scriveva il grande Ernest?

Non so se hai mai letto ISOLE NELLA CORRENTE del grande Ernest, ultima sua opera prima del suicidio. Opera minore che parla di un pittore, dei suoi figli e delle relazioni fra lui e loro, di bevute stratosferiche seduti al bancone di un bar, di una battuta di pesca, probabilmente una delle migliori che siano mai state scritte, della morte tragica dei figli, e anche della caccia a una combriccola di soldati crucchi. Il racconto, come ti ho detto, non pè dei migliori, ne parlo tuttavia perché ti “costringe” a leggerlo fino alla fine, questa è la magia della scrittura di Hermingway. Sarà il mito che H. seppe nutrire o subire? Sarà il personaggio fragile e malato, a detta del suo amico Orson Welles, Hemingway: aspirante rodomonte dai piedi d’argilla. I personaggi ricorrenti a bevute dall’alto tenore alcolico per sopportare l’onere della loro esistenza, sono individui “provvisori” , spacconi, o aspiranti grandi artisti, percorrono esistenze senza sbocco né costrutto, Ma se vuoi sapere come si pesca e si perde un pesce gigantesco nell’oceano e i “fragli” rapporti fra padre e figli il libro fa per te. In molti personaggi avverti la loro inconfondibile natura americana, che è quasi un leit motiv, riscontrabile anche in altri autori, una navite, una fanciullezza dello spirito, il loro stupore davanti alla natura e al mondo in genere. Quello che mi preme sottolineare è che in un libro come questo, forse un po’ noioso, dove le vicende sono vissute da perdenti vive quella scrittura che ha reso grande lo scrittore americano. Quanto il mito di H. pesi sui suoi lavori influenzando i lettori è evidente. Lo sai scritto da lui, per cui predisponi la tua attenzione. Tanto basta a seguirlo fino alla fine, che in questo caso non prevede un finale eclatante, né eroico, né tantomerno da vincente.

Hai letto H. e tanto deve bastare. Per dirla come il mito del personaggio sopravanzi o confonda il vero valore della sua opera. Il suo “marchio” comunque lo avverti, fatto di disperazione, depressione, e fallimento esistenziale sottotraccia,. Se malato, come davvero lo è stato, un grandissimo malato, un fragile logorroico, reduce dalla vita come molti dei suoi personaggi, nato con la penna in mano, e morto con la penna in mano. Uno che aveva conosciuto e ammirato non poco Gabriele D’annunzio e i suoi Arditi, per poi rimangiarsi l’ammirazione scrivendo a Chicago nel 1922 a proposito del poeta calvo: “Mezzo milione di cristi d’italiani morti- che spinte e stimoli per la sua carriera quel figlio di puttana” . Effettivamente di noi gli Americani capiscono pochino.

c’era l’America?

Si fa presto a dire: America. Ma quale America?! subito uno si chiede. Il gran continente suscita sentimenti contrastanti da subito, pro e contro, amore odio, senso di superiorità verso il paese fanciullo, o ammissione di inferiorità della vecchia Europa, eccetera. Non è questo il punto. Se penso però a quello che gli USA ci hanno dato in termini di scrittori, registi, attori, scienziati allora la testa mi gira e mi unisco al coro di chi ama e ammira quel Paese riconoscendone la superiorità e unicità.
Gente del calibro di Poe, Lovecraft, Steinbeck, London, Miller, e poi Marlon Brando, Bogart, Orson Welles e Papa Hemingway, meglio che non mi faccia prendere la mano, l’elenco è interminabilie. Tutta gente genuinamente ed esclusivamente americana che ha fornito interpretazioni e rappresentazioni inedite di sé e del proprio tempo. Per cui evviva l’America! Dicevo di big Papa Hemingway, ci ho messo due mesi a pensare a cosa scrivere perché i fiumi di inchiostro su di lui non si contano e poi su Orson Welles che merita un discorso a parte, trattandosi di genio allo stato puro.

