Non mi faranno più baronetto dopo questo articolo ma come dicono a Roma: “Quanno ce vò ce vò”. Non sbaglia un colpo re Charles in visita all’Italia, successo personale, di re, che sa come suscitare plauso e simpatia. La famiglia reale inglese gode da sempre di una particolare spontanea e sincera accoglienza nella nostra penisola
Il discorso lo conosci meglio te di me, visto che assistevi, in presa diretta. Tocca tutte le corde che ha disposizione il sovrano, che rammento un poco smarrito e pallido, con gli antichi simboli del potere in grembo, il giorno dell’incoronazione. Aveva una cera e un piglio assai migliori a Roma.
Distratto come sono, devo essermi perso qualche passaggio.Ha detto solo proprio le cose che si sentono nel discorso? Non voglio fare alcuna polemica faziosa, o minare gli amichevoli rapporti fra i nostri paesi, tuttavia…
I componenti reali sanno come acquistare simpatia e consenso presso gli italiani, anche se ci va poco a suscitarlo, ma nulla si toglie al sovrano…e così è stato di recente, a Roma. King Charles III in perfetta forma ha parlato al popolo nostro e ai politici e questi hanno plaudito e applaudito. Del suo discorso, che sicuramente avrai seguito, mi sono perso qualcosa? Qualche pensiero del re mi è forse sfuggito? No? Peccato! Perché mi sarebbe piaciuto sentir menzionare da sua maestà oltre a Mazzini, Marconi e Garibaldi anche Ugo Foscolo. Tu dirai: tutto qua? No. Ti dico che ha sprecato un’occasione, non dico storica, ma quasi. E non perché non ha ricordato il grande Ugo, ma perché ha tralasciato alcuni punti salienti che hanno visto incrociare e poi dividersi i destini della Gran Bretagna e dell’Italia; è o non è King Charles il discendente del re Edoardo III Plantageneto al quale i banchieri fiorentini Peruzzi e Bardi prestarono una montagna di fiorini d’oro (circa 900.000) mai restituiti perché il re fece bancarotta? Almeno l’annuncio della restituzione della prima rata per questo Natale, ci voleva, di quella immensa fortuna bruciata per finanziare le guerre del monarca di allora. Invece no! È poi vero o falso che la flotta britannica impiegava la bandiera genovese, croce rossa in campo bianco, per incutere timore ai suoi rivali, pagando alle casse della città ligure i diritti d’uso? Ci sarebbero alcuni secoli di diritti scoperti, mai pagati, prova a chiederlo al sindaco di Genova se ne sa qualcosa. E ancora, a guerra ormai finita, è vero che sulle città italiane sul finire della seconda guerra mondiale, vennero sganciate tonnellate di schifezze di bombe di ogni tipo (il criminale della RAF che l’aveva ordinato venne fatto baronetto). Oltre a Dresda, rasa al suolo, sono diverse le città italiane che hanno subito la mano pesante britannica, al punto che anche Churchill pare se ne vergognasse, dopo aver ordinato lui stesso il crimine. Qualche parola in occasione della visita alla tomba del milite ignoto all’altare della Patria, il monarca avrebbe potuto pur pronunciarla, ma nemmeno sua mamma l’aveva fatto a Dresda, l’occasione era buona per dire almeno: “scusate, abbiamo esagerato con le bombe.” Di questo e altro il re non ha parlato, peccato. C’è da capirlo. Dobbiamo accontentarci che di Garibaldi gli inglesi abbiano fatto un mito e inventato dei biscotti per festeggiarlo. Ma credo al sovrano quando dice di amare l’Italia dalla natura metamorfica, un poco meno gli credo quando ondate di bombardieri anglo americani seminavano morte sulle nostre disgraziate inermi contrade.
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Pacificazione (im)possibile? – seconda parte
Sul tema dell’Italia post fascismo i Brits hanno le loro idee. E qualche ragione ce l’hanno. Scrive Lorenzo Ferrara, ma non andiamo a scoperchiare tutte le pentole, per favore, aggiunge.
