…lharmattan é il vento che fa diventare pazzi, un alito rovente che secca la gola e intorbidisce lo sguardo, come una maledizione biblica. In Mauritania, il vento può imperversare per oltre duecento giorni l’anno: non per nulla il nome della capitale, Nouakchott, significa Buco del Vento. A volte, soprattutto nella tarda primavera, il Sahara é sconvolto da vere e proprie tempeste di sabbia, che possono infuriare con una potenza inaudita. Allora il sole scompare, nascosto da una cortina rossastra, la visibilità si riduce a pochi metri. La vita si ferma, come in preda ad un’angosciosa paralisi. I nomadi temono queste bufere, e i racconti attorno ai fuochi degli accampamenti ripetono una litania di episodi terrificanti: carovane perdute, ecatombe di animali, tende spazzate via e sommerse dalla sabbia con tutti gli occupanti. A sentire Erodoto, nel 525 a.C., il re persiano Cambise condusse le sue armate, forti di migliaia di uomini, alla conquista della leggendaria oasi di Siwa, nel deserto libico. A mezza strada la spedizione fu sorpresa da una tempesta di sabbia di estrema violenza: quando tornò il sereno, l’intero esercito era scomparso, inghiottito per sempre dal Sahara. Incredibile forse, ma non impossibile. Negli anni Quaranta, una bufera di straordinaria intensità investì la zona di El Oued, nel nord dell’Algeria, sterminando oltre 4000 animali. Le litometeore trasportate dal vento possono arrivare molto lontano, fino all’Europa meridionale e oltre. Sono stati registrati casi in cui le nubi di polvere, provenienti dai deserti libici e algerini, hanno raggiunto larco alpino, spolverando di finissima sabbia gialla i ghiacciai dei monti italiani e svizzeri. E quella che gli abitanti del deserto chiamano, con amara ironia, la pioggia del Sahara. Quella vera, di pioggia, é invece un evento estremamente raro e accidentale…..
I SEGRETI DELLE MONTAGNE
Lo zoccolo cristallino che forma l’ossatura del Sahara ha una struttura estremamente rigida, in grado di sopportare sollecitazioni anche violente. I movimenti di sollevamento che formano le montagne, per quanto possenti, riuscirono a incurvare questa piattaforma solo al centro del deserto, generando l’affioramento di ampi rilievi, la base su cui si costruirono i monti dell’Hoggar e del Tibesti. Poi, circa due milioni di anni fa, i massicci sahariani furono sconvolti da una serie di eruzioni vulcaniche di straordinaria intensità: enormi quantità di lava furono proiettate alla superficie, sommergendo le rocce sottostanti e invadendo le vallate. L’aspetto di vaste regioni del Sahara cambiò radicalmente. Al termine della fase eruttiva, le forze dell’erosione entrarono in campo, sgretolando le pareti dei vulcani e portando alla luce i camini interni, costituiti di solido basalto. I picchi e i compatti monoliti, che caratterizzano i paesaggi montuosi sahariani, devono la loro origine a questo processo di rapida solidificazione della lava.
I segni di questi sconvolgimenti sono evidenti in molte zone dell’Hoggar, dove colonne di basalto nero, dalla tipica forma geometrica a canne d’organo, convivono accanto alle forme arrotondate che caratterizzano i pinnacoli di granito. L’assenza di copertura vegetale aumenta la spettacolarità di questi contrasti, soprattutto al tramonto del sole, quando la luce radente esalta le diverse colorazioni delle rocce e invita lo sguardo a posarsi sui particolari. Affascinanti per il viaggiatore occasionale, colpito dalla loro elementare bellezza, le montagne del Sahara forniscono un eccellente materiale di studio per chiunque voglia avvicinarsi alle scienze geologiche: tutto è a portata di mano, dagli effetti più clamorosi del vulcanismo a quelli dell’erosione.
Paolo Novaresio