Pacificazione (im)possibile? – prima parte

Sergio Romano nel suo Finis Italiae: “Promuovendo il fascismo al rango di “male assoluto” gli alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo, Mussolini” Sergio Romano, Finis Italiae, All’insegna del pesce d’oro: “(…) In Italia dopo la seconda guerra mondiale, non vi sono stati né desiderio di rivalsa né processi alla nazione. Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio la grande maggioranza del paese si è ritirata nell’attendismo. Dopo la sconfitta della Germania e del suo satellite fascista ha stretto un patto tacito con l’antifascismo trionfante. I politici antifascisti potevano proclamare di essere stati ingiustamente e violentemente espropriati del potere, gli italiani potevano sostenere d’essere stati oppressi e asserviti da una dittatura aliena. Era una menzogna, naturalmente, ma presentava molti vantaggi, fra cui quello di permettere all’Italia di finire nel campo dei vincitori.” (ma poi non è stato così). “Se il fascismo era davvero, come essi avevano sostenuto per meglio vincere la guerra, una sorta di incarnazione satanica nessuna potenza vincitrice era tenuta a interrogarsi sulle cause della seconda guerra mondiale e sulle proprie responsabilità dopo la fine della prima. Promuovendo il fascismo al rango di “male assoluto” gli alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo, Mussolini. Se gli italiani non avevano perduta la guerra non era necessario intentare un processo alla nazione per individuare gli errori materiali e morali che avevano portato il paese alla disfatta. In realtà tutti sapevano che le cose erano andate diversamente, che il consenso aveva accompagnato Mussolini sino alla fine degli anni Trenta e che si era gradualmente dissolto soltanto dopo i bombardamenti e le prime sconfitte. Una menzogna – “non abbiamo perso la guerra” divenne così l’ideologia fondante della  Repubblica democratica”. Da Albione la perfidaSolfanelli edizioni. Nel prossimo post il seguito dell’articolo.

memorie-polemica-indagine
raccolte in un volume:

Sparito nel nulla…

Svanito nel nulla. Non una traccia. Lo conoscevo quel tanto che basta per rimpiangere la sua compagnia. Lorenzo Ferrara da mesi si è come dissolto. Conservo diversi suoi scritti che mi affidava chiedendo di dargli un parere, fra una esternazione e l’altra, ai quali, tuttavia, non badava troppo. Diversi inediti, altri brani pubblicati. Li rileggo nella speranza di trovarvi il bandolo della sua sparizione-enigma e di rivederlo presto, ma temo sia vano auspicio.
Qui la prima delle sue annotazioni sui libri gia’ pubblicati e altri in via di pubblicazione trasformate in post.

Lorenzo Ferrara mi parlava spesso del suo decennale soggiorno in Gran Bretagna che lui, come molti, chiamava Perfida Albione.
“Sprovvisto della maestria poetica di Ugo Foscolo, al quale i Brits tutto perdonavano, dovrei tacere.” scriveva. “Riconoscente per la presunta ospitalità goduta tempo addietro in terra inglese. E invece…Tra invasioni e cacciate di intrusi la vera storia
dei Brits comincia con Hastings e prosegue con le imprese del femminicida Enrico VIII, il quale dovette pensare: Tutti questi matrimoni e divorzi mi costano un patrimonio, a me servono denaro e un erede, se divento io la Chiesa mi becco un sacco di quattrini divertendomi anche con un po’ di femmine. Gli Inglesi sono meritevoli per come trattano la storia loro e altrui, basta visitare il British Museum, custode insuperato di reperti di popoli stanziati ovunque nel mondo, (anche se il suo direttore ha dovuto dare le dimissioni per certi trafugamenti imperdonabili). Se vuoi ammirare la succursale di Atene vai al piano terra, ci sono, per adesso, i marmi strappati da lord Elgin al Partenone e che nemmeno Melina Mercouri è riuscita a farsi restituire con l’aiuto del Boris Johnson formato studente. Se un popolo non ha “quella Storia”oppure è troppo recente, come la loro, la prende inprestito da altri.”
Questo l’esordio delle sue
memorie-esperienza raccolte in un volume. Indicazioni, ironia, indagini e confronti in presa diretta in casa degli ex padroni del mondo. Aveva intenzione di dare alle stampe un secondo volume. Dovrei frugare fra appunti e inediti che mi ha affidato per trovarlo.

Se vuoi saperne di più: memorie-esperienza-indagine
raccolte in un volume.

non c’erano i blog?