Tony Barber, European comment editor, Financial Times, 27 ottobre 2022: “l’Italia si è scagionata dai crimini commessi sotto il Duce. Descrivere Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia come diretti discendenti di Mussolini e dei fascisti è fuorviante. Hanno conquistato il potere in elezioni libere; non uccidono né usano la violenza di massa contro i loro oppositori; non intendono creare una dittatura a partito unico; e non hanno intenzione di invadere paesi stranieri e costruire un impero italiano nel Mediterraneo e nell’Africa orientale. I libri, Mussolini in Myth and Memory di Paul Corner e Blood and Power di John Foot, raccontano perché l’estrema destra sta cavalcando l’onda oggi. Una spiegazione: sebbene Mussolini non sia stato ufficialmente riabilitato, molti italiani guardano al suo governo con tolleranza e ammirazione. Tendenza non limitata ai politici di destra, perché? Corner, professore emerito all’Università di Siena: “Come mai un uomo giustiziato da italiani, il cui corpo è stato appeso al cavalletto di una pompa di benzina per pubblica esecrazione, è diventato una figura a cui si guarda con un certo riguardo, persino nostalgia?” Corner sostiene che, nella memoria collettiva italiana, alcuni aspetti apparentemente benigni del fascismo sono stati “salvati” e altri – come la violenza di stato, la repressione delle libertà, la polizia segreta, le atrocità coloniali e la marcia verso la guerra – opportunamente dimenticati, vile la complicità dell’establishment politico e della monarchia. Di qui l’esonero di colpa o responsabilità. Vittime, non carnefici, dunque”.
Gianfranco de Turris in Dialoghi sgradevoli, Idrovolante edizioni. Pag 122:
“Filarete – Dunque, il 4 settembre 1993, in vista dei 50 anni del cosiddetto “armistizio” il generale Luigi Poli, presidente dell’Associazione nazionale combattenti della guerra di liberazione e Giulio Cesco Baghino, presidente dell’Unione combattenti della RSI, inviarono un messaggio al capo dello Stato, il cattolicissimo Oscar Luigi Scalfaro, chiedendo di essere ricevuti “per simbolicamente dare il via alla pacificazione e parificazione fra tutti gli italiani che in quei tragici giorni impugnarono le armi per la Patria, a prescindere dalla parte in cui si schierarono”. Non se ne fece nulla di pubblico per gli strilli degli antifascisti in s.p.e. Ma i militari con le stellette e con il gladio, come li definì Poli, un atto di riconciliazione lo fecero lo stesso.
Qualche coraggioso disse: “Un’Italia pacificata e parificata per la ricostruzione: a 50 anni dalla guerra civile, cessino le discriminazioni fra italiani, si ricrei la concordia nazionale, si mettano al bando i fomentatori di odio tra i figli di una stessa patria. La data dell’8 settembre può rappresentare l’occasione del riscatto della nazione se il presidente della Repubblica saprà dar seguito all’appello rivoltogli dal generale Poli e dall’on. Baghino a nome dei caduti e dei combattenti di 50 anni fa dell’una o dell’altra parte”.
Simplicio – Nobili e alate parole, ma senza seguito.
Chi le pronunciò?
Filarete – Effettivamente senza seguito. È una dichiarazione all’Ansa di Gianfranco Fini, segretario del MSI”.
