Xu dipingeva i suoi nudi?

Xu Beihong (1895-1953) chi era costui? Alzi la mano chi lo conosce, siamo in pochi a quanto pare, eppure Xu meriterebbe maggiore attenzione e con lui le sue opere, frutto di una precisa volontà di introduzione dell’arte occidentale in Cina previo adattamento al temperamento e alla cultura del suo paese. Gli esiti dell’operazione meritano attenzione. Mai prima di lui i cinesi avevano ammirato il corpo nudo di una donna. Ci pensa Xu a svelarla e con risultati che lascio a te commentare, e poi cavalli, la sua prima passione, cavalli al galoppo sfrenato, liberi e selvaggi ma anche deliziosi ritratti di mici che rivelano la sua passione per la natura. Xu è stato un autentico pioniere per avere introdotto nuovi canoni stilistici, sollecitando inedite suggestioni.

Basta ammirare i suoi nudi che, lontani da immediati e pedissequi erotismi, indagano il mistero del corpo femminile che libera una sensualità composta ma potente, immediata e primitiva, vibrazioni e suggestioni difficili da definire e che non ricorrono a facili ammiccamenti. Doveva avere chiari in mente precisi dipinti occidentali, come ad esempio la Venere del Velasquez quando dipinse i suoi nudi di schiena.

Non tutte le opere di Xu mi convincono, alcuni volti delle sue donne ad esempio, hanno qualcosa di duro, rigido, estraneo alla nostra idea del bello, dell’esteticamente gradevole ma sicuramente, anche se vestite, le sue donne emanano un indubitabile fascino sottilmente erotico. Con lui due culture millenarie e agli antipodi si confrontano trovando nella sua arte il loro interprete originale e acuto, capace di creare un punto di contatto fra due mondi lontanissimi, fra due sensibilità apparentemente inconciliabili. C’è molto Occidente nei suoi quadri e un po’ di Cina. Xu fa le cose sul serio e approfondisce la nostra scuola e le tecniche di composizione occidentale, studiando all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi, proprio qui acquisisce una solida base nella tradizione accademica occidentale.

Tornato in Cina, Xu diventa un convinto promotore introducendo l’arte occidentale insegnando, scrivendo, organizzando mostre. Quello che importa è capire che l’arte non ha davvero confini, che parla linguaggi universali solo apprentemente estranei, che trasforma, favorisce il dialogo fra i popoli, interpreta e rilegge gli stessi soggetti e ambienti con sorprendente innovazione. Evito facili retoriche ma le opere di Xu dimostrano che l’arte non ha patrie ne’ confini, essa parla immediatamentre al cuore e alla sensibilità di ognuno anche se questi vive in altri mondi e in altre culture. Pittore ed educatore fra i più apprezzati nella Cina moderna, Xu ha influenzato lo sviluppo della pittura cinese del XX secolo.

leggevi WOMAN AS DESIGN di Stephen Bayley?

Personaggi e interpreti in ordine di apparizione (veramente ce n’è solo una, ma basta e avanza): la donna, le sue forme, il suo fascino, il design e il desiderio che suscita il suo corpo che ispira. La sublime e oscura porta di accesso ai piaceri dell’immaginazione, della carne e dello spirito, sino all’ebbrezza della contemplazione della forma pura del corpo femminile. Beh! oggi sono proprio in vena di innalzare un peana!
Donne da mangiare, toccare, sognare, ammirare, adorare e temere. Meglio che mi fermi qua. La donna come forma primigenia. Come archetipo del richiamo e della seduzione. La donna come disegno che ispira per creare forme e costruzioni che la richiamano. Dal fumetto ai super erotici reggiseni e corpetti di neoprene lucido. Sante, statue, dipinte, Madonne, modelle, donne moderne, maliarde e gran matrone, prostitute e pin up.

Fascinose e impagabili! Il tutto racchiuso in un libro spettacolare per ricchezza iconografica e riferimenti.

