ai bambini parlavano di peni di gomma e vagine in peluche?

La notizia l’aveva pubblicata nel lontano 26 novembre 2013 il quotidiano METRO di Milano. L’ho conservata fino ad oggi, letta e riletta. Gli Svizzeri, che sono degli originali buontemponi, quando ci si mettono ne pensano una meglio dell’altra: hanno fatto realizzare una sex box per i bimbi e per le loro maestre (sí, hai capito bene, una sex box!) che avrá la funzione di illustrare i concetti di base della nuova didattica sessuale. La scatola contiene peni di gomma e fumetti per insegnare loro come possono toccarsi….

sex

Sì, hai capito bene. L’educazione sessuale a scuola comincia dalla culla, o poco dopo. Per i bimbi dai sei a dieci anni si parla anche di masturbazione, di preservativi e educazione sessuale. E poi c’è anche un sussidiario dove si vede una bambina che si masturba e un’altra che la guarda e la imita e poi c’è un maschietto che maneggia il pisello di un altro. Perché occorre indirizzare i bambini a scoprire la loro sessualità, per far provare loro piacere fisico, psichico ed emozionale. Così scrivono, pensano e mettono in atto gli Svizzeri. Mica l’ho sognato. C’è scritto.
La fondazione svizzera per la protezione dell’infanzia dà il disco verde all’iniziativa. Dimenticavo: nel sex box ci sono, oltre ai peni di gomma, anche quelli di legno e vagine in peluche…

E poi  Angelo Romano e Andrea Zitelli in valigia blu scrivono l’otto febbraio del 2016:

«È a scuola che si diventa cittadini del futuro». Michela Marzano, filosofa nell’ambito morale e politico, spiega così l’importanza dell’educazione sessuale a scuola. «Bisogna dare ai bambini degli strumenti per costruirsi, per affrontare le difficoltà della vita – spiega Marzano intervistata nella puntata di Presa Diretta, programma giornalistico di Riccardo Iacona, dedicata al “Tabù del sesso” in Italia e dalla Rai, spostata per l’occasione in seconda serata. Decisione criticata da più parti (La Rai ha bloccato anche la messa in onda della replica prevista come di consueto il sabato pomeriggio, sostituendola con un film Disney) –. Questo è il compito della scuola. D’altra parte la pratica sessuale appartiene alla sfera privata. Per quanto riguarda invece il rispetto dell’orientamento sessuale è un discorso pubblico». Per questo, conclude la filosofa, «noi dobbiamo insegnare il rispetto di ciò che siamo nonostante le nostre differenze». Ma l’importanza di un tale insegnamento tocca altre questioni molto serie per la salute. Si legge infatti nel rapporto “Policies for Sexuality Education in the European Union” (2013) pubblicato dal Dipartimento Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue che «gli esperti hanno affermato in numerosi studi e rapporti che un’educazione sessuale insufficiente porta ad un aumento del tasso di gravidanze in età adolescenziale e a una maggiore quantità di persone che soffrono di AIDS e malattie sessualmente trasmissibili». Per questo motivo «l’educazione sessuale dei giovani deve essere considerata come uno strumento appropriato per prevenire questi effetti negativi». Non ci piove, se si tratta di arginare e far decrescere gravidanze indesiderate oltre a frenare malattie e comportamenti sessuali a rischio dei giovani mi associo, ma le vagine di peluche e i peni di gomma per i maschietti svizzeri, per insegnar loro a toccarsi, scusa, ma non li mando proprio giú. Sapete che mi è venuto un senso di nausea e che non riesco commentare una faccenda del genere? Mi piacerebbe sentire cosa ne pensi, perché temo che nel frattempo gli Svizzeri siano andati avanti nella promozione del know how sessuale nelle scuole. Oltre alla vagina di peluche cos’altro bolle in pentola?

I miei insopprimibili indizi di scrittura

Ricordi e progetti di padre Angelo Zelio Belloni

Padre Angelo Zelio Belloni è amico mio da lunga data. Scrittore, teologo e frate predicatore itinerante. Numerose sono le sue iniziative a sostegno dei bambini del Terzo Mondo, bisognosi di educazione, cibo e famiglia. Ecco alcune sue note biografiche

Da mia madre Savina, lavoratrice dei campi in quel di Mirandola (Mo), oltre che una fede solida, ho ereditato una spiccata sensibilità per i problemi delle persone e della società in genere e il desiderio di impegnarmi sempre in prima persona. Da mio padre Corrado una cocciutaggine che è tutto dire. I più poveri, durante la guerra e nel periodo seguente ricordarono per tutta la vita con enorme gratitudine che nel tempo della fame avevano potuto mangiare pane e polenta grazie all’aiuto di mia madre. Lei, infatti, dopo la mietitura andava a spigolare nei campi per poter donare qualche pezzo di pane buono a quanti le si rivolgevano. Tante persone riconobbero in mia madre il dono del consiglio dopo averle aperto il cuore in situazioni personali e familiari davvero difficili. Stiamo parlando dell’ultima guerra e del periodo seguente.

angelo3Entro in convento a San Domenico di Fiesole a 18 anni e, durante il triennio filosofico di Chieri (TO) conobbi persone e figure illuminate come Luigi Ciotti, Ernesto Olivero, Padre Lataste, Suor Eva Maria, Chiara Lubich e altri ancora.
Il forte desiderio di andare verso gli emarginati si concretizzò successivamente con un lavoro tra i tossicodipendenti di Piazza Grande di Bologna e i sottopassaggi adiacenti. I miei maestri di vita mi suggerivano vicinanza, affetto, condivisione, superamento del giudizio, aiuto in situazioni di emergenza per evitare il peggio. Nacque così l’idea di creare un piccolo centro di accoglienza serale per i giovani della piazza in uno spazio ricavato nella Basilica di san Domenico proprio con entrata in piazza san Domenico. Lì i giovani della piazza avrebbero potuto rifocillarsi consumando i panini forniti dalla cucina del convento e parlare con qualcuno di noi studenti di teologia che ci alternavamo ogni sera.