Pacificazione (im)possibile? – prima parte
Sergio Romano nel suo Finis Italiae: “Promuovendo il fascismo al rango di “male assoluto” gli alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo, Mussolini” Sergio Romano, Finis Italiae, All’insegna del pesce d’oro: “(…) In Italia dopo la seconda guerra mondiale, non vi sono stati né desiderio di rivalsa né processi alla nazione. Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio la grande maggioranza del paese si è ritirata nell’attendismo. Dopo la sconfitta della Germania e del suo satellite fascista ha stretto un patto tacito con l’antifascismo trionfante. I politici antifascisti potevano proclamare di essere stati ingiustamente e violentemente espropriati del potere, gli italiani potevano sostenere d’essere stati oppressi e asserviti da una dittatura aliena. Era una menzogna, naturalmente, ma presentava molti vantaggi, fra cui quello di permettere all’Italia di finire nel campo dei vincitori.” (ma poi non è stato così). “Se il fascismo era davvero, come essi avevano sostenuto per meglio vincere la guerra, una sorta di incarnazione satanica nessuna potenza vincitrice era tenuta a interrogarsi sulle cause della seconda guerra mondiale e sulle proprie responsabilità dopo la fine della prima. Promuovendo il fascismo al rango di “male assoluto” gli alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo, Mussolini. Se gli italiani non avevano perduta la guerra non era necessario intentare un processo alla nazione per individuare gli errori materiali e morali che avevano portato il paese alla disfatta. In realtà tutti sapevano che le cose erano andate diversamente, che il consenso aveva accompagnato Mussolini sino alla fine degli anni Trenta e che si era gradualmente dissolto soltanto dopo i bombardamenti e le prime sconfitte. Una menzogna – “non abbiamo perso la guerra” divenne così l’ideologia fondante della Repubblica democratica”. Da Albione la perfida, Solfanelli edizioni. Nel prossimo post il seguito dell’articolo.
La libertà d’opinione a rischio (seconda parte)
Il secondo caso vede il generale Vannacci e il ministro della difesa Crosetto, alias Big Guido, per via della mole, a confronto. notizievirgilio.it, Mirko Vitali, 13 novembre 2024: “Roberto Vannacci sospeso dall’Esercito per 11 mesi con lo stipendio dimezzato. Misura attivata dopo l’istruttoria avviata su sollecitazione di Big Guido.
La patria di Crosetto è la Provincia Granda, conosciuta per i deliziosi dessert al cioccolato, i Cuneesi al rum, la bagna cauda, i giudizi al vetriolo di Palmiro Togliatti sui Cuneesi (non al rum) e Big Guido, nato a Cuneo. Ma non divaghiamo.
Al centro della vicenda l’arci noto volume del generale, espressione di un sentire diffuso, condivisibile o meno. Nemmeno col microscopio sono riuscito a ravvisare un’offesa nel volume. E se gli Inglesi sollevano giustamente un putiferio sull’indagine della loro polizia, noi che si fa? Puniamo il generale per aver espresso le sue idee, che mai sfiorano ingiurie od oltraggio.
Dove sta l’offesa? Perché l’autore porta la divisa? Perché è entrato in politica? Se avesse scritto “Pinocchio” sarebbe stato punito ugualmente? Certo che no. Quindi si tratta di contenuti all’indice. Il che rende la cosa grave, perché si negherebbe la libertà di espressione. Un cittadino militare che pubblica le sue opinioni. In Italia qualcuno si è accorto del sopruso inammissibile? I due episodi inducono a supporre l’esistenza di un fenomeno invasivo. Qualcosa che nel caso inglese produce una “ispezione cognitiva” e in quello italiano una pre condanna soggettiva. Parto di un fenomeno censorio, capace di ridurre l’individuo a entità controllabile. Il peggio se paragonato alle censure di regime. Come scrive Luigi Ippolito su Il Corriere della Sera: “è soprattutto la libertà di parola che è in gioco, quando l’unico suo limite dovrebbe essere la chiara violazione del codice penale”. Vorrei che il ministro rileggesse il libro incriminato, si è sempre in tempo ad ammettere di aver preso un granchio.
Bussano alla porta, devono essere le forze dell’ordine, venute a indagare. Voglio vedere se l’amico romano sarà di parola portandomi le arance in carcere.
La libertà d’opinione a rischio (prima parte)

Fra gli appunti di Lorenzo Ferrara per il secondo libro su Albione, ce ne sono anche alcuni che sono stati pubblicati da Barbadillo.it in anteprima.
