Oggi vai a sette metri sotto terra a ispezionare uno dei cento più suggestivi templi mitraici al mondo. Se soffri di claustrofobia lascia perdere. Non sei a Vulci o a Caracalla, o a Paestum, ma vicino a Piccadilly. La società di comunicazione Bloomberg, sobbarcati i costi di acquisto terreno, scavo, catalogazione e collocazione del materiale te lo faceva visitare gratis, al pian terreno si tengono mostre di sedicente arte contemporanea, ovvio che devi prenotare, gli Inglesi detestano il disordine. L’ambientazione è mozzafiato, la suggestione ti inchioda al nostro nebuloso passato, fra giochi di luci, suoni, litanie, recitativi e fumo introduce nel misterioso mondo di Mitra che uccide la bestia sacra, secondo l’antico culto persiano diffuso anche nell’impero romano. Ma allora gli Inglesi amano le loro radici romane, te dirai. Per niente! Le loro sono di altro genere, affondano in culture che ospitano anche la nostra ma da cui prendono le distanze appena possono.
“La profondità degli scavi ha provveduto a lasciare resti in eccellenti condizioni, con anche materiali come il legno o la pelle, che raramente si mantengono. Questi scavi hanno portato alla luce più resti che in ogni altro sito archeologico della città, rendendo possibile un’ulteriore comprensione della fondazione della città. Sono stati trovati più di 14.000 artefatti, 63.000 pezzi d’artigianato e tonnellate di ossa animali, lasciando tracce di scambi, cibo e industrie che racchiudono storie di vita quotidiana. La profondità di questo primo insediamento (9m) ha permesso la costruzione di un percorso in discesa tra le diverse epoche romane e non solo, fino a una Britannia non ancora colonizzata dai Romani.” scrive Londraculturale.it blog.
Quasi tutto ciò che oggi sappiamo su Mitra è il risultato di un’interpretazione, non essendoci testimoni del tempo. Mitra è principalmente simboleggiato dalla sua immagine mentre uccide un toro, interpretato come un mito della creazione, una rappresentazione e una visione dell’Universo.
I londoners raccontano delle origini romane di Londinium senza vanto, arrivando a farci un predicozzo, dicendo che gli spettacoli circensi dei gladiatori non erano eticamente corretti, con tutta quella violenza e il sangue versato nel Colosseo per sollazzare la plebe. Era forse etico il loro traffico di schiavi durato più di un fine settimana?”
Quando Lorenzo Ferrara parlava di argomenti che gli stavano a cuore, si infervorava, dicendo che gli inglesi capivano poco la storia di altri popoli e meno che mai quella degli italiani.
Delle radici greco latine non hanno nemmeno un’unghia e non ne sentono affatto la mancanza. Ulisse e la tragedia greca, insomma, non appartengono a loro, ma a noi.
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