c’era il Barone immaginario? (1)

Possibile che non ci sia un filo di retorica, di nostalgia, o magari di apologia? Nulla di tutto questo. E perché? Perché IL BARONE IMMAGINARIO, a cura di Gianfranco De Turris, edito da MURSIA, ha centrato l’obiettivo, andando ben oltre le aspettative, trattandosi di opera viva, attuale, originale, e di insospettata suggestione. La sua lettura risulta godibilissima, anche per chi non conosce il personaggio al quale i brevi racconti si ispirano. Il suo protagonista anima un mosaico vivace, fatto di avventure, situazioni, luoghi fantastici e non; un’impresa non da poco e di gran presa su chi legge. Il protagonista: Julius Evola, catapultato in vicende fantastiche, surreali, mistiche, improbabili o realistiche, mai comunque banali. 18 racconti ispirati alla sua figura che fanno rivivere uno dei piú straordinari, meno noti e dibattuti filosofi del nostro recente passato. Del passato europeo intendo, non solo dell’Italia.

Esponente di spicco del dadaismo in Italia, se fosse nato in Francia non si sarebbe esitato a dedicargli monumenti e intitolargli biblioteche, vie e piazze. In Italia occorre aspettare che la cultura “ufficiale” decida cosa fare di un personaggio, diciamo così, scomodo e ” contro”, che aveva legami col fascismo e il nazismo, anche se ne criticava aspramente certi aspetti. Non per niente la Gestapo aveva aperto un fascicolo su di lui e una guardia del corpo lo proteggeva per le critiche avanzate verso gli squadristi. Bisogna insomma che l’intellighenzia culturale italiana vigente (sempre se ne esiste una) sdogani personaggi di quel calibro, al punto che, tanto per dirtene una, Umberto Eco, uno dei nostri recenti maître à penser non perdeva occasione per denigrare Julius Evola e la sua opera, al salone del libro di Francoforte.
L’aletta di copertina del volume di MURSIA dice: Diciassette scrittori contemporanei oltre a Volt, il conte futurista, hanno raccolto la “provocazione” di Gianfranco De Turris e si sono misurati con il Barone, immaginandone incontri, avventure, amanti, indagini, pensieri, battaglie. Un’impresa non da poco, considerato lo spessore del personaggio, le sue tesi rivoluzionarie, maturate su antichi testi, l’osservazione del reale attuale e i suoi rapporti “imperdonabili”. Anche Mister Bannon, l’ex guru di Donald Trump, che lo ha successivamente silurato e poi, pare, recentemente riabilitato, cita Evola, questo la dice lunga sull’influenza e la fama del filosofo romano, anche in America, al punto che un articolo del New York Times ne parla. Mi rimane il dubbio se Steve Bannon e Jason Horowitz , estensore dell’articolo, conoscano a fondo il pensiero evoliano.
Gli autori: Bernardi Guardi, Bizzarri, Cimmino, de Angelis, Farneti, Frau, Gobbo, Grandi, Henriet, Leoni, Monti-Buzzetti, Passaro, Rossi, Rulli, Scarabelli, Tentori, Triggiani, Volt. Qui di seguito, suddivisi in tre post susseguenti, i loro racconti:
LE PAROLE CHE UCCIDONO, Scritto dal conte Vincenzo Fani Ciotti alias Volt futurista, il racconto apre l’antologia dei diciotto, presentati da Gianfranco de Turris ne Il Barone Immmaginario per Ugo Mursia. Personaggi e interpreti: Arnaldaz alias Arnaldo Ginna, ovvero Arnaldo Ginanni Corradini, Ettore Biunfo, bizzarra cavia calabrese, De Pero, Balla, Evola, la presenza invasiva dell’opera di Marinetti mentre si recita la sua Maria futurista, in una Roma sorniona e proiettata verso l’avvenire. Il milieu occulto del futurismo romano è il vero protagonista del racconto, fra scherzi, lazzi e scenate semiserie si parla di energia astrale, di Scienza dell’Avvenire, di pazzia che sarebbe genialità rientrata, di Genio e pazzia che rampollano da una medesima fonte, mentre Evola spiega a Balla il funzionamento del suo complesso plastico meccanico intitolato Siluro in azione.