Un amico romano mi segnala una notizia su una giornalista indagata. 10 Dicembre 2024. Una nota editorialista del Daily Telegraph si è vista comunicare a casa dalla polizia, di essere indagata per un tweet: ma, un po’ come per Joseph K. nel «Processo» di Kafka.
E se capitasse a me? Se Scotland Yard mi chiedesse conto dei miei libri e articoli, non proprio lusinghieri sui Brits? L’amico romano dice che mi spedirà le arance in cella, in caso di reclusione. Confortante! Bando ai lazzi, parliamo di due fatti, con un comune denominatore: la libertà di opinione a rischio.
Corriere della Sera, Luigi Ippolito, 16 novembre 2024: “La schedatura «per le parole» scuote Londra”. Nel testo: “Sono gli «incidenti d’odio non criminali», casi in cui, pur senza che si configuri un reato, si finisce schedati dalla polizia per aver detto o scritto cose ritenute offensive. In un anno sono stati registrati in Gran Bretagna 13.200 casi. Domenica scorsa, di prima mattina” prosegue l’articolo, “una nota editorialista del Daily Telegraph si è vista comunicare a casa dalla polizia, di essere indagata per un tweet: ma, un po’ come per Joseph K. nel «Processo» di Kafka, non le è stato detto di quale tweet si trattasse né chi avesse sporto denuncia. La giornalista non ha mai fatto mistero delle sue vedute di destra dura, dall’immigrazione al gender, ma grande è stato il suo choc quando si è ritrovata nel mirino delle forze dell’ordine.
Il caso ha scatenato feroci polemiche, con i conservatori, da Boris Johnson a Kemi Badenoch, che gridano indignati alla «psicopolizia» di stampo orwelliano e all’attentato alla libertà di espressione. Fra gli schedati una bambina di 9 anni che ha dato della «ritardata» a una compagna di scuola e un sacerdote che ha detto che l’omosessualità è un peccato, per non parlare del tizio che ha dato dello «scopatore di pecore» a un gallese.
Possono sembrare cose surreali, ma queste segnalazioni restano sulla fedina penale e rischiano di pregiudicare in futuro un’assunzione o un’assegnazione di casa”.
The Guardian, Caroline Davies, 17 novembre 2024: “I critici sostengono che l’indagine della polizia sulla giornalista del Daily Telegraph è una minaccia alla libertà di parola e uno spreco di risorse per la polizia. Starmer afferma che la polizia dovrebbe concentrarsi su “ciò che conta di più”. Sull’editorialista pende l’accusa di aver fomentato l’odio razziale. Lei ha descritto l’incidente come “kafkiano”. The Guardian ha rivelato che il tweet forse era una ripubblicazione di un’immagine di due persone di colore con la bandiera del Pakistan Tehreek-e-Insaf, partito politico fondato da Imran Khan, insieme ad agenti di polizia della Greater Manchester. Allison Pearson avrebbe scritto un post contro la polizia metropolitana, che diceva: “Come osano? La polizia è stata invitata a posare per una foto con gli adorabili e pacifici amici britannici di Israele. Guardate questi ragazzi che sorridono insieme a coloro che odiano gli ebrei.” Pearson avrebbe confuso la bandiera con quella di Hamas e con l’identità delle forze di polizia”.
Vedi Torino e poi…(seconda parte)

Dall’articolo di Lorenzo Ferrara pubblicato su Barbadillo 14 Novembre 2024 in Esteri, (seconda parte):
“C’è altro? Sì. Torino è titolare di un’altra storia, di rilevanza internazionale, oggi in sordina. La scopri varcando le soglie del museo nazionale del Risorgimento. Scrive Wikipedia: “Nel marzo 1854, la regina Vittoria dichiarava ufficialmente guerra alla Russia a sostegno dell’Impero ottomano; pochi giorni dopo la seguì Napoleone III. E poi il Piemonte. La partecipazione dei bersaglieri piemontesi alla guerra fu il primo atto voluto da Cavour e dal re sabaudo per riunificare l’Italia”.
