltranza che restringe il campo mentale ed ottunde ogni sensibilità…Stalin e Ford si danno la mano e, naturalmente, si stabilisce un circolo: la standardizzazione inerente ad ogni prodotto meccanico e quantitativo determina e impone la standardizzazione di chi lo consuma, l’uniformità dei gusti e così via. (…) “(*) Dalla rete si evince anche: “Marx sosteneva che nel capitalismo i mezzi di produzione (come le fabbriche e le macchine) tendono a diventare un fine a sé stante, anziché rimanere semplici strumenti per la produzione di beni utili. In altre parole, l’accumulazione di capitale e la crescita della produzione diventano obiettivi prioritari, spesso a scapito del benessere dei lavoratori e della società nel suo complesso. Questo processo, secondo Marx, porta a una serie di contraddizioni e squilibri nel sistema capitalistico.
E per quanto concerne l’oggi: Una giornalista indaga affondando il suo scandaglio nel magma desacralizzato del sistema capitalistico a stelle e a strisce, e nei complessi meccanismi politico finanziari della “civiltà” d’oltreoceano.
Lucidità e competenza delle sue analisi, profondità nella disamina e acume nell’interpretazione di dati ed eventi caratterizzano il suo lavoro spesso associato a indubitabili doti di “preveggenza” dei fenomeni. Gillian Tett è fra le voci più significative nel sondaggio del cosiddetto sogno americano. Columnist del Financial Times, la giornalista si occupa eminentemente di finanza di quel paese, (ma non solo) correlata alla politica.
Debito pubblico, asset, bond, investimenti, mercati e stagnazione costituiscono solo alcuni dei temi che sono pane quotidiano per i suoi articoli, capaci di interessare anche i non addetti ai lavori. Fra i temi privilegiati dei suoi articoli gli accadimenti e le ripercussioni economico-politiche finanziarie del gran paese, fino a poco tempo fa, gendarme del mondo. Qui di seguito un brano di un suo recente articolo:
Financial Times, 4 luglio 2025
The Lunar Society is a cautionary tale for Trump’s America
When political populism collides with scientific innovation, there is usually only one winner
“Questa è la storia della Lunar Society, una rete di imprenditori, scienziati e cittadini curiosi, nata a Birmingham a metà del XVIII secolo. Si basava su cene tenute durante la luna piena per favorire i viaggi (da cui il nome). Nel corso di diversi decenni, questa rete ha dato il via a invenzioni che hanno accelerato la rivoluzione industriale, tra cui la scoperta dell’ossigeno e dell’acqua gassata (di Joseph Priestley), motori a vapore avanzati (James Watt) e ceramiche innovative (Josiah Wedgwood). Consideratela una versione settecentesca della Silicon Valley, un luogo in cui l’innovazione è esplosa perché gli individui chiave erano vicini gli uni agli altri e operavano in una comunità intellettualmente diversificata e libera con molti meno controlli politici rispetto a luoghi come Londra. Nel 1791 la Gran Bretagna sperimentò un’ondata di polarizzazione politica e populismo. I gruppi attaccarono i laboratori della Lunar Society, innovatori come Priestly emigrarono e la rete crollò. “Il danno è andato oltre la distruzione fisica”, osserva David Cleevely, un imprenditore britannico, in un nuovo libro, Serendipity. “Le rivolte hanno inviato un chiaro messaggio sulla vulnerabilità delle reti intellettuali alle pressioni politiche . . . e si è diffuso un clima di paura”. Questo risuona 234 anni dopo. Ad Harvard, ad esempio, 2 miliardi di dollari di finanziamenti per (principalmente) la ricerca medica sono a rischio a causa della vendetta politica del presidente contro l’università. Alla Nasa, metà del budget per la ricerca scientifica è a rischio in base ai piani di finanziamento di Trump per il 2026. Si prevede che miliardi di dollari verranno cancellati anche dai bilanci della National Science Foundation e del National Institutes of Health. In effetti, Cassidy Sugimoto, professore di politiche pubbliche al Georgia Institute of Technology, ha suggerito questa settimana a Londra che la totalità delle mosse di Trump significava che la scienza avrebbe dovuto affrontare un “taglio del 50%” in tutti i finanziamenti del governo americano per la ricerca. “Trump ha tagliato i finanziamenti alla scienza ai livelli più bassi degli ultimi decenni”, ha lamentato. Ma ciò che è notevole quanto questi numeri è la paura suscitata dagli attacchi politici di Trump alle cause “svegliate” (come la diversità) e alla scienza che i suoi sostenitori populisti non amano (come la ricerca sui vaccini). La Casa Bianca insiste inoltre sul fatto che le strutture di finanziamento scientifico erano così gonfiate da richiedere una revisione per innescare una nuova “età dell’oro” della scienza. Inoltre, non vi è alcun segno che questo attacco abbia effettivamente danneggiato la macchina dell’innovazione in luoghi come la Silicon Valley – o almeno non ancora. Forse questa non è una sorpresa. In campi come l’intelligenza artificiale, una quota crescente della ricerca avviene ora nel settore privato. E molti innovatori in California stanno cercando di isolare il baccano proveniente da Washington e concentrarsi invece sui propri progetti. “È una tattica di coping”, mi dice uno. Ma la morale della saga della Lunar Society è che nessuna rete di innovazione è sicura. Questo attacco è follemente autodistruttivo. Quindi, questo 4 luglio, speriamo che lo scioccante attacco di Trump alla scienza venga invertito. Nel frattempo, i leader aziendali e i politici del Paese devono urgentemente sostenere gruppi di lobby come 314 Action, che si oppongono ai piani di Trump, e far sentire la propria voce. Pensaci la prossima volta che vedrai una bottiglia di acqua frizzante e poi ricorda il 1791”.
Ignoriamo se le conoscenze di Gillian Tett comprendano le pagine di (*) Rivolta contro il mondo moderno e le critiche di Karl Marx al capitalismo. E non sappiamo come consideri le convinzioni, per noi nefaste, di William James.
Nella foto Gillian Tett con Emanuele della Valle (Tods)