Sembra che i protagonisti siano quattro amici al bar e invece sono l’avanguardia dei movimenti dadaisti e futuristi italiani. La Roma futurista va a mille in questo divertente racconto in cui si bighellona al Pincio per finire nello scantinato di Balla dove De Pero porta in braccio la sua marionetta, ovvero la ballerina gravida. Fra piazza di Spagna e il Pincio mentre arriva di gran carriera il camion dei pompieri per spegnere un incendio inesistente nel negozio di un ottico. Qualcuno aveva gridato al fuoco! ma per scherzo.
IL DRAGO ETERNO di Adriano Monti-Buzzetti è il secondo racconto del libro. Herman Hesse, un saggio tibetano dagli straordinari poteri e un giovane Evola che bussa e ribussa al portone di una strana casa del Canton Ticino, alla ricerca spasmodica di verità urgenti su se stesso e sul mondo. “Il cielo era cremisi e un’immensa luna color sangue incombeva sul pianoro. Incitate dagli sproni del cavaliere in armatura, le zampe del palafreno aggredivano senza suono il terreno arido e frastagliato da crepe infinite….Infine, anche in quell’eterno presente qualcosa cambiò.

Il cupo monte dispiegò le sue ali e fu un drago….”Il tuo drago” spiegherà il saggio tibetano, dopo la tenzone, al giovane Evola incredulo, “era reale, in effetti, ma su un diverso piano dell’esistere…Ogni battaglia del Cavaliere col Drago è l’immagine eterna di una lotta interiore per superare la parte oscura di noi stessi…Eppure a modo suo egli è uno sciamano” concluderà il lama riferendosi a Evola, ormai congedatosi, … e credo che la vostra strana cultura oggi, abbia bisogno di tutti gli sciamani che può trovare.” disse il lama all’indirizzo di Herman Hesse.

LA MALEDIZIONE DI PALAZZO CHIGI di Max Gobbo. C’è Mussolini nella Sala della Vittoria che sta chiedendo a Evola: “Qual’è la sua opinione sul sovrannaturale?” Il Duce, impensierito da alcuni inquietanti fenomeni, si sente spiato e non sa spiegarsi l’origine di certi rumori e di alcune cose trovate fuori posto e poi della sua Alfa Romeo che fa bizze davvero incomprensibili, senza parlare di un pugnale che va a conficcarsi nello schienale della poltrona del Duce. Illusionismo?

cospirazione? azione di campi magnetici? forze occulte invisibili? Oppure potrebbe essere Aleister Crowley il mandante? e il suo “sicario” un sarcofago egizio, dono di una delegazione straniera malintenzionata.
Un sarcofago gravato da una maledizione. Nel racconto si legge: “La scrittrice Sarfatti scrive che Mussolini, venuto a conoscenza della morte prematura di Lord Carnarvon, scopritore della tomba di Tutankhamon, ordinò che il sarcofago avuto in dono, venisse rimosso da Palazzo Chigi e trasferito d’urgenza in uno dei musei etnografici della capitale.
MURSIA

gli uomini erano dei?

Julius Evola mina alle fondamenta l’impalcatura della cultura sociopolitica occidentale degli ultimi duemilacinquecento anni e poi fa esplodere le cariche. Un paesaggio nuovo, esaltante, angoscioso, prende allora a delinearsi sulle macerie della nostra civiltà. Il mondo della Tradizione coi suoi riti, con le gerarchie, con l’impronta inconfondibile di un’ispirazione spirituale superiore. Evola si rifà alle età di Esiodo. Esiodo: dall’età dell’oro all’età del ferro. Prima una stirpe aurea di uomini mortali fecero gli immortali che hanno le olimpie dimore. Erano ai tempi di Crono, quand’egli regnava nel cielo; come dei vivevano, senza affanni nel cuore, lungi e al riparo da pene e miseria, né per loro arrivava la triste vecchiaia, ma sempre ugualmente forti di gambe e di braccia, nei conviti gioivano lontano da tutti i malanni; morivano come vinti dal sonno, e ogni sorta di beni c’era per loro; il suo frutto dava la fertile terra senza lavoro, ricco e abbondante, e loro, contenti, sereni, si spartivano le loro terre.

