Ti parlo di un falso. un grandissimio falso. Forse il più grande della nostra storia. Perché un falso? Se il suo autore fosse nato dopo l’età di Galileo e Nietzsche non l’avrebbe concepito. Ma sì, hai capito si tratta di Dante e di quella sua sua opera apocrifa all’eccesso che non posso aggettivare tanto è immensa. Non intendo aggiungere nulla a quanto già commentato, criticato, spaccato il suo verso in quattro e poi in otto. Non ne ho la capacità. La meritava, e la merita quella fama. E allora? Ti parlo di una esperienza personale che mi ha tenuto impegnato due anni, anche perché conosco quasi niente il latino e dovevo tornare più volte sul significato dei suoi versi, chiedendomi: ma chi me lo fa fare? A migliaia ci sono letture più scorrevoli e amene. Quella sua musica che inizia con i famosi versi che anche le scimmie del Borneo conoscono è impagabile. Se Dio avesse avuto bisogno di un testimone in terra, un uomo marketing dalle eccezionali qualità avrebbe scelto lui. Che crea un’allegoria di insuperata presa, ovvero apocrifa allo stato puro, per questo formidabile. Non deve offendersi il grandissimo Shakespeare perché lui parla solo di uomini e delle loro passioni e del potere, né deve prendersela a male il sommo Omero, che galleggia fra le nebbie del mito, lui trattava di una leggendaria storia intrisa di omeriche passioni, e cioé molto terrena; è Dante il più grande, scusa la faziosità, anche se non sono toscano, è lui che sovrasta tutti. (pochissimi peraltro). Lui che ci fa vedere l’invisibile, l’ineffabile, l’impossibile (?) sempre lui che ti fa avvertire l’approssimarsi dell’etterno valore.
Presuntuoso all’inverosimile il nostro, volendo farci credere che Dio, su intercessione della Madonna, attraverso le richieste di Beatrice che mobilita anche Santa Lucia si rivelerà a lui in quel meraviglioso ultimo canto in forma di tre cerchi concentrici. Lui che viene interrogato da San Pietro e passa l’esame. Dante che parla con San Bernardo, il quale prega la Madonna per lui affinché Dio gli conceda la grazia di rivelarsi. Proprio lui, che si sente appartenere alla combriccola degli eletti, con cui parlerà di letterartura e filosofia. Sempre il Poeta che ama, riamato da una donna contigua a santi angeli e vicina alla Madonna. Non so se mi spiego. Mica possiamo farlo noi. Dante si autoelegge ad eletto. Un’opera “pubblicitaria”, cibo impagabile per i cattolici ortodossi, stesa da un visionario per eccellenza, che percorre la difficilissima salita alla somma luce, al Verbo e avanti di questo passo. Per appassionarti ai suoi versi devi spogliarti dell’abito razionale dell’uomo moderno. Non ci devi proprio pensare alla Fisica quantistica né allo spazio curvo né al dipinto del Cristo morto di Hans Holbein. Dio è luce ed esiste, come esiste l’aria. Punto.
Ma non basta. Per leggerlo devi fare lo sforzo di diventare medievale, puoi aiutarti ascoltando le voci di Gasmann o Benigni ma è sul testo che devi faticare e appassionarti alle tristi vicende di un esule, consapevole del suo valore e bandito dalla sua terra ingrata. La sua immensa creatura apocrifa è un dono fatto all’intera umanità, che tu sia credente o no, poco importa. Dante ti fa scalare una montagna di cui non si vede la fine, solo lui la vede e teme di non riuscire. Dagli inferi alla luce assoluta che tutto monda e comprende. Perché insisto sul tasto dell’apocrifo? Perche l’illusione che Dante ci fa vivere è fallace. La natura eminentemente criminale tipica di noi umani elude ogni possibilità di riscatto, per lui no. Non voglio fare il catastrofista, ma guardati attorno e capirai. Ieri, oggi e…domani. Dante ci crede alla sua visione, ne è convinto, ci conforta, illudendoci che il sommo bene trionferà, affermando che non è nel mondo che mal vive la vera esistenza ma lassù, fra angeli e cherubilni, sempre se te lo meriti, ovvio. Dante pensa al riscatto morale, alla possibilità di redenzione, ligio al Verbo, alla Grazia, che faticosamente conquista, e che non ammette divagazioni, dubbi o altro. Dio esiste, punto e a capo. Sette secoli di umano, troppo umano, dopo di lui lo smentiscono.