A Torino l’Italia intera dovrebbe gratitudine e un po’ più di considerazione, anche perché ha ceduto lo scettro di capitale del Regno prima a Firenze, poi a Roma. Occorre rammentare che difficilmente l’Italia si sarebbe riunificata senza il ruolo determinante di questa citta’.
Giornate di sangue a Torino. Settembre 1864: la città non è più capitale di Francesco Ambrosini lo spiega: “Nel settembre 1864, improvvisamente, Torino non è più capitale. Il governo ha concordato di nascosto con Napoleone III di spostarla a Firenze, non a Roma (contro il voto del parlamento italiano) per non compromettere il potere temporale del papa. Tutti sono stati tenuti all’oscuro fino all’ultimo momento e i torinesi, scesi nelle strade a protestare pacificamente, vengono attaccati e poi presi a fucilate dalle forze dell’ordine. È una strage, con più di 50 morti e tre volte tanti feriti”.Torino ha ceduto scettro e potere. E se il suo futuro non fosse più solo progettare auto ma quello di proiettarsi nell’industria aerospaziale? Le prime cospicue avvisaglie lo annunciano. A Torino ingegneri e tecnici di prim’ordine abbondano. E l’articolo del Financial Times lo accenna.
A me basta sapere che luoghi “cult” e memorie resistono ancora, Torino citta’ magica, Torino dagli interminabili portici, Torino degli storici caffe’ ritrovo come Ghigo, Mulassano, Baratti e Milano e Platti. Rimpianti? No, Torino esisteva anche prima della Fiat, occorre ricordarlo.
Le Fiat non sono più cult negli UK (prima parte)
Ancora un altro articolo di Lorenzo Ferrara, che continua a rimanere irreperibile, questa volta polemico sull’ex dirigenza Fiat, pubblicato su Barbadillo.it il 14 Novembre 2024 in Esteri, in due post consecutivi.
L’Italia non c’è sulle strade albioniche. Se escludi la Fiat 500 e qualche anonima Alfa Romeo. Sulle strade di Londra ci sono tutte le auto che contano, eccetto le nostre
Nella foto Jean-Louis Trintignant con Vittorio Gassman ne “Il sorpasso”. Sulle strade inglesi l’auto italiana la vedi col lanternino. Lontani i tempi in cui Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Maserati producevano auto cult. Trintignant e Gassmann viaggiavano su una strepitosa Lancia Aurelia B24. Io, più modesto, su una Giulietta spider Alfa Romeo prima serie, di seconda mano. Sulle strade di Londra ci sono tutte le auto che contano, eccetto le nostre. Fiat sembra sparita dalla circolazione. Di Lancia e Alfa nemmeno l’ombra. Il motivo alla base della vistosa debacle risiede nel passato. Nell’articolo del 2018 di Gianni Marocco su Barbadillo si legge: “Se il gruppo Fiat è ancora un player di discreto livello è solo grazie a Marchionne ed al geniale/fortunato rilevamento di Jeep-Chrysler. Fosse stato solo per Panda e 500 saremmo già diventati un marchio cinese. I gestori passati non sono stati capaci di aggiornare il sapore e rendere appetibili Alfa, Lancia e Maserati che potevano essere meglio di Audi e Bmw e Porsche. Poi la disastrosa gestione Romiti, che, appoggiato da Gianni Agnelli, ha preferito una dimensione finanziaria a quella automobilistica, spazzando via tutto in un decennio…Per recuperare ci vogliono montagne di soldi e tanta fatica”. Oggi sulle strade inglesi vedi il futuro dell’auto interpretato da una miriade di modelli, alcuni esteticamente accattivanti, dai colori sgargianti e dalle forme propositive che suggeriscono innovazione, design inediti; di Renault, Peugeot e Citroen una marea montante, senza parlare di BMV e delle Mercedes Benz che spopolano con lussuose berline mozzafiato. Giri l’angolo e vedi che sfreccia una Fiat 500, devi accontentarti di quella. Gianni Agnelli e Cesare Romiti sono scomparsi da un pezzo. Il primo regnava, il secondo comandava e la loro eredità eccola.