Esiodo (VIII secolo a.C.) e le cinque età del mondo
Esiodo, poeta greco, probabile contemporaneo di Omero. Interessante vedere che in “Le opere e i Giorni” ci parla delle cinque età del mondo:
– età dell’Oro: gli uomini vivevano “sempre giovani” e non avevano preoccupazioni di alcun tipo. Siamo ai tempi di Crono;
– età dell’Argento: gli uomini sono governati da Zeus. Per il loro comportamento si estinsero;
– età del Bronzo: è il mondo di uomini violenti che si dedicavano solo alla guerra e si estinsero per la loro stessa stupidità;
– età degli Eroi: è l’età in cui gli Eroi combatterono a Troia e a Tebe;
– età del Ferro: è l’età del mondo di Esiodo ed anche la nostra, e finirà anch’essa, come le precedenti.
Ancora una volta un “antico” ci parla di età del mondo e di come queste si sono susseguite nel tempo… ci parla di guerre e di estinzioni di massa…
Ci parla di un passato remoto e ancora per la gran parte sconosciuto…

Le parole chiave per accedere alle tesi di Evola riguardano la sacralità, il sacerdozio, il culto dei morti, il rito, la gerarchia, gli uomini dei e la regalità dei veri capi, Dio, anche se tale parola ha scarsa corrispondenza col mondo attuale della religione. Evola scrive di qualcosa che trascende la contingenza, immanente, meraviglioso e luminoso e al contempo temibile. Egli rintraccia nelle antiche scritture provenienti dall’India, Grecia, Europa e Sudamerica la presenza di una forza nuda e non condizionabile; non una persona, non un essere, non di deus ma di numen, si tratta. I valori sono quelli delle civiltà scomparse e di antichissime società, (si parla di seicento – ottocento anni avanti Cristo); già allora, scrive Evola, inizia il processo di degenerescenza (dall’età dell’oro all’età del ferro.) Mondi scomparsi fra le pieghe della Storia ispirati ai valori della Tradizione, strutturati in società gerarchicamente organizzate attorno al capo, all’imperatore, al re-sacerdote.
Genuinamente e radicalmente antidemocratico e anticapitalista, Evola sostiene che il potere non deve e non può essere né legalizzato né voluto dal basso. Occorre che sia ispirato dall’alto, dal regno della forza trascendente, attingendo in quel sopramondo invisibile, in cui scaturisce l’energia, in cui la pura divinità risiede. A pagina 102 de RIVOLTA CONTRO IL MONDO MODERNO, si legge:
All’origine di ogni vera civiltà sta un fatto divino. Ad un fatto dello stesso ordine, ma in senso opposto, degenerescente, si deve l’alternarsi e il tramontare delle civiltà. Quando una razza ha perduto il contatto con ciò che solo ha e può fornire stabilità – col mondo dell’essere-; quando in essa è decaduto anche quel che ne è l’elemento più sottile ma, in pari tempo più essenziale, cioè la razza interiore, la razza dello spirito, di fronte alla quale la razza del corpo e dell’anima sono solo manifestazioni e mezzi di espressione- gli organismi collettivi che essa ha formato, ….scendono fatalmente nel mondo della contingenza: sono alla mercé dell’irrazionale, del mutevole, dello storico, di ciò che riceve dal basso e dall’esterno le sue condizioni.