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Un libro che ti porteresti sempre appresso, con immagini icona a sazietà. Se non pesasse un botto. Da sfogliare ogni volta che ne senti il bisogno. I fianchi di una donna come la bottiglia di Coca Cola. Anche quello trovi. La mistica estasi di Santa Teresa d’Avila del Bernini e il disegno della vagina di una desolante didascalica perfezione. WOMAN AS DESIGN è un libro irriverente, mai volgare, senza pudori capace di mettere in relazione seni, ombelico, delta di Venere e altro ancora che lascio alla tua fervida immaginazione con l’inconscio, con l’architettura, la moda, col desiderio e con la stessa forma del mondo. La donna /forma/sguardo che fa innamorare e ispira la sagoma di radiatori, carrozzerie d’auto, grattacieli e palazzi, che influenza linguaggio, moda e costume; basta guardarsi attorno e sfogliare rotocalchi per rendersene conto. Woman as Design è un lungo e articolato racconto visivo, nella storia e nel costume. Senza pudore e senza reticenze (e senza offese). Contiene numerose meraviglie: dalla scultura di bronzo e alabastro con 15 testicoli di toro alla mastodontica e stupefacente donna guerriero di Volgograd. Dalla conturbante bionda sadomaso che regge un piano di cristallo dell’artista pop Allen Jones alla Venere di Willendorf alla stupenda Raquel Welch vestita di stracci nella pellicola di Don Chaffey.

E poi cè la Psiche di Lord Leighton e anche Marlene Dietrich che si mette il rossetto. Ma ti rendi conto? Come fai a non schiantarti e a non giacere succube del suo fascino tentacolare?! Dalle coppe di champagne a forma di seno di Maria Antonietta (si dice) alla ragazza di Ipanema ispiratrici delle forme sinuose del Teatro Niteroi di Oscar Niemeyer, per non parlare della Gioconda e  dell’Acqua purgativa e della pedicure di Lolita. Lo sguardo della Gioconda e quello di Kate Moss, a confronto, insondabili, misteriose e inquietanti.


La consolazione erotica di una giovane indiana che si trastulla con un grosso tubero. (l’immaginazione non difetta, ma è il modo in cui lo fa!). Un libro ricercato e tuttavia semplice perché tratta di argomenti e soggetti che sono sotto gli occhi di tutti. Un libro che propone collegamenti e suggerisce ipotesi quasi tutte verificabili. E poi gli accessori; molto si parla di reggiseni, poco di mutande, tacchi, cinture e scarpe, pazienza. Un libro “diverso”, quasi didascalico, sicuramente non offensivo e con la lode, che Lodovico Gavazzi, titolare della libreria milanese BOOKS IMPORT ci aveva consigliato.

Madonna Ciccone se lo infilava addosso?

La puoi mettere sul faceto, o magari sul serio, sul voyeurismo, anche, sullo psicanalitico, o su quello che preferisci te. Riconoscere a colpo d’occhio che c’è qualcosa di diverso, forse di volutamente ambiguo, sicuramente conturbante, almeno per i maschi. E cioè statue, ritratti, modelle, creazioni che confluiscono verso l’erotico e il fetish conclamato, da far resuscitare i morti. Io lo chiamo erotico splendente, un filo tenace che si dipana nei secoli interpretando l’occhio goloso curioso del maschio occidentale e che ha bisogno di un protagonista di eccezione: la donna. Lo chiamo Erotico splendente che è anche il capitolo di un mio romanzo. Te chiederai come fa a esserci l’erotico nel ritratto di due sante, una di marmo, di quel furbone di Gianlorenzo Bernini. che ritrae in modo teatrale Santa Teresa d’Avila, in preda a estasi mistica.

Detto per la cronaca: il cardinale Federico Cornaro affidò alle sue eccelse capacità di architetto e di scultore la realizzazione della cappella della propria famiglia, nel transetto sinistro della chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma. A proposito dell’erotismo mistico della statua, proprio lei, la protagonista scrive: «Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.» (Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, XXIX, 13)

So perfettamente che non è una novità, ma aspetta a giudicare, c’è dell’altro in pentola. La santa trafitta o, per meglio dire: penetrata da una lancia divina, maneggiata da un angelo sornione e sorridente. Mentre lei è in estasi e tutta scomposta dall’amore e avvolta nei suoi panni anch’essi scomposti. Io te ne parlo non per gratuita e grossolana pruderie ma perché l’estasi della santa sembra esplicitamente sconfinare verso altri tipi di estasi, ovvero: penetrata da una lunga lancia con una punta di fuoco, eccetera, stiamo parlando di una statua, in fondo, anche se il suo “godimento” è rappresentato in modo spettacolare, e ha pure degli spettatori di marmo a tre metri di distanza, che sarebbero i committenti stessi della statua e che sarebbe scorretto chiamarli semplicemente “guardoni”, mentre l’angelo se la ride.