Tra l’altro i due, erano amici, anche se Welles era estraneo al clan di Hemingway, come si evince da un video in cui il grande Orson parla del grande Ernst dicendo anche che lo scrittore era molto malato e che ha calcato inevitabilmente le orme del padre, morto suicida. Di Hemingway è stato detto sin troppo, e oggi si fatica ancora a distinguere la grandezza indubbia della sua scittura dal mito che ancora aleggia attorno a lui. Si sentiva spiato (ed era vera la cosa) dall’ FBI ed era arrivato a scambiare per agenti segreti due becchini che bevevano una bibita seduti al bar, dopo il lavoro. L’America lo utilizzava come informatore mentre lo sospettava di simpatie comuniste vista la sua amicizia con Castro. Insomma, incognite e guai hanno costellato la sua esistenza.

Quand’ero all’Havana mi sono imbattuto in alcune sue tracce e le ho seguite. Non è stato difficile. Floridita, Bodeguita del medio, la sua casa Finca Vigia, raggiunta inutilmente perché la casa era chiusa e così ho potuto solo sbirciare dalla finestra. Allora lavoravo per l’ente del turismo cubano come fotografo per cui mi hanno fatto scorrazzare in lungo e in largo per l’intera isola; l’autista mi ha condotto fino a Cojimar a incontrare Gregorio Fuentes ispiratore del VECCHIO E IL MARE. Cosa pensi che mi abbia detto il vecchio Gregorio che portava Hemingway a pescare marlini? “He was a great gay” e poi si è fermato coi ricordi come era solito fare con tutti quelli che lo visitavano, andando poi, come da copione, a prendere ‘l’album delle foto. Che Papa Hemingway avesse conosciuto, apprezzato e poi criticato il nostro Gabriele D’Annunzio e i suoi Arditi è cosa assodata, magari riprenderò l’argomento in altri post. Passo e chiudo.

Se vuoi leggere qualche mio scritto

nessuno conosceva l’Osceno Cosmico? (3)

Metto da parte l’ultimo degradante teatrino della storia americana (assalto a Capitol Hill) sul quale non c’è stato alcun commento rilevante della superstite intellighenzia (?) europea, distrattta a seguire l’evolversi della pandemia. Tratterò di un tema sottovalutato o semplicemente messo sotto il tappeto, come la polvere. Ovvero lo spirito cristiano o meglio i suoi brandelli mistificati che languono oltreoceano. Non spaventarti, non si tratta di un post emicranioso o mistico. Già con quel mattacchione di Ron Hubbard e il suo Scientology si è sfiorato il delinquenziale, ma, con la teoria dei tele evangelisti che tuttora imperversa, così si chiamano oltreoceano, si raggiunge e supera il blasfemo e il repellente. La desolazione offerta dalla rete stampa un pugno in viso. Se non fosse drammatico ci sarebbe da ridere. Se sei troppo sensibilete ti sconsiglio di vedere i video su you tube, non dispongo di antidoti adeguati per il dopo video. Follia? Furbizia? Azione protratta tesa al turpe utilizzo di un brand super gettonato e di altissimo contenuto: Dio, condito con la politica spettacolo, anche. Tutto mescolato insieme, in un pastone indigesto. Potrei accontentarmi di dire che questi individui sono burloni, deliranti profeti dediti al lucro, così tutto finisce lì. E invece nella terra di Wonder Woman e Billy the Kid succede che decine di milioni di persone, sì, hai capito bene, li seguono, li finanziano, li osannano e li temono (?) pregando, salmodiando e facendo avanspettacolo con loro. Individui logorroici dallo sguardo terrificante e dal conto in banca stratosferico. Sono i tele evangelisti, arrivano dalla profondità del pensiero americano andato in malora. Eppure una volta c’era l’America coi suoi possenti e presunti miti di riscatto morale e sociale. I Televangelisti muovono centinaia di milioni di dollari, viaggiano sui loro jet privati, posseggono residenze e tenute da favola, arroganti e pericolosi, sono una riserva di voti ghiotta e influenzano le masse. Hanno sepolto Dio e suo figlio, fingendo di tesserne le lodi. Fenomeno prettamente statunitense. L’Osceno Cosmico in loro trova una delle sue manifestazioni più eclatanti. Se hai tempo di leggere LA VIA DEL TABACCO dell’americano Erskine Caldwell ci troverai la loro capostipite, una erotomane invasata predicatrice senza naso. Passo e chiudo.

Se vuoi leggere qualcosa che ho scritto io