La città di Firenze mi offrì in seguito la possibilità di creare un gruppo stabile di persone e famiglie disponibili e competenti con una rete di contatti per affrontare i diversi aspetti del problema tossicodipendenze: sanitario, psicologico, familiare, lavorativo, legale, economico, ecc. Tale gruppo volle chiamarsi “Comunità degli ultimi” facente parte del Coordinamento delle Comunità di Accoglienza promosso dal Gruppo Abele di Torino.

Da questa e da altre vicenda si sentì il bisogno di creare quanto prima la nostra comunità dove poter operare secondo i criteri più idonei sulla base delle diverse fisionomie personali. Ma non posso dimenticare, Alessandro, Sandro, Enrico, Luciano, Daniele, Giovanni e tutti glia altri che sono passati da noi con il loro carico di traumi, violenze subite, fallimenti, tentativi di riscatto. Qualcuno, non molti, alla fine riuscirono a sfuggire alla presa fortissima della droga e ritornarono a una vita normale. Alla fine, per ordini superiori, posi termine a questa esperienza, cosa che ho fatto non senza cadere in una profonda crisi interiore, proprio perché impedito a continuare su quella strada.

Il Sudamerica e il misterioso mondo dei Maya

Intanto i miei compagni e confratelli incominciarono a pensare ai paesi dell’America centrale dove i missionari domenicani, animati da un forte spirito evangelico avevano seguito gli spagnoli nel 1500 annunciando – non senza detestabili e condannabili eccessi – l’Evangelo ai popoli indigeni di quella regione. I missionari domenicani erano ritornati in Guatemala nel 1976 in piena guerra civile scegliendo la più povera delle regioni, la foresta del Peten al confine con il Chapas messicano per accogliere tutti i disperati che fuggivano dalle zone calde del conflitto, dai terremoti devastanti del sud o che comunque cercavano un pezzo di terra dove seminare mais e fagioli per il quotidiano sostentamento delle numerose famiglie. Purtroppo da allora, con la necessità di creare terreni coltivabili, iniziò la distruzione tramite incendio, e mai cessato, del secondo polmone verde del mondo.

I miei compagni alla fine degli anni 80 si organizzarono per visitare le diverse fondazioni delle suore a Città del Guatemala e nel Peten. Tutte le suoreperipezie di quei viaggi a dorso di cavallo su strade inesistenti nel folto della foresta oppure in canoe di legno sui fiumi infestati da caimani e rettili d’ogni specie, gli incontri con gli indigeni nei loro variopinti costumi, l’impatto con un ambiente e una cultura assolutamente diversi. Sì tutto ciò ci veniva riportato con dovizia di particolari e anche noi ci sentivamo oltre che missionari in terre vergini anche un po’ esploratori del misterioso mondo dei Maya che avevano disseminato proprio in quella foresta i ricordi di una civiltà gloriosa, ormai sepolta nell’oblio.

Il passo successivo alle visite era la nascita di un legame sempre più stretto con le comunità operanti in diversi municipi (comuni) del Peten con un impegno sempre più concreto a sostenere i progetti in fase di realizzazione. I primi interventi e aiuti furono concentrati presso la missione delle suore domenicane di Santa Eléna (Flores): col sostegno all’infanzia tramite «adozioni a distanza», la riorganizzazione dell’ambulatorio odontoiatrico del dispensario (poliambulatorio), la prevenzione e igiene dentaria nelle scuole elementari; e la costruzione, nel 1995, di un «Centro per la promozione della donna», che permette la formazione umana e professionale per molte donne.

Il mio primo viaggio in Guatemala risale al 2004

Lì m’innamorai della sua gente gioviale, accogliente nonostante le tragedie che ha vissuto nella lunga guerra di più di trent’anni. Sempre capace di condividere una tortiglia con fagioli e un uovo.

angelo 2E fu in quel luogo che successivamente elaborai il progetto VACCHE DA LATTE PER I BAMBINI MALNUTRITI DEL GUATEMALA”

Per chi volesse conoscere i programmi di viaggio e recarsi in Guatemala, avere indicazioni sui luoghi da visitare, conoscere e sostenere le iniziative padre Angelo Belloni sarà felice di rispondervi:

padre Angelo Zelio Belloni

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Padre Angelo Zelio Belloni è presidente dell’associazione “AIUTO BAMBINI TERZO MONDO – ONLUS” (c.f. 91036080488) con sede legale in Montelupo F.no (FI) via della Fonte, 40 che intende promuovere progetti e iniziative di solidarietà, assistenza sociale, socio-sanitaria e beneficenza.