E poi c’è il matrimonio mistico di Santa Caterina, che, se vai alla stanza numero otto della National Gallery, te la trovi, in un angolo, sempre che non l’abbiano spostata, perché lì si divertono a spostare i dipinti, tanto per fargli cambiare aria. Viene colta da estasi anche lei? No, lei ha un’acconciatura da gran dama (o da cortigiana?) e un’espressione meravigliata e soprattutto delle tette budino aguzze che ti fanno resuscitare dal tuo letargo. Non ammicca la santa pudica, ma quel vestito trasparente fatto di niente che le accarezza il petto ovvero i seni da pin up, è un vero schianto.

Il sacro va a braccetto con l’erotismo di altissimo tenore. E poi? E poi c’è lei, giovane mamma, deceduta prematuramente, la trovi a Napoli al museo di San Severo, ossia la statua di Antonio Corradini, la Pudicizia velata. Sta per esalare l’ultimo respiro o già vaga nell’oltre tomba?

Il velo non cela nulla, proprio nulla, le sue forme evocano desideri, bramosie, morbide (NON torbide), voluttà che avrebbero fatto meditare Edgar Alla Poe. La Pudicizia velata. Capolavoro del ‘700. A dimostrazione che l’erotico si intrufola anche nei meandri funebri dove regna la nera signora. Macabra lussuria? Mah! E poi c’è la modella col corsetto nero in lattice, che piu elettrizzante di così non si potrebbe. E ancora un’atletica snodata modella dalla faccia di pin up che ti sorride, estatica con le tette che guardano in alto.

Qui la faccenda è più evidente perché le tette vengono mercificate per fare reclame a biancheria intima. Eravamo negli anni Quaranta Cinquanta quando scoppiarono bombe sexy da mettere i brividi, per via del reggiseno proiettile, riesumato da Madonna Ciccone-Gaultier.


Ci metto anche le gemelle Kessler, te le ricordi? Due pezzi di tonno che hanno sdoganato l’erotismo patinato in TV negli anni Sessanta.

Guardare e non toccare, beh, se non era voyeurismo quello: due angeli biondi, castigati eppure sexy da svenirci. L’intenzione era: come ti educo una nazione a suon di sgambettamenti. Ovvero chic, charme, chock e champagne. Della serie guardateci da lontano quanto siamo bone.

Poi c’è un dipinto al Louvre, del 1594, di anonimo, che ritrae al bagno Gabrielle d’Estrées e sua sorella…pare. Una strizza il capezzolo dell’altra che non fa una piega. Erotismo concettuale? Ambiguità oltre ogni limite? (Balthus è tutt’altra cosa, si capisce, ma bisogna andarci molto cauti con la sua pittura, si rischia la denuncia.) E poi c’è Freud che scivola sotto un tavolino e fa l’attaccapanni con Allen Jones, roba che sconfina nel regno del fetish.

Ora mi chiedo: ma le donne ci si riconoscono in queste rappresentazioni? Ci si trovano bene? O si tratta di spazzatura a beneficio dei maschi? Se non ci fosse l’uomo e il suo desiderio esplicito, sotterraneo, torbido, che poi alla fine sempre desiderio è, la donna si concerebbe a quel modo? oppure si metterebbe vestaglia e ciabatte e via. Arte sacra, arte funeraria, ed erotismo a mille, erotismo e feticismo nella pubblicità, nella moda e nella provocazione, ad uso esclusivo dell’uomo. Pensaci bene. Ma fammi capire, cara Eva, se noi non ci fossimo a desiderarti da sempre, anche in modo bislacco, tu ti acconceresti in quelle maniere? E poi l’eros è sempre e solo a senso unico, ovvero la donna lo incarna, paziente, per l’uomo che la sta a guardare, stuzzicandolo? Il “gioco” della seduzione (in Occidente) ha solo e sempre una attrice sul palcoscenico? La constatazione fa rima con ovvietà o con qualcos’altro? Insomma qualcuno mi dica qualcosa.

I miei insopprimibili indizi di scrittura