A proposito dell’impero a pagina 121 riporto: Di quelle grandi potenze, sorte dall’ipertrofia del nazionalismo secondo una barbarica volontà di potenza di tipo militaristico o economico a cui si è continuato a dare il nome di imperi- vale appena parlare. Sia ripetuto che un Impero è tale solo in virtù di valori superiori ai quali una determinata razza si è innalzata.
Nei riguardi del lavoro moderno, a pagina 153: Nessuna civiltà tradizionale vide mai masse così grandi condannate ad un lavoro buio, disanimato, automatico…. nelle masse degli schiavi moderni le forze oscure della sovversione mondiale hanno trovato un facile, ottuso strumento pel perseguimento dei loro scopi. Nei campi di lavoro noi vediamo usato metodicamente, satanicamente l’asservimento fisico e morale dell’uomo ai fini di una collettivizzazione e dello sradicamento di ogni valore della personalità…

A proposito della guerra, a pagina 172: Che milioni e milioni di uomini, strappati in massa ad occupazioni e vocazioni del tutto estranee a quella del guerriero, fatti letteralmente, come si dice nel gergo tecnico militare, materiale umano, muoiano in simili vicende-questa sì che è cosa santa e degna del punto attuale del progresso della civiltà…

Sull’America, a pagina 391: L’America ha introdotto definitivamente la religione della pratica e del rendimento, ha posto l’interesse al guadagno, alla grande produzione industriale, alla realizzazione meccanica, visibile, quantitativa, al di sopra di ogni altro interesse. Essa ha dato luogo ad una grandiosità senz’anima di natura puramente tecnico-collettiva, priva di ogni sfondo di trascendenza e di ogni luce di interiorità e di vera spiritualità……

mentre a pagina 395 continua: Lo standard morale corrisponde a quello pratico dell’americano. Il comfort alla portata di tutti e la superproduzione nella civiltà dei consumi che caratterizzano l’America sono stati pagati col prezzo di milioni di uomini ridotti all’automatismo nel lavoro, formati secondo una specializzazione a oltranza che restringe il campo mentale ed ottunde ogni sensibilità. Al luogo del tipo dell’antico artigiano, pel quale ogni mestiere era un’arte ….si ha un’orda di paria che assiste stupidamente dei meccanismi…..Qui Stalin e Ford si danno la mano e, naturalmente, si stabilisce un circolo: la standardizzazione inerente ad ogni prodotto meccanico e quantitativo determina e impone la standardizzazione di chi lo consuma, l’uniformità dei gusti…E tutto in America concorre a questo scopo: conformismo nei termini di un matter-of-fact, likemindedness, è la parola d’ordine, su tutti i piani…..
E ancora a pagina 398 leggo: E anche se non dovesse verificarsi la catastrofe temuta da alcuni in relazione all’uso delle armi atomiche, al compiersi di tale destino tutta questa civiltà di titani, di metropoli d’acciaio, di cristallo e di cemento, di masse pullulanti, di algebre e macchine incatenanti le forze della materia, di dominatori di cieli e di oceani, apparirà come un mondo che oscilla nella sua orbita e volge a disciogliersene per allontanarsi e perdersi definitivamente negli spazi, dove non vi è più nessuna luce, fuor da quella sinistra accesa dall’accelerazione della sua stessa caduta.

L’imbarazzo nella scelta di brani che mi hanno particolarmente colpito è grande, avrei voluto inserire altre decine di passaggi significativi, ma tanto vale consigliare l’acquisto di questo libro indigesto e illuminante.

Voglio gettare, per concludere, un sasso nello stagno asfittico della cultura italica contemporanea. La figura di Evola non deve più appartenere a schieramenti ideologici o a fazioni politiche. La profondità e complessità del suo pensiero, l’onestà intellettuale dello studioso, l’originalità delle sue tesi rivoluzionarie impongono che la sua opera così articolata e, per certi versi, ascetica, divenga materiale di dibattito e di ricerca, uscendo dalle secche di interpretazioni univoche o partigiane. Julius Evola, l’anti D’Annunzio appartiene alla cultura europea; ed è al centro dell’Europa che deve tornare, a rianimare un dibattito sui valori e sulle prospettive della nostra civiltà (se prospettive rimangono). Sarebbe, fra le altre cose, una bella dimostrazione di forza e saldezza dei nostri sistemi democratici, da lui così tanto osteggiati.