Povera Torino, in crisi di identità dacché il suo destino si identifica con quello dell’auto. Povera anche per altri versi. Devi esserci nato a Torino come me, per capire cosa è successo a questo salotto a cielo aperto dove trionfano Barocco, diffidenza verso lo “straniero”, zeppa di fattucchiere e antiche memorie. Quali memorie? Da presidio romano a città sabauda, per cui regia, non per niente ci andavo a giocare ai giardini reali nei pressi di una squisita reggia che fa eco a Versailles.
Il corposo articolo del Financial Times Week end, 20 ottobre 2024 di Amy Kazmin ritrae per la città una realtà problematica, legata alla sorte dell’auto. Gli stabilimenti di Mirafiori per quanto rimarranno aperti? Nel testo: “Quando vedi una fabbrica con quasi 100 anni di storia fermarsi, il cuore piange. Torino muore. Un tempo orgoglio della produzione italiana e conosciuta come “Mamma Fiat” per i suoi estesi programmi di welfare dalla culla alla tomba, Fiat è stata incorporata in Stellantis nel 2021, dopo anni di difficoltà. A settembre l’azienda ha temporaneamente interrotto la produzione di automobili nello storico stabilimento di Mirafiori”. Il sottotitolo: “La dolorosa transizione del marchio di proprietà di Stellantis ai veicoli elettrici ha scosso la sua città natale, Torino, e innescato una disputa con Roma”. L’operaio e deputato sindacale Giacomo Zulianello, ha accusato Stellantis di “dissanguarci” aggiungendo che l’uccisione totale di Mirafiori è troppo anche per Tavares. “Ma in realtà, Mirafiori è già chiusa”. Dice.
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raccolte in un volume:

Giorgia Meloni bis
Timothy Garton Ash non la pensa come i giornalisti che la criticavano e sul Financial Times del primo ottobre 2022 scriveva: “Per un revival fascista guardate a Mosca, non a Roma…” E poi: “Alcuni italiani hanno una visione addolcita dell’era mussoliniana, ma oggi i veri fascisti si stanno rivelando altrove… È vero che, da giovane, Meloni fu appassionata aderente di un partito neofascista: una volta fu ripresa da una telecamera mentre descriveva Mussolini “il miglior politico degli ultimi 50 anni”. Ma etichettarla oggi come sua discendente diretta è un’esagerazione giornalistica. Meloni è senz’altro una populista di destra anti immigrazione, ultra conservatrice e nazionalista euroscettica. Tuttavia l’etichetta di “fascista” spetta ad altri paesi e personaggi: alla Russia di Putin, ad esempio. Qui si riscontrano molte delle caratteristiche storiche precipue del fascismo. Sia Berlusconi che Matteo Salvini hanno parlato con ammirazione di Putin. Fortunatamente Ms Meloni ha espresso un fermo sostegno a una posizione occidentale unita contro l’aggressione russa in Ucraina…”.
Kenan Malik Observer del 2 ottobre: “Da Aristotele a Meloni, il ‘bene comune’ è stato utilizzato per dividere e governare (…). Giorgia Meloni ha denunciato la riduzione delle persone allo status di “schiavo consumatore”. Ha catturato l’immaginazione di molti sia a destra che a sinistra, inducendoli a considerarla come la persona che “dice quello che tutti pensiamo”… I temi di Meloni sono radicati nella storia della destra reazionaria e si connettono a un’ostilità pregressa verso migranti e Musulmani. Ma la sua condanna del capitalismo contemporaneo risuona ancora molto più ampia, riecheggiando anche molte critiche della sinistra”.
The Economist dell’8 ottobre si chiede: “Giorgia Meloni può permettersi le cose che vuole?… Una cospicua squadra di tecnocrati rassicurerebbe i mercati e i partner italiani dell’UE. Ma i suoi alleati vogliono posti a tavola. Più ne hanno, maggiore sarà la pressione sul prossimo primo ministro italiano…”. Non sono ancora trascorsi tre anni dai primi commenti e critiche della stampa e Giorgia Meloni ha bruciato le tappe, diventando secondo alcuni opinionisti la donna piu’ potente d’Europa.
Stralcio di un articolo pubblicato su Barbadillo a ottobre 2022.
Dicevano di lei
A ottobre son passati tre anni. Ecco come la stampa di allora accolse il nostro premier:
LONDRA 16 Ottobre 2022 The Guardian, Lorenzo Ferrara scriveva su Barbadillo. Come gli inglesi vedono (strabicamente) Giorgia Meloni
“Una vibrante vestale italiana sta turbando la politica europea. Sui media inglesi le sue immagini affiancano quelle di un fantasma vagante nella storia patria: Giorgia Meloni e Benito Mussolini. Si tratta di un grande abbaglio figlio di una ideologia anti-italiana e della mancata conoscenza delle radici politiche antiche della destra italiana.
Metro del 27 settembre annota: “L’alleanza del duce con Hitler finì in sconfitta” ed egli “venne catturato e giustiziato.” (!) L’articolo della giornalista tuttologa Frances d’Emilio precisa che Miss Meloni ha cercato di ammorbidire la sua appartenenza politica ma che ancora adotta uno slogan fascista: “Dio, Patria e Famiglia.” Come se questo fosse indizio di reato!
L’Evening Standard del 26 settembre suona la sirena: “Allarme dopo la vittoria dell’estrema destra in Italia. La prima donna primo ministro con legami con Mussolini pronta a guidare la coalizione… è allarme nelle capitali Ue e i mercati finanziari esamineranno le sue mosse dato il suo passato euroscettico e la posizione ambivalente dei suoi alleati sulla Russia… Il primo ministro francese Elisabeth Borne ha promesso: “In Europa abbiamo determinati valori e ovviamente rimarremo vigili””.
Tirandoci fuori dalla naftalina solo se diventiamo un “caso” qui i Brits esprimono giudizi misti sull’esito delle urne nostrane.
Amy Kazmin sul Financial Times del 24 settembre definisce Meloni “carismatica, tenace e formidabile politica…! Lei è l’ultima novità in un mercato politico affollato che ha prodotto instabilità, stagnazione economica e standard di vita in declino”. “Il vento soffia a favore di questa giovane donna, vista come diversa”, ha detto Roberto D’Alimonte (Università Luiss). “L’idea è che tutti ci hanno tentato, tranne lei, quindi lasciamola provare, come ultima risorsa. Ma senza troppo entusiasmo…” Secondo Marco Marsilio: “è persona molto seria e impegnata e soprattutto molto leale… mantiene la parola data e puoi sempre contare sulla sua presenza…”
Robert Fox sull’Evening Standard del 27 settembre va giù duro:
“Giorgia Meloni condivide la visione della storia di Putin … La sua vittoria è stata un enorme passo indietro per il Paese e la sua politica ha ascendenze mussoliniane… Meloni, che dice: “governerò per tutti gli italiani”, potrebbe avere qualcosa in comune con Putin. Entrambi abbracciano una falsa visione del destino e della grandezza della loro nazione… Putin è un dittatore dell’era digitale, con una desiderio e per i vecchi raggiri della gloria imperiale… Il fascino di Meloni è più sottile: la visione del bellissimo paese, basata sui buoni valori della famiglia cattolica e un’Italia per gli Italiani significa che gli immigrati dall’Africa devono essere fermati da un blocco navale attraverso il Golfo della Sirte e la costa della Libia… Meloni ha vinto perché ha offerto messaggi confortanti: valori familiari e sicurezza contro crisi, debiti e disperazione….” A prestissimo col prossimo post su Giorgia Meloni.
