Amica, insegnante, sorella, e straordinaria artista, definita da Roberto Coaloa: Matisse italiana. Solo adesso cominciano a considerare le sue opere, che sono importanti e raccontano una vita dedicata all’arte e allo studio
Allieva di Menzio, e alla bottega di scultura di Guido Capra, allievo prediletto del grande Leonardo Bistolfi, Matilde dipingeva grandi figure, paesaggi, volti e animali. Poi affrescava chiese e le pareti di casa sua, al Romito.
Avevo promesso di aiutarla; ci sono riuscito solo in parte, mentre lei non c’era già più. Grande attenzione le stanno dedicando l’editore Lorenzo Fornaca, lo storico Roberto Coaloa e Gianfranco Cuttica di Revigliasco.
Su di lei e il marito Aldo di Ricaldone ho anche scritto un racconto memoria ed un libro meraviglioso, insieme ad altri autori, con un intero capitolo a lei dedicato, un’opera che addirittura papa Francesco ha mostrato di apprezzare, visto che parla della sua terra.
C’è ancora moltissimo da fare per valutarne l’opera e l’importanza della sua pittura. I suoi dipinti, sparsi in Europa, fanno parte di prestigiose collezioni private.
Matilde non ha mai avuto fortuna nel mondo dell’arte. Aveva un difetto: diceva quello che pensava. So che prima di morire ha chiesto a Enza Inquartana, la sua infermiera e amica, nella casa di riposo di Moncalvo: – Ma io quando potrò fare una bella mostra coi miei quadri?-
Ci ho pensato io e Lorenzo Fornaca, con Gianfranco Cuttica di Revigliasco e Roberto Coaloa a farle fare quello che ha sempre desiderato. Di tele ce ne sono già un bel numero, in esposizione permanente al museo di Santa Croce. La sua memoria adesso è là, riposa accanto alle tele e alle pale d’altare di Giorgio Vasari, al complesso monumentale di Bosco Marengo.
Da I TESORI DELLA VALLE DI TUFO:
Matilde Izzia
Matilde Izzia nasce a Casale Monferrato il 10 febbraio 1931. La sua famiglia è originaria di Vittoria, in provincia di Ragusa, dove il padre Francesco Emanuele frequenta la scuola d’arte: a lui e all’avo Giuseppe Izzia (1873-1925) risale la passione di Matilde per il disegno e la pittura, ma anche da parte materna l’amore per le arti figurative è costante e si segnalano nel tempo miniaturiste e acquarelliste di rilievo. Sin dalla giovane età, Matilde erediterà queste inclinazioni e doti sviluppando un suo particolare e personalissimo dettato artistico, che già a soli tredici anni produrrà svariati disegni e lavori a olio.
Concluse le medie inferiori, Matilde Izzia si trasferisce a Torino dove si diploma al Liceo Artistico dell’Accademia Albertina, avendo come maestro Francesco Menzio; frequenta poi il corso libero di disegno applicato alle scienze naturali diretto dal prof Ubaldo Tosco, che in seguito le commissionerà disegni di antropologia in chiaroscuro per l’Enciclopedia di Scienze Naturali dell’Istituto Geografico e Agostini. Nel 1950 viene scelta da Noemi Gabrielli, Sovrintendente alle Gallerie del Piemonte, come sua collaboratrice per organizzare l’esposizione del Congresso Eucaristico a Palazzo Chiablese.
Nel frattempo, Matilde Izzia apre il proprio studio, dando inizio a un percorso che parte sulla scia dei “Sei pittori di Torino”, da cui si distaccherà in seguito per ulteriori indagini, indispensabili alla completezza della sua formazione artistica.
La sua produzione si divide a grandi linee in tre cicli:
1950-1960.
Studio delle tecniche antiche. Ricerche coloristiche delle scuole piemontesi e lombarde del primo Novecento. Frequenta lo studio di un allievo di Bistolfi, che la indirizzerà alla composizione simbolica. In questo periodo realizza busti, ritratti, bozzetti, poi indirizzerà il suo talento esclusivamente verso i dipinti.
1960-1970.
Esperienze sui risultati impressionisti e post-impressionisti, ricerca di composizioni ad ampio respiro con forti valori tonali. Izzia ripropone la figura in chiave totalmente originale, con esiti sorprendenti.
1970-1982 .
Chiarificazione cromatica e compositiva con tendenze all’astratto espressionistico: il colore più filtrato accentua l’espressività del disegno. L’opera appare così nella sua piena maturità.
Dal 1968 la pittrice affronta le sue prime esposizioni alla Galleria d’Arte Fogliato Torino. Il giudizio del critico Marziano Bernardi su La Stampa: «Chi visita la mostra di Matilde Izzia alla Galleria Fogliato, s’accorge subito di trovarsi in presenza di una pittrice colta. L’ancor giovine espositrice fin da bambina tentò su vie tradizionali alternativamente pittura e letteratura, finché nel 1954 la percezione di un gusto moderno favorì in lei un cambiamento di rotta. Certi esiti dell’Izzia di oggi appaiono affini a quelli dei “Sei pittori di Torino”, verso il 1930 ma qualche volta più complessi nel franco gioco di un vivo colore e nella solida impostazione dei suoi temi di figura.»
Nel 1970, su consiglio del barone Bernard Taubert Natta, espone a una personale, presso la prestigiosa Galerie Motte di Ginevra. Il cultore d’arte Oscar Ghez, direttore del museo Le Petit Palais, si dichiara entusiasta della qualità di quella pittura. E con lui il direttore della Galleria d’arte moderna di Torino, Aldo Passoni, che ha parole di elogio per l’opera. Le 33 tele suscitano la più grande ammirazione presso critica e pubblico. Tra questi il Console d’Italia a Ginevra, Giovanni Stefano Rocchi, il Barone Guy de Rotschild, esponenti della finanza. Oscar Ghez scriverà: «J’ai trouvé votre exposition chez Madame Motte parfaitement équilibrée, d’une haute tenue, démontrant d’une manière parfaite votre talent et votre originalité.»