Scrivevi allora, scrivi adesso, ma senza più penna e carta. Ma allora, quando c’era solo il tuo amato diario tu parlavi a te e basta. La differenza non è da sottovalutare. Se fai un blog, come il mio, o il tuo, ad esempio, devi essere presuntuoso per forza, prova a pensarci bene e dimmi se ci azzecco, perché supponi che giorno dopo giorno, i tuoi pensieri interessino ad altri, non è così?! E vai a vedere quanti LIKES ci sono. Il diario ti concigliava il sonno, o ti teneva sveglio, a seconda dei casi, eri felice di aggiungere qualche pensiero, fatti, piccole e grandi cose, le riflessioni di una giornata, le tue più segrete aspettative, se eri sincero non fingevi a te stesso, non ce n’era motivo, ed eri geloso di quello che scrivevi. Chi lo leggeva? Tu, e basta, forse la mamma, un parente che ti spiava per scrutarti e vedere che non prendessi una brutta piega. Il diario ti conciliava col mondo, ci potevi riflettere sopra e rileggerlo, caro diario e via…Non so se oggi ci sono ancora i diari, perchè? perché ci sono i blog. Coi blog devi fare uno sforzo per renderli leggibili, almeno presentabili, e non devi essere più geloso, anzi, tutto il suo contrario. Col blog entri in scena, ti metti in mostra, presumi di aver costruito una cosa che interessi gli altri. Quanti spettatori ci sono? Tre? Quattro? Cinque followers. Pochi ma va bene lo stesso, puoi dirlo anche a tua zia che hai un blog e, così la fai contenta, è da due anni che non la senti; col blog è come se gettassi esche nel mare. Qualcuno, se ha voglia, ti leggerà, o magari no, perché non ha tempo, come fa ad avere tempo? Anche lui magari ha un blog, o scrive i suoi post o risponde a te. Non comunichi più con te stesso ma con altri che potrebbero anche (per sbaglio?) leggerti. Un po’ come gli atomi. Perché ti ci puoi specchiare dentro e capire. Capire cosa?

Che puoi dire tutto ciò che vuoi, senza offendere naturalmente, capita anche che qualcuno schiacci un bottone per dirti MI PIACE. La tua idea sta diventando pubblica?! Se i MI PIACE si moltiplicano fino a raggiungere le centinaia, le migliaia, significa che sei sulla strada giusta, che sei nato per fare l’influencer. Preferiscono te ad altri, sei sulla buona strada. Stai facendo opinione, dicendo la tua, ti ascoltano, ti seguono, basta un pensiero, qualsiasi cosa, per far dire a chi ti legge: MI PIACE. Per farlo devi mettere la cornice e ordinare un po’ il tuo diario. Non sei più il solo a rileggerlo. Io che ho un blog da qualche anno non ho ancora capito cosa piace o interessa al mio lettore, non so capire quando scrive e si sorbisce le mie elucubrazioni. MI PIACE. Cosa vuol dire? e gli altri post non piacciono? che significa, cosa gli piace? Una foto? Un’idea, la polemica che ogni tanto sollevo sul mondo contemporaneo. La comunicazione è scarna, non sai come collocarla. E chi potrebbe essere il tuo lettore? Un blogger come te, che colleziona MI PIACE? un incallito frequentatore della rete? Uno che senza sapere cosa vuole non ci pensa due volte e scrive MI PIACE. Per dirlo a sua zia, la quale dirà alla vicina: “mio nipote diventerà famoso.” Cosa c’è dietro a quel MI PIACE? Uno che ha tempo da perdere? Uno che vuole che tu contraccambi scrivendo a tua volta MI PIACE. Lo so, dirai te, ci sono i commenti, nei commenti puoi leggere perché il tuo post piace. A volte è un ricordo, una condivisione, o solo un saluto. Il filo invisibile che lega persone sconosciute con la stessa sensibilità. Con un bel blog, ordinato, che funziona, iper connesso, non come il mio che pochi sanno che esiste, ti affacci al mondo. Dici la tua, ti soddisfa? Io, che scrivo non riesco a farmi bastare quel TI PIACE. Proditorio e inaspettato gradimento a qualcosa che hai scritto. Capiterà anche a te. Chi scrive racconti e romanzi come me, vorrebbe capire cosa c’è dietro a quel MI PIACE.

Chi lo scrive, quanti anni ha, che vita sta facendo, grama, serena, avventurosa o noiosa. MI PIACE. Allora la curiosità mi spinge a chiedere chi siete? cosa leggete, che viaggi avete fatto? cosa avete visto? cosa vi è piaciuto di quel libro, di quel viaggio, di quel film. Adesso che sto rintanato in una specie di serra a guardare il giardino che cresce che muore e rifiorisce, a causa della pandemia e del lockdown me lo chiedo ancora di più.

C’è ancora la vita fuori? I quadri dei musei non soffriranno troppo perché nessuno va più a vederli? la vita tornerà come prima? sarà meglio, peggio? ci sarà stato qualcuno che, confinato in casa ha messo mano a certi libri che voleva sempre leggere. E cosa leggi caro lettore? Curioso, sono curioso, lo ammetto; lo sono tutti quelli che stendono trame, per abbozzare personaggi, magari sarai te il protagonista del mio prossimo racconto. I blog portano in luce un aspetto la cui ampiezza da un lato mi conforta, dall’altro mi rende perplesso.

Siamo scrittori, tutti, preferiamo scrivere invece di leggere, me lo dicevano gli editori ai quali mandavo i miei manoscritti. Avevo il polso della situazione. C’è chi scrive giorno e notte, che intasa le redazioni delle case editrici, sommerse da un fiume di manoscritti. Come chiamo questo fatto? Presunzione di piacere, presunzione di aver scritto qualcosa di unico!. Speranza e presunzione di emulare Miller, Hemingway, D’Annunzio, o Cechov. Che faccia ha il lettore del mio, del tuo blog? è uno come noi? da che pianeta arriva se ha tempo di leggere quello che scrivi e dire MI PIACE o ignorare i tuoi post? E poi ti scrive MI PIACE. O è solo la facilità con cui lo fa che lo induce a farlo….mah! Scaccio il pessimismo cosmico e dico a tutti i miei lettori: BENVENUTI! MA CHI SIETE?! Una cosa è certa: se ti piace leggere MI PIACE che ti piaccia farlo!