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raccolte in un volume:

Farage e noi
Era il 22 Ottobre 2022 quando Lorenzo Ferrara su Barbadillo scriveva un articolo su Nigel Farage e il suo eventuale ritorno in politica. Ecco uno stralcio:
“Sette anni trascorsi ad ammirare città e amenità italiche, ma soprattutto per concludere affari come intermediatore in una società di brokeraggio. Milano, Trieste, Genova; qui, passeggiando per i carrugi Nigel Paul deve aver incontrato e solidarizzato con Beppe Grillo, noto comico nostrano, a proposito del quale disse: “Io e Grillo faremo saltare il banco dell’Unione europea, l’Europa dominata dai Tedeschi svanirà, sarà una formidabile sconfitta per la classe dominante, le grandi banche e le multinazionali subiranno pesanti sconfitte. Grillo è straordinario: totale disinteresse personale, amore autentico per la sua gente, un patriota che dalla politica non ha preso un penny, ha solo dato tutto, anche se stesso. Insieme stiamo combattendo la guerra d’indipendenza dei nostri Paesi. (dall’intervista di Aldo Cazzullo apparsa sul Corriere della Sera del 10 giugno 2016). Tutto doveva ancora succedere. “Mi dicevo: l’Italia è un grande Paese, non può farsi trattare come una colonia tedesca. La Gran Bretagna uscirà dall’Unione e cambierà le regole del gioco in Europa. Ci sarà un effetto domino. Dopo di noi usciranno Danimarca, Olanda, Svezia, Austria. L’Ue sta per disintegrarsi”.
Quattro figli e due mogli, la seconda, tedesca, Kirsten Mehr, in un’intervista al Daily Telegraph lo difende dalle accuse di xenofobia e razzismo. “Mio marito è una brava persona e non ha neanche un po’ di malizia in corpo. Il suo problema è che non ha tempo per la famiglia, è sempre molto occupato, si dimentica di mangiare e si alimenta di adrenalina. Nigel è duro e ostinato, ma non cattivo”. Bevitore e fumatore incallito, il leader dai calzini rossi sconfigge un tumore ed esce malconcio da due incidenti, uno d’auto, l’altro aereo; lo striscione pro Ukip, del suo partito, si impiglia al decollo nella deriva del velivolo, facendolo precipitare. Farage diceva di non aver niente contro camerieri e giovani italiani della City, giudicandoli meravigliosi. “Gli Italiani in gamba potranno ancora venire, ma con le nostre regole, non secondo quelle di Bruxelles” Nigel Paul Farage forse esigeva immigrati col pedigree, non digerendo lo sbarco di disperati sulle coste bretoni.
I suoi interventi erano impressionanti sceneggiate che travolgevano per la virulenza oratoria. Sollecitava istinti sottopelle dei Brits, situati nella loro memoria storica e nel quotidiano, fomentando il desiderio di sbattere la porta in faccia agli altri Paesi e di andarsene da “casa Europa”. Essere antieuropei si nasce per istinto o si diventa per constatazione della pochezza dell’Unione.
A Farage è riuscita la cosa senza sforzo, essendo erede di un impero che piantava la sua bandiera ovunque decidesse, come poteva uniformarsi alle regole? Un attore, Nigel, che tuonava: “Il popolo britannico non sarà mai schiavo di nessuno”.
Sono certo che sei al corrente contro chi devono vedersela Tories e Labour, oggi. Già, proprio lui, il Nigel d’acciaio, tornato alla grande nell’arena politica. L’Europa si sta sfasciando, diceva Farage profetico, ma non per le cause che prevedeva lui, ci ha pensato un uomo, lo zar rosso a farlo e in modo tre anni fa impensabile. Sul secondo volume, dopo Albione la perfida, questo e altro.
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raccolte